AGUZZINI DEL KARMA
Cinquantacinque anni per un manager stanco, che aveva accumulato una fortuna immensa, impoverendo migliaia di poveri Cristi coi suoi loschi affari speculativi, ma in verità aveva anche arricchito tanti lestofanti, suoi pari.
Lo zar dei computi, rimasto vedovo, detestava far colazione da solo, per poi controllare l’andamento della sua roba: ville, immobili, interi isolati nel cuore delle metropoli più belle, azioni, obbligazioni, auto e barche di lusso, opere d’arte preziosissime, hotel, centri benessere, palestre, ristoranti. Era angosciato, non aveva eredi maschi, solo una figlia viziata a dismisura: scansafatiche, sprecona, pigra, che non gliene |
fregava niente di buttarsi nel mondo degli affari.
Valentina, trenta anni, biondissima, bellissima, laureatissima, palestrata, abbronzata, liftata, signorina convinta: secondo lui, attendeva semplicemente la sua dipartita, per ficcare quelle manine affusolate, curatissime, con le unghie sempre laccate, sul patrimonio. Per dilapidarlo in viaggi, bagordi e sciocchezze.
L’unico che poteva consigliarlo era lo psicanalista, col quale aveva iniziato la fantastica avventura dell’introspezione, quaranta anni prima. Ancora non era finita, perché si sa, l’analisi non cura una malattia, orienta una vita o la distrugge.
“Professore… cosa fare?” Gli chiese, francamente.
“Lo sa bene, la sua ragazza riverbera in lei una nevrosi che trascina da lustri. In realtà, non può sapere come reagirà dopo la sua morte, di fatto si sta domandando se Valentina non giudichi il suo operato negativamente, condannando il mostro senza cuore, assettato d’oro e potere. Lei vorrebbe capire se ha imparato la lezione, se saprà essere decisa, spietata quanto lei. Questa sarebbe la più gran prova d’amore?”
“Lo ammetto, ma cosa posso fare?”
“Una mossa sola. La ripudi, la scacci, la diseredi; si arrangerà!”
Il conoscitore d’anime gli fece notare che non aveva altro mezzo per capire di cosa fosse capace la donna e chiuse la seduta: “Non si preoccupi, se la caverà, non sarà sola; l’Italia è un Paese ricchissimo, abitato da milioni poveri.”
“Una scelta scontata, dura e volgare”, concluse il padre, corrugando la fronte almeno sette volte.
Valentina fu scacciata dal regno; mentre la degradava, togliendole la dignità di figlia, fu informata che doveva guadagnarsi da vivere con le proprie forze. L’ordine delle cose era cambiato.
Il suo ben servito: un appartamento di ringhiera in affitto, rovinato, sporco, arredato con mobili scalcinati degli anni settanta. Trenta metri quadri, in periferia, col gabinetto alla turca sul balcone; un po’ di biancheria, qualche vestito, due paia di scarpe, un computer, un cellulare, qualche gioiellino e una buona uscita di tremila euro. Non male per ricominciare, se fosse stata una proletaria, ma le donazioni finirono in un mese, perché lei si ostinò a non farsi mancare le piccole cose che tanto amava, come due pacchetti di sigarette al giorno, la colazione al bar e la cena al ristorante.
Chi perde il lavoro verso la mezza età, è catapultato in un incubo, figurarsi chi non ha mai lavorato! Parenti, amici ed amiche scomparvero nel nulla, quasi fossero stati a lezione dal mago Silvan. In realtà… tutti accettarono di ritirarsi in buon ordine, lautamente comprati dai favori del padre.
Il web aiuta, lesse su un giornale. Milioni d’ore trascorse a mandare curricula per poi valutare indecenti proposte, relative a collaborazioni praticamente gratuite; anzi, c’era chi le prospettava di investire denaro per lavorare, ché sarebbe diventata ricca con il trading finanziario.
L’invito migliore, pervenne da un’azienda che le offrì un contratto d’addetta all’ufficio stampa ed alle pubbliche relazioni, a tempo indeterminato, ma con stipendio minimo, in una città distante centocinquanta chilometri.
Grande dilemma, con quei soldi non poteva pagar pigione laggiù, ma neppure poteva svegliarsi alle cinque del mattino, prendere il treno, sgobbare otto o nove ore, riprendere il mezzo per tornare a casa, verso le nove di sera, mangiare e andare a dormire, svegliarsi alle cinque… un tormento senza fine. Rifiutò, senza rimpiangere troppo un ufficio caldo, un capo intransigente ed una postazione tutta sua.
