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Apocalissi in Bassa Frequenza

Zeus ti vede


Immagine
Nessuno sapeva il suo nome. Egli s'aggirava gongolante per le vie della città, vestito d'una tunica bianca, sandali per nudi piedi, torturati dalle intemperie, e una fascetta di cotone attorno alla testa. Aveva lunghi capelli zozzi,  lisci, e una barbetta incolta, suddivisi, (se non proprio pettinati) alla “nazarena”, qualcuno affermava fosse notevolmente più grasso e grosso che Gesù Cristo.
Di sera, a volte, recava nella mano destra una torcia accesa, per il resto nulla di strano. Si comportava come tutti i torinesi normali: passeggiava sotto i portici, puntava le ragazze, entrava in negozi per provare giacche principe di Galles, che mai avrebbe comprato.
C’è chi giura di averlo visto in Piazza San Carlo, mentre leccava un enorme cono gelato di cioccolato e pistacchio: così rimandano le cronache urbane fra il 1980 e il 1991.
Lui si faceva chiamare semplicemente Zeus, padre degli dei; comparve dal nulla e disparve ancor più misteriosamente.
Non parlava quasi con nessuno, si limitava a domandare una sigaretta ai passanti compassionevoli; li riconosceva anatomizzando il loro sguardo sfuggente, pietoso, sensibile, clemente e… ne approfittava. Non voleva fare miracoli, tipo andare in ferie, al cinema, a teatro, guidare l’automobile, mangiare al ristorante, bere un aperitivo, anche se era spesso sollecitato a migliorarsi da un’accompagnatrice più anziana di lui, con  capelli sale e pepe a caschetto, che chiamava Vergine Maria.
La sua perpetua, ancella, consigliera, forse amante, invariabilmente gli illuminava il passo con un cero votivo acceso, e spesso indulgeva in furenti liti, gridando ai quattro venti: “Zeus ti vede!”
L’omone barbuto in tunica “greca” e sandali, per rimediare al fatto di non poter compiere prodigi, se non nelle settimane con otto giorni, chiedeva l'elemosina, ma solo sui tram, in cambio di santini particolarmente benedetti da egli stesso, davanti al donatore d’obolo.

Un giorno accadde l’imponderabile. Zeus si fermò, improvvisamente, intensamente, dignitosamente. Era in Corso Giulio Cesare, davanti al Cinema Adua. Principiò a profetizzare urlando: "Valpreda innocente, Pinelli assassinato!" Iniziò, poi a distribuire i suoi bigliettini da visita, composti abilmente da chissà quale tipografo:
DIO
PER QUALSIASI PROBLEMA TELEFONATEMI ALLO 011.00.00.00
In caso d’assenza vi risponderà la segreteria elettromeccanica
del Paradiso

Fu quello il momento grullo della sua missione. In men che non si disse, se men si volesse dire, i muri della città e dei sobborghi si empirono di triangoli al cui centro campeggiava il severo occhio del Dio luciferino, accompagnati dall’agghiacciante affermazione: ZEUS TI VEDE! Un prodigio di proporzioni bibliche, da far invidia ai guru del marketing virale: la moltiplicazione degli slogan su pannelli, paline tramezzi, facciate e facce di politici in corsa per le elezioni.
Egli sosteneva ormai di poter risolvere ogni problema, anche quello della fame nel terzo mondo, con l’auto sacrificio gastronomico. In parole povere... i poveri dovevano nutrirsi del loro sperma, ottenendo due risultati: meno nascite, più cibo.

La formula magica e gnostica non era certo originale e nelle sue intenzioni non spronava nessuno a riconnettersi con la Fonte Divina, attraverso una comunione pneumatica, cattolicamente sacrilega, eppure, qualche dote da maliardo la possedeva. Anni prima, studente fuori corso, sano di mente, all’Università di Torino, (sebbene compitasse spudoratamente il ritratto del giovane Cavour), era assurto alla cronaca non ufficiale, perché dotato d’inspiegabili capacità divinatorie. Imbroccò l'identità di un assassino, studiando l'impronta di una mano insanguinata su un muro bisunto … Zeus ti vede!

Ora gli scettici giornalisti, pretesero le prove delle sue facoltà. Dopo la Strage di Piazza Fontana, lo vollero (prelevarono di forza) a Milano, invitandolo ad analizzare tredici impronte di palmi, per poi descrivere le varie persone che le avevano lasciate. Nel giro di nove minuti e tredici secondi, egli le illustrò correttamente, compresa quella di una cantante emergente, tale Fiorella, che riconobbe senza errore, definendola “controfigura”, “figlia dell’acrobata”, ricca di talento, d’ambizione, destinata al successo. Non ci spieghiamo cosa ci faceva l’impronta di Fiorella tra quelle rilevate dalla polizia nell’indagine sull’attentato di Piazza Fontana, ma il mistero s’infittisce ancor di più, per il tredicesimo sigillo: perché il ragazzo aveva esitato, prima di pronunciarsi sull'attribuzione? Alla fine cedette: "Mi rifiuto di rivelare a chi appartiene, fuorché al diretto interessato, poiché sarà una vittima. Lo tradiranno, e morirà innocente sfracellandosi al suolo. Posso dirvi invece che Fiorella ha partecipato al "Festival di Castrocaro Terme" l’anno scorso, cantando “Un bimbo sul leone” di Adriano Celentano.

La tredicesima impronta, era quella di Giuseppe Pinelli, ferroviere, anarchico, animatore del circolo libertario “Ponte della Ghisolfa” e staffetta partigiana delle “Brigate Bruzzi Malatesta”, durante la Resistenza.

Pinelli, il 15 dicembre 1969, precipita dal quarto piano della questura meneghina; Fiorella, conosce invece Memmo Foresi e nel 1970 firma un contratto discografico con la IT, con cui pubblica il 45 giri “Mi gira la testa/Ore sei”, mentre Zeus… parte per l’India.
Ritornerà a Torino completamente cambiato, irriconoscibile, sporco, mistico, disoccupato, senza una sola vidimazione d’esame sul libretto universitario, orfano, tifoso del Torino, quindi inattendibile, quindi sanzionabile, quindi… affidabile ai servizi sociali.

Zeus dov’è ora? In compagnia di Prometeo, incatenato sulle desolate rupi di Scizia da Forza e Violenza? In Piazza Fontana? A casa di Fiorella? Una cosa è certa, nessuno sa il suo nome, neppure quel Padrino Eterno di Fiorello e i
l dubbio permane, anche se la maggior parte degli studiosi propende per confermare la paternità eschilea di questo sconosciuto Egli.

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