POESIA
Morbo
La scena è cambiata, i menestrelli non hanno più nulla da cantare, la regina sta morendo, logora la ghironda, i dolci fiati ormai incrinati sfregiano la melodia d’un paradiso dissipato. Il tradimento del regno è la grande evasione, banale realtà di molti, un piccolo riesumare, senza strumentazione. Ora partitura per voce sola. Chi sei? Andare oltre al dolore, per piacere, senza dirlo a nessuno, in attesa che giunga l’altrove, senza dirlo a se stessi, come in sogno. Poi incubo. Una specie diversa di fallimento: occhi blu è un’illusione. Al risveglio, sul divano: occhi blu è un’impostura. Una specie diversa di catastrofe: tu occhi blu, lui occhi blu: verità e astuzia? Non si può dire, permanenza nel vago, nel terrore di guardare, la ragione giustifica ciò che è stato, fatto, pensato, detto. Nella gran calca di sentimenti imprecisi, lume di candela. Si teme di perdere, ciò che più non si è: innocenza. E non è innocenza, ma verità e giustizia! Il resto non mi riguarda. Io sono Santo Graal, sì, da ora sono, da sempre sono, nonostante. Nonostante le indisciplinate squadre di emozioni, nonostante le sediziose bande di tentazioni, io brucio sul Trono Periglioso. Attendi, spirito mio, io sono stato, ti dico, nonostante, io cammino, e non sono, ma sono stato, sull’orlo di un pantano che ipnotizza, cammino: sirene dorate di letame. C’inganna il diavolo scolpito, con oro, armi e profumi, con giochi e pozioni che consolano… ma la voce pacata chiama, io sono ciò che sono, e ora, nel mezzo del cammino, per tutto il cammino: una selva oscura di rovi, non il sole di Spagna! Beatrice! Beatrice! Beatrice! Oh buio! Buio. Profondo, nero, immoto. Ancora ti comando: luce del cuore, indugia, prova il non pensiero, impreparata a risplendere in questi corpi. Danza, arcobaleni, sordo tonfo, acciaio, acciaio, acciaio, l’angelo chirurgo, ferito, medita vendette. Prima il male, poi l’arte della pietà, che sana, ma non guarisce. Squadracce selvagge di smarrimenti: l'armata del non-perdono! Quando il tempo e il luogo non importano più: urlo!!! L’amore. La morte. La fine. E ancora. Muovere verso l’Amore, su cigli di paludi dove il piede è già caduto. Milioni di volte. Muovere senza fine, verso un’altra intensità, promessa d’assoluta unità, comunione profonda, da conquistare, attraverso il buio, il freddo, la nuova desolazione, lo strazio dell’onda, la pena del vento, il blues della distesa d’acqua, l’albatro e il delfino: poesia. Specchi. Vetri infranti, mille colori, ricordi… Taci! Anima mia, inghiotti l’inerzia e aspetta senza speranza, ché la speranza è un morbo a rapida diffusione. Silenzio! Silenzio. |