Tentò allora altre strade, ma vista la sua assoluta incapacità di venditrice, fu cacciata da otto callcenter; le padelle, più che venderle, gliele avrebbe spiaccicate in faccia a quei coglioni!
Alienati computer, cellulare, vestiti, anellini e collanine, divenne mendicante.
Passarono i mesi, le ore, i minuti, trascorsero due anni. Valentina, a poco a poco, si scordò che era stata una specie di principessa.
Non aveva più nulla per pagare affitto, bollette e cibo: era costretta a dormire in strada, a trangugiare quanto le regalavano i passanti misericordiosi o le mense delle associazioni caritatevoli.
Sopravvivere era difficile, quasi impossibile! Pur ricordando, vagamente, la sua estrazione sociale, continuava a ripetersi: “E’ un’allucinazione. Non posso essere stata la figlia di un magnate della finanza, è un sogno, lo immagino quando sono sbronza, avvolta dai fumi dell’alcool, e ci credo anche, per un po’…”
Un pomeriggio passò nel parco, proprio davanti alla panchina dove l'accarezzava un pallido sole autunnale, il più caro amico del padre, che si occupava di mille affari, compreso il collocamento privato: “Valentina, ma sei proprio tu!? Posso fare qualcosa, voglio aiutarti! Ti ho visto cresce, piccolina mia.”
La trascinò nel suo ufficio: “Non ti demoralizzare, tu sei laureata, hai due master, parli tre lingue, sei sempre stata bella, affascinante, desiderabile, vedrai, una doccia calda e passa tutto… potresti trovare maggiori opportunità all’estero, Australia, Emirati Arabi, Cina, Sud Africa, Russia! Potremo parlarne sta sera a casa mia, davanti ad un’aragosta, accompagnata da ostriche e champagne…”
La donna si rese conto di cosa accadeva, l’idea maturò rapidamente, come un fulmine a cielo sereno: prostituirsi! In fondo era il modo più rapido per risolvere tutti i suoi problemi.
Il processo d’auto persuasione durò una sera. L’amico del babbo fu premuroso, compiacente, garbato; la vestì come una regina, si cibarono di squisitezze, in un ambiente lussuoso, mentre ripeteva a se stessa “Voglio fare la prostituta”.
Quando la cinse i fianchi e iniziò a baciarle il collo, non oppose resistenza; si lasciò scivolare sul divano, poi sulla moquette, dove la prese con forza selvaggia. Lasciò fare e tutto si concesse. La sodomia sfrenata del sessantenne le piacque, giacché un canto di liberazione occupava ormai la sua mente: “Sì dai, dacci dentro, che ti tengo in pugno, mi abituerò alle tue sozzerie ed a quelle degli altri. La bella vita piace a tutti.”
Quella fu la prima orribile esperienza di Valentina, per cinquecento euro, che l’uomo le offrì come si porge l’osso a un cane, costringendola a stringere le banconote fra i denti, camminando carponi in bagno, dopo aver fatto la doccia.
Non usci dalla casa del distinto signore per giorni, segregata, rapita, chiusa a chiave, come in cassaforte, poi lui tornò all’imbrunire con un tipo raccapricciante, piccolo, calvo, panciuto, coi denti d’oro: un cliente di gran peso. Restarono soli. Il grassone si divertì col corpo di Valentina, le spacco il labbro superiore con tre schiaffi, le tagliuzzo le natiche con unghie affilate, e mentre gridava di dolore la penetrò dove credette più opportuno. Pareva che provasse più piacere se gridava forte, molto forte. La legò al letto con delle manette, e poi, e poi, e poi…
L’amico di papà divenne il suo agente e lei un’accompagnatrice di lusso, specializzata; fu allora che la professione prese piede. Non solo era pagata centinaia d’euro l’ora, ma era tornata tra le persone civili: avvocati, pizzicagnoli, chirurghi, notai, politici, magistrati, imprenditori che pagavano bene e sapevano apprezzare la sensualità di una donna con sontuosi omaggi extra.
Era zuccherosa e comprensiva, ascoltava storie e soddisfaceva necessità: irrefrenabili tempeste ormonali, lunghe confessioni familiari, timidezza, devastazioni psichiche, rapporti impotenti fatti di sguardi e carezze, incontri a tre, feticismo, bondage, sadismo… perché loro sono buoni, generosi, in casa nessuno ha voglia di ascoltarli e lo psicologo è un imbecille…
Due uomini erano veri amici, sin dall’adolescenza. Ciascuno dava all’altro il necessario, intuendone le esigenze.
