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Distruggere l'occidente


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Quel piccolo fiore, nato dal seme di un impiegato statale e dal ventre d’una casalinga alcolizzata, avrebbe trascorso l’adolescenza cullando nel suo cuore sogni impossibili. Quando Angela entrava nel portone di casa, il vomito le saliva alla gola. Doveva tapparsi il naso con un fazzoletto profumato per non respirare il disgustoso lezzo di povertà che trasudava dai muri umidi, dai gradini rotti di pietra annerita e dalle ringhiere rugginose e malferme. Era stanca di vivere in modo subumano, ma nonostante tutto continuava a sperare, perché l’aiutava l’innocenza della giovinezza.
Quel piccolo fiore, nato dal seme di un impiegato statale e dal ventre d’una casalinga alcolizzata, avrebbe trascorso l’adolescenza cullando nel suo cuore sogni impossibili. La sua esistenza emanava il profumo dell’intelligenza e della caparbietà solitaria, introversa, aristocratica. Angela aveva saputo rendere il proprio carattere sobrio, operoso, giusto, battagliero, temibile. E la felicità dell’istinto l’aveva coronato d’una astuzia insospettabile. Così, nonostante i suoi sedici anni, la sua maturità si poneva in netto contrasto con quella della maggior parte delle sue coetanee. Rifiutava le soluzioni di comodo e i compromessi. 
Era certa che il futuro avrebbe premiato la sua integrità e non le avrebbe mai riservato: una fuga da casa, una passione sordida e consumante, la droga, la prostituzione, neppure quella studiata a tavolino al fine di entrare in ambienti particolarmente influenti. Detestava le figlie del disonore, che marciano agghindate da puttanelle, e pensano di poter arrivare, prima o poi, venendo nel letto di un regista o di un industriale rubizzo e semi impotente. Neppure la interessava la porta dell’ufficio di stato civile, alla quale molte ambiscono giungere, accompagnate da un bel gruzzolo mensile, travestito da ingegnere palestrato. 

Angela si era anche innamorata, un giorno, e quella fu l’esperienza più bella di tutta la sua vita. Andrea, il suo sogno incarnato, era il figlio di una povera vedova che tirava a campare cucendo a macchina in una cameretta sullo stesso ballatoio dove agonizzava nell’indigenza la sua famiglia. Andrea frequentava una scuola tecnica, era un giovane serio, malinconico, bello come un nitido angelo di periferia. Sua madre lo amava d’amore totale. Era la sua unica ragione di vita. Avrebbe voluto per lui un buon impiego, e nulla di più.     Gli anni di cui vado scrivendo si distinsero per l’adorabile angoscia che li permeò. Nella bella boheme, i due giovani non potevano immaginare che i giorni della loro adolescenza li avrebbero segnati per sempre, marchiando a fuoco le loro identità. Stavano costruendo ricordi di sogni, rifugi che li avrebbero accolti nelle più buie ore notturne. Venne il futuro. Andrea trovò il suo paradiso negli uffici amministrativi delle pompe funebri “La Veloce”, dove, lontano dagli affanni del mondo, finalmente smise di sperare. Angela, scesa a vasti compromessi, iniziò una brillante carriera come fotomodella. Mentre i cachet diventavano sempre più cospicui, le mance e i regali fioccavano dal cielo del benessere materiale, a pagamento di prestazioni ordinarie e straordinarie. 

Oggi il suo corpo stupendo sfiorisce inesorabilmente. Un’ingente fortuna la sommerge, trascinandola sempre più in basso. Nelle loro nuove povertà due amanti rinascono così al sogno, col cuore piagato dalla nostalgia e dal rimpianto. Angela sfila, disinvolta, raggiante, infelice, cocainomane. La stoffa griffata made in Cina aumenta di prezzo ad ogni sguardo compiacente. Gli sguardi compiacenti sempre la possiedono. Il folletto della lussuria vince, matta in due mosse, ha sempre un asso nella manica, quello di picche. Dopo, di notte, mentre penetrano le sue stanze vuote, per la millesima volta, Angela ricorda: i miseri, ricchi giorni di ringhiera, un volto celeste, due bocche che si uniscono in un lungo bacio nell’androne, un portone puzzolente ma ricco di promesse, traboccante d’amore, mentre nella sera incantata di primavera piove polvere di stelle.   

Ascoltate, padroni del mondo! Una Voce urla nella tempesta! Le vostre sofferenze saranno mille volte più atroci di quelle dei paria maledetti quando sorgerà l’Alba dell’Utopia, quando splenderà il fulgente Sole dell’Avvenire, quando il vostro karma furente vi prenderà per la gola! La Luce vi giudicherà. Come la Fenice dalle sue ceneri l’Uomo Dio resusciterà, e con il giovane agnello dal volto leonino rinasceranno le grandi speranze divenute certezze. Dalle modeste mammole dei suburbi, dai cardi e dalle ortiche, si ergeranno i nuovi guerrieri: superbi capolavori di potenza. Sodoma come serpeggi e t’insinui, ma i tuoi giorni sono contati. Gomorra come strisci sinuosa, arrampicandoti su, su, su fino al capestro della vanità omicida. Ma la corda sfinirà il tuo fiato. Dalle video clip opulente, dai riti lusso sabbatici, dall’egocentrismo assoluto, dalle velocità mortali, dalla violenza dispotica, dal sottosuolo ai piani nobili, Yankee-Babilonia festeggia la sua fine. Tutti ballano nella destra e crepuscolare luminosità dell’illusione. 

Andrea, fra una bara di noce e un velo di tulle lilla, delira. E’ certo che fra non molto il messaggero della spoliazione promuoverà una crociata per distruggere l’occidente. Ispirazione? Fonte divina? Pazzia?

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