BALO'N
Balon: piazzette, crocevia, vicoli silenti, ormai tutto tace, le antiche, figure novecentesche sono scomparse; vivono solo nella memoria di chi vide le modeste vicende di questo piccolo regno del commercio furtivo, nella vecchia Torino. Che cosa ne sanno i giovani di quei personaggi che rendevano unico il mondo sottoproletario del sabato subalpino? Io abitai quelle ore, quei preziosi istanti di storia popolare e posso assicurarvi che nessun racconto saprà mai ridarne al lettore il gusto, il sapore, il profumo, l’anima. Con il mio banchetto di libri antichi, tra gli altri banchi e botteghe di vestiti usati, mobili, cianfrusaglie, improbabili reperti archeologici, vedevo sfilare i personaggi più insoliti che
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sbucavano d’incanto a ore fisse. I veri ambulanti non eravamo noi con i nostri banchetti, ma i viandanti con i carretti, i panieri, le ceste, le biciclette, piccole industrie racchiuse in un amen. L’arrotino, l’ombrellaio, il venditore di farinata e castagnaccio e i… caldarrostai, con i marroni scontanti nella padella, serviti in cartocci, e molte volte... crudi per risparmiare un po’ sulla carbonella.
Sulla vetta estrema del 1970 iniziarono a circolare due signori che presto divennero celebri per l’abbigliamento un po’ pastorale, un po’ contadino, per il ritmo cadenzato della voce con l’accento fieramente piemontese, o meglio cuneese, ma, soprattutto, per i profumi che esalavano dalle loro semplici, naturali e preziose mercanzie.
Agivano spesso in coppia, ma anche da soli. Indossavano camicioni di flanella e vecchi cappotti pesanti, pantaloni di velluto a coste o di fustagno e sopra gli stessi, calzettoni di lana, alla moda montanara, con scarpe grosse, quasi sempre infangate. L’uno era alto, quasi segaligno, l’altro basso e ben fornito d’adiposi attributi, entrambi gentili e sempre sorridenti.
Ed ora vi dirò cosa proponevano ai passanti, nel loro bel piemontese… “La Lavanda del Col di Nava, l’unica, vera e originale, per profumare la casa e gli armadi. C’è in mazzetti e in essenza, una boccetta 2000 lire, 3000 due con lo sconto…”
E si avvicinavano sorridenti, togliendosi il cappellaccio di feltro in segno di rispetto, mostrandovi la merce, deposta e coccolata in grandi ceste consumate di vimini, insistendo un po’, ma non troppo. Rubizzi in volto, felici. Che dono meraviglioso! Anche chi non comprava poteva gioire per tutta la strada di quel profumo intenso, primitivo, senza pari.
Al cambio di stagione, i venditori cuneesi, non andavano più in Liguria per far scorta di lavanda, ma ritornavano al Balon con merci più adatte, come la menta piperita di Pancalieri, il rabarbaro o la genziana.
Ed è la menta che ci dava lo stesso impareggiabile dono di soave profumo che permeava l’aria di Via Borgo Dora. Facendoci immaginare i laboratori contadini e gli alambicchi necessari per effettuare in proprio l'operazione di distillazione. Molti acquistavano quel nettare, in foglie o in bottiglia, che oggi paghi fior di quattrini. Questo è il passato, ma oggi la civiltà è la civiltà, signore e signori! Tutto il resto è silenzio informatico.
Sulla vetta estrema del 1970 iniziarono a circolare due signori che presto divennero celebri per l’abbigliamento un po’ pastorale, un po’ contadino, per il ritmo cadenzato della voce con l’accento fieramente piemontese, o meglio cuneese, ma, soprattutto, per i profumi che esalavano dalle loro semplici, naturali e preziose mercanzie.
Agivano spesso in coppia, ma anche da soli. Indossavano camicioni di flanella e vecchi cappotti pesanti, pantaloni di velluto a coste o di fustagno e sopra gli stessi, calzettoni di lana, alla moda montanara, con scarpe grosse, quasi sempre infangate. L’uno era alto, quasi segaligno, l’altro basso e ben fornito d’adiposi attributi, entrambi gentili e sempre sorridenti.
Ed ora vi dirò cosa proponevano ai passanti, nel loro bel piemontese… “La Lavanda del Col di Nava, l’unica, vera e originale, per profumare la casa e gli armadi. C’è in mazzetti e in essenza, una boccetta 2000 lire, 3000 due con lo sconto…”
E si avvicinavano sorridenti, togliendosi il cappellaccio di feltro in segno di rispetto, mostrandovi la merce, deposta e coccolata in grandi ceste consumate di vimini, insistendo un po’, ma non troppo. Rubizzi in volto, felici. Che dono meraviglioso! Anche chi non comprava poteva gioire per tutta la strada di quel profumo intenso, primitivo, senza pari.
Al cambio di stagione, i venditori cuneesi, non andavano più in Liguria per far scorta di lavanda, ma ritornavano al Balon con merci più adatte, come la menta piperita di Pancalieri, il rabarbaro o la genziana.
Ed è la menta che ci dava lo stesso impareggiabile dono di soave profumo che permeava l’aria di Via Borgo Dora. Facendoci immaginare i laboratori contadini e gli alambicchi necessari per effettuare in proprio l'operazione di distillazione. Molti acquistavano quel nettare, in foglie o in bottiglia, che oggi paghi fior di quattrini. Questo è il passato, ma oggi la civiltà è la civiltà, signore e signori! Tutto il resto è silenzio informatico.