Un giorno, uno dei due fu colto da una grave sventura. Un violento terremoto finanziario, amministratori incompetenti e ladri, gli distrussero la vita, perse tutto. In preda alla disperazione, l’uomo telefonò fiducioso all’amico.
Nella fredda notte di Natale suonò alla sua porta, certo che lo avrebbe accolto a braccia aperte, tirandolo via dalla neve che traboccava dal cielo oscuro e malevolo.
“Ho saputo, entra pure. Che cosa posso fare per te?”
“Non ho più nulla, per favore prestami del denaro e ospitami per qualche tempo, fino a quando mi rimetto in sesto.”
“Impossibile, ci tengo troppo alla mia privacy…”
“Ma sono io, il tuo amico di sempre, non mi riconosci più?!”
«Mi dispiace, ma proprio non me la sento, al massimo puoi restare questa notte; ti regalo un pasto caldo e qualche ora di serenità con una scatenata puledrina.”
Lo sventurato non riusciva a capire, sicuramente l’antico alleato di gioventù aveva buone ragioni per comportarsi così.
Accettò la strenna festiva: una botta di vita non si getta via, sempre meglio che vagare nell’inverno freddo, dormendo dove capita.
Cenò, si lavò, si profumò, poi l’amico lo accompagnò nella camera degli ospiti: “Spogliati, lì c’è un pigiama, adesso arriva la ragazza.”
Nella penombra, l’uomo, logorato dal fato, approfittò di quegli ultimi istanti di libertà, per dar gioia al suo corpo in disarmo, che presto avrebbe trascinato nel fango.
Valentina fu buona, carina, premurosa, e gli donò più volte la sua fragranza. Verso le tre di notte decisero di rinunciare al buio ed accesero le lampade sui comodini.
La risposta ad un’intera vita di dubbi piombò come stupore: “Papà. Cosa abbiamo fatto!”
“Figlia mia, lo sapevo che avresti dimostrato d’essere all’altezza della nostra famiglia!”
“Ma prostituirsi… è stata una scelta dura e banale”, disse lei, corrugando la fronte almeno sette volte, e riprese: “In ogni caso, non dovrai più preoccuparti, adesso sarò io che penserò a te. Compreremo una sontuosa villa al mare e riprenderemo a giocare in borsa, in un paio d’anni spaccheremo il culo ai passeri…”
I due erano ormai un’anima sola e l’amore s’era completato.
Il vecchio amico del padre, preparando la colazione per tutti, sorrise sotto i baffi, che non aveva, pago d’aver assolto il suo compito di aguzzino del karma, tra famelici carnefici.
Valentina, trenta anni, biondissima, bellissima, laureatissima, palestrata, abbronzata, liftata, signorina convinta: secondo lui, attendeva semplicemente la sua dipartita, per ficcare quelle manine affusolate, curatissime, con le unghie sempre laccate, sul patrimonio. Per dilapidarlo in viaggi, bagordi e sciocchezze.
L’unico che poteva consigliarlo era lo psicanalista, col quale aveva iniziato la fantastica avventura dell’introspezione, quaranta anni prima. Ancora non era finita, perché si sa, l’analisi non cura una malattia, orienta una vita o la distrugge.
“Professore… cosa fare?” Gli chiese, francamente.
“Lo sa bene, la sua ragazza riverbera in lei una nevrosi che trascina da lustri. In realtà, non può sapere come reagirà dopo la sua morte, di fatto si sta domandando se Valentina non giudichi il suo operato negativamente, condannando il mostro senza cuore, assettato d’oro e potere. Lei vorrebbe capire se ha imparato la lezione, se saprà essere decisa, spietata quanto lei. Questa sarebbe la più gran prova d’amore?”
“Lo ammetto, ma cosa posso fare?”
“Una mossa sola. La ripudi, la scacci, la diseredi; si arrangerà!”
Il conoscitore d’anime gli fece notare che non aveva altro mezzo per capire di cosa fosse capace la donna e chiuse la seduta: “Non si preoccupi, se la caverà, non sarà sola; l’Italia è un Paese ricchissimo, abitato da milioni poveri.”
“Una scelta scontata, dura e volgare”, concluse il padre, corrugando la fronte almeno sette volte.
Valentina fu scacciata dal regno; mentre la degradava, togliendole la dignità di figlia, fu informata che doveva guadagnarsi da vivere con le proprie forze. L’ordine delle cose era cambiato.
