POESIA
Le Scarpe per salire
E quando avrò le scarpe, inizierò a camminare, strade e sentieri, piazze e lande desolate, varcherò misere porte, archi di trionfo, e passerò oltre: ponti, fiumi, ghiacci, cascate, torrenti, le onde adulte che solcano gli oceani, deserti assetati, città opulente, e monti e valli. E occhi, occhi, occhi, mani, forti, magre, obese, striscianti, tristi, esitanti, pie ed arroganti, violente e tremanti, cattive ed imploranti. Sublime sarà il suono delle suole sulle pietre, dei tacchi sugli asfalti, sulle terre e sui fanghi. Le mie scarpe vedranno il sole, vedranno la pioggia e le nuvole dense, arrossate, dell’oriente. E le stelle, la luna, il vento sottile, la bufera tremenda, l’uragano del vasto Disegno, e i silenzi. E quando avrò le scarpe troverò una donna, uno spirito di luce che mi segua, nutrendosi del miele di cui sono capace. In viaggio, lei ed io, per sempre avanti, noi, naviganti, sulle ali delle mie scarpe! Quando poi le scarpe, saranno consumate, con le punte aperte come bocche sorridenti, inizieremo a salire, lievi, o aggravati dal peso di mille visioni, non c’è dato sapere, ma non ci fermeremo. E troveremo l’ultima immensa scala, tremando saliremo ancora, no, non ci fermeremo, busseremo alla terribile porta. E Pietro aprirà, vedrà le scarpe, bucate di fatica, di errare, ma non d’orgoglio, e forse, non ci caccerà. |