Il suo ben servito: un appartamento di ringhiera in affitto, rovinato, sporco, arredato con mobili scalcinati degli anni settanta. Trenta metri quadri, in periferia, col gabinetto alla turca sul balcone; un po’ di biancheria, qualche vestito, due paia di scarpe, un computer, un cellulare, qualche gioiellino e una buona uscita di tremila euro. Non male per ricominciare, se fosse stata una proletaria, ma le donazioni finirono in un mese, perché lei si ostinò a non farsi mancare le piccole cose che tanto amava, come due pacchetti di sigarette al giorno, la colazione al bar e la cena al ristorante.
Chi perde il lavoro verso la mezza età, è catapultato in un incubo, figurarsi chi non ha mai lavorato! Parenti, amici ed amiche scomparvero nel nulla, quasi fossero stati a lezione dal mago Silvan. In realtà… tutti accettarono di ritirarsi in buon ordine, lautamente comprati dai favori del padre.
Il web aiuta, lesse su un giornale. Milioni d’ore trascorse a mandare curricula per poi valutare indecenti proposte, relative a collaborazioni praticamente gratuite; anzi, c’era chi le prospettava di investire denaro per lavorare, ché sarebbe diventata ricca con il trading finanziario.
L’invito migliore, pervenne da un’azienda che le offrì un contratto d’addetta all’ufficio stampa ed alle pubbliche relazioni, a tempo indeterminato, ma con stipendio minimo, in una città distante centocinquanta chilometri.
Grande dilemma, con quei soldi non poteva pagar pigione laggiù, ma neppure poteva svegliarsi alle cinque del mattino, prendere il treno, sgobbare otto o nove ore, riprendere il mezzo per tornare a casa, verso le nove di sera, mangiare e andare a dormire, svegliarsi alle cinque… un tormento senza fine. Rifiutò, senza rimpiangere troppo un ufficio caldo, un capo intransigente ed una postazione tutta sua.
Tentò allora altre strade, ma vista la sua assoluta incapacità di venditrice, fu cacciata da otto callcenter; le padelle, più che venderle, gliele avrebbe spiaccicate in faccia a quei coglioni!
Alienati computer, cellulare, vestiti, anellini e collanine, divenne mendicante.
Passarono i mesi, le ore, i minuti, trascorsero due anni. Valentina, a poco a poco, si scordò che era stata una specie di principessa.
Non aveva più nulla per pagare affitto, bollette e cibo: era costretta a dormire in strada, a trangugiare quanto le regalavano i passanti misericordiosi o le mense delle associazioni caritatevoli.
Sopravvivere era difficile, quasi impossibile! Pur ricordando, vagamente, la sua estrazione sociale, continuava a ripetersi: “E’ un’allucinazione. Non posso essere stata la figlia di un magnate della finanza, è un sogno, lo immagino quando sono sbronza, avvolta dai fumi dell’alcool, e ci credo anche, per un po’…”
Un pomeriggio passò nel parco, proprio davanti alla panchina dove l'accarezzava un pallido sole autunnale, il più caro amico del padre, che si occupava di mille affari, compreso il collocamento privato: “Valentina, ma sei proprio tu!? Posso fare qualcosa, voglio aiutarti! Ti ho visto cresce, piccolina mia.”
La trascinò nel suo ufficio: “Non ti demoralizzare, tu sei laureata, hai due master, parli tre lingue, sei sempre stata bella, affascinante, desiderabile, vedrai, una doccia calda e passa tutto… potresti trovare maggiori opportunità all’estero, Australia, Emirati Arabi, Cina, Sud Africa, Russia! Potremo parlarne sta sera a casa mia, davanti ad un’aragosta, accompagnata da ostriche e champagne…”
La donna si rese conto di cosa accadeva, l’idea maturò rapidamente, come un fulmine a cielo sereno: prostituirsi! In fondo era il modo più rapido per risolvere tutti i suoi problemi.
Il processo d’auto persuasione durò una sera. L’amico del babbo fu premuroso, compiacente, garbato; la vestì come una regina, si cibarono di squisitezze, in un ambiente lussuoso, mentre ripeteva a se stessa “Voglio fare la prostituta”.
Quando la cinse i fianchi e iniziò a baciarle il collo, non oppose resistenza; si lasciò scivolare sul divano, poi sulla moquette, dove la prese con forza selvaggia. Lasciò fare e tutto si concesse. La sodomia sfrenata del sessantenne le piacque, giacché un canto di liberazione occupava ormai la sua mente: “Sì dai, dacci dentro, che ti tengo in pugno, mi abituerò alle tue sozzerie ed a quelle degli altri. La bella vita piace a tutti.”
Quella fu la prima orribile esperienza di Valentina, per cinquecento euro, che l’uomo le offrì come si porge l’osso a un cane, costringendola a stringere le banconote fra i denti, camminando carponi in bagno, dopo aver fatto la doccia.
Non usci dalla casa del distinto signore per giorni, segregata, rapita, chiusa a chiave, come in cassaforte, poi lui tornò all’imbrunire con un tipo raccapricciante, piccolo, calvo, panciuto, coi denti d’oro: un cliente di gran peso. Restarono soli. Il grassone si divertì col corpo di Valentina, le spacco il labbro superiore con tre schiaffi, le tagliuzzo le natiche con unghie affilate, e mentre gridava di dolore la penetrò dove credette più opportuno. Pareva che provasse più piacere se gridava forte, molto forte. La legò al letto con delle manette, e poi, e poi, e poi…
L’amico di papà divenne il suo agente e lei un’accompagnatrice di lusso, specializzata; fu allora che la professione prese piede. Non solo era pagata centinaia d’euro l’ora, ma era tornata tra le persone civili: avvocati, pizzicagnoli, chirurghi, notai, politici, magistrati, imprenditori che pagavano bene e sapevano apprezzare la sensualità di una donna con sontuosi omaggi extra.
Era zuccherosa e comprensiva, ascoltava storie e soddisfaceva necessità: irrefrenabili tempeste ormonali, lunghe confessioni familiari, timidezza, devastazioni psichiche, rapporti impotenti fatti di sguardi e carezze, incontri a tre, feticismo, bondage, sadismo… perché loro sono buoni, generosi, in casa nessuno ha voglia di ascoltarli e lo psicologo è un imbecille…
Due uomini erano veri amici, sin dall’adolescenza. Ciascuno dava all’altro il necessario, intuendone le esigenze.
Un giorno, uno dei due fu colto da una grave sventura. Un violento terremoto finanziario, amministratori incompetenti e ladri, gli distrussero la vita, perse tutto. In preda alla disperazione, l’uomo telefonò fiducioso all’amico.
Nella fredda notte di Natale suonò alla sua porta, certo che lo avrebbe accolto a braccia aperte, tirandolo via dalla neve che traboccava dal cielo oscuro e malevolo.
“Ho saputo, entra pure. Che cosa posso fare per te?”
“Non ho più nulla, per favore prestami del denaro e ospitami per qualche tempo, fino a quando mi rimetto in sesto.”
“Impossibile, ci tengo troppo alla mia privacy…”
“Ma sono io, il tuo amico di sempre, non mi riconosci più?!”
«Mi dispiace, ma proprio non me la sento, al massimo puoi restare questa notte; ti regalo un pasto caldo e qualche ora di serenità con una scatenata puledrina.”
Lo sventurato non riusciva a capire, sicuramente l’antico alleato di gioventù aveva buone ragioni per comportarsi così.
Accettò la strenna festiva: una botta di vita non si getta via, sempre meglio che vagare nell’inverno freddo, dormendo dove capita.
Cenò, si lavò, si profumò, poi l’amico lo accompagnò nella camera degli ospiti: “Spogliati, lì c’è un pigiama, adesso arriva la ragazza.”
Nella penombra, l’uomo, logorato dal fato, approfittò di quegli ultimi istanti di libertà, per dar gioia al suo corpo in disarmo, che presto avrebbe trascinato nel fango.
Valentina fu buona, carina, premurosa, e gli donò più volte la sua fragranza. Verso le tre di notte decisero di rinunciare al buio ed accesero le lampade sui comodini.
La risposta ad un’intera vita di dubbi piombò come stupore: “Papà. Cosa abbiamo fatto!”
“Figlia mia, lo sapevo che avresti dimostrato d’essere all’altezza della nostra famiglia!”
“Ma prostituirsi… è stata una scelta dura e banale”, disse lei, corrugando la fronte almeno sette volte, e riprese: “In ogni caso, non dovrai più preoccuparti, adesso sarò io che penserò a te. Compreremo una sontuosa villa al mare e riprenderemo a giocare in borsa, in un paio d’anni spaccheremo il culo ai passeri…”
I due erano ormai un’anima sola e l’amore s’era completato.
Il vecchio amico del padre, preparando la colazione per tutti, sorrise sotto i baffi, che non aveva, pago d’aver assolto il suo compito di aguzzino del karma, tra famelici carnefici.