BARBARI E DEMONI
Augusta Taurinorum fin dal IV secolo d.C., fu bersaglio d’incursioni barbare. Le truppe di selvaggi, poste di guardia ai passi alpini, adoravano fare qualche escursione-incursione per sfogare i bassi istinti repressi da anni di solitudine, dall’assenza di donne cavalcabili e di cibo degno di quel nome. Trafugarono anche milioni di litri di grappa, per scaldarsi le ossa. Vennero dapprima i Sarmati, quindi Goti e Alamanni. All'inizio del V secolo tutto il Piemonte cadde in occupazioni e distruzioni, mentre Torino, nonostante le sue mura difensive, fu messa, un po’ a ferro e fuoco, ma non si rese necessario ricorrere ai pompieri. Poco dopo arrivarono i Burgundi, gli Ostrogoti e i Bizantini che
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introdussero nella vita civile la sodomia, ben prima dei gay pride, infine, nel 569, ecco i Longobardi.
Nel 590 Agilulfo, dopo aver sposato Teodolinda, vedova di re Autari, diventò duca di Torino e degli altri ducati piemontesi. Agilulfo adattò a propria Curtis ducis gli edifici esistenti sull’angolo dell’attuale Piazza IV Marzo, che corrispondevano all'antica sede delle magistrature romane. Era di religione ariana, ma subì l'influsso della moglie cattolica, fieramente anti nazista, che voleva la conversione del suo popolo. Per suo volere sorse la chiesetta di San Giovanni Battista, santo patrono di Torino, nell'area che ospita l'attuale Duomo, a danno di piccoli templi, probabilmente dedicati ai martiri Avventore, Ottavio e Solutore, nomi troppo difficili da pronunciare e da ricordare.
La cristianizzazione in origine non coinvolse i Longobardi che praticavano il paganesimo e veneravano divinità femminili legate alla fertilità e alla terra. Quando vivevano in Scandinavia, chiamavano se stessi Winili, il cui significato non era quello di collosi, ma di cani guerrieri. Adoravano la dea cagna Frigg/Frea e avevano un'organizzazione sociale non solo militare, ancora imperniata sulla sacralità matriarcale. Quando iniziarono le tournée per conquistare un posto al sole, incontrando i popoli germanici e le belle valchirie che giravano a petto nudo tracannando pinte e pinte di birra. Cambiarono parere e diedero fiducia al demone armato Wodan, detto in parole mitiche, Odino. Molti finsero di aderire al cristianesimo, come dimostra la diffusione del culto di San Michele, il Guerriero di Dio, particolarmente caro ai combattenti più sanguinari, venerato nel santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano ed alla Sacra di San Michele in val di Susa.
Questo il recentissimo passato della nostra bella terra, fredda, umida e nebbiosa, ma vi sorprenderà sapere che Torino e hinterland furono località marine molto apprezzate sin dall’antichità. Tanto, tanto, tanto tempo fa, molto prima dei Longobardi, in altre parole venti milioni di anni circa, il mare copriva la Pianura Padana, compresi fiumi, laghi, laghetti, valli, colline, montagnole, il Duomo di Milano, la Mole Antonelliana, e le villette dei commendatori novaresi sul lago Maggiore. Le onde si frangevano sui contrafforti delle Alpi e i valdostani non avevano ancora deciso di scendere a valle, perché la fonduta con la fontina volevano tenersela tutta per loro.
Ecco in sintesi gli antefatti geologici di una lunga storia, anzi, di una lunghissima preistoria, che così prosegue: da sette a cinque milioni di anni fa, il Mar Mediterraneo, inanellato dalla terra, dovette dire addio all'oceano Atlantico, senza troppe cerimonie, restando solo e sconsolato, senza neppure una tavola da windsurf. In seguito, e qui si parla di un tempo lentissimo, tanto lento da essere flemmatico, il Mediterraneo si dischiuse e l'acqua dell'oceano riprese a circolare al suo interno. Tra la catena alpina e quella appenninica si era creato un perimetro triangolare che rivestiva l'intera Pianura Padana, ma di tale evento non ci sono testimonianze attendibili nelle storie di Platone, Sallustio, Vasari e Cibrario. Questi furono così distratti e poco attendibili che Il Corriere della Sera li avrebbe licenziati in tronco.
Alpi e Appennini, nel frattempo, iniziarono a dichiarare l’indipendenza con continui sollevamenti, proprio come i ducati longobardi che si affrontavano in contese feroci per tenersi Pavia come capitale.
Il mare si arrese all’evidente ribellione e si ritirò dall’ampia area pitagorica (triangolare) e i numerosi sedimenti veicolati dai fiumi originarono una pianura alluvionale: l'attuale Pianura Padana, comprensiva del prato di Pontida. I vari sedimenti marini sono ancora oggi visibili, addirittura sulla collina Torinese, nel Monferrato e nelle Langhe, dove scavando appena si possono reperire splendide conchiglie fossili, a conferma che il mare lambiva la catena alpina, ben prima che i turisti potessero raccoglierle abusivamente e cioccolatini, agnolotti, polenta concia e barbera tentassero i loro palati.
Arrivò poi il tempo dei ghiaccioli e delle granite: un milione di anni fa le temperature divennero più rigide e si formarono i ghiacciai alpini lungo le valli, che spesso in gita, arrivavano fino in pianura. Purtroppo i gelatai non potevano permettersi un leasing per acquistare carretti motorizzati e ancora ignoravano come preparare gli sciroppi di limone, menta e lampone. Nonostante questa empasse, i detriti provenienti dai monti, dopo varie pause caffè, contribuirono alla formazione di ampi anfiteatri morenici. In questi anfiteatri, per altro, non si esibiva nessuna compagnia d’arte drammatica, date le temperature impossibili e le paghe troppo basse per gli attori, che a quei tempi lavoravano solo in Grecia e non sopportavano il freddo. Si sarebbero assai lamentati di recitare in trasferta indossando, oltre alle maschere, giacche a vento imbottite. Una tragedia!
Da segnalare poi, che sessantamila anni fa il fiume Po scorreva a sud, ora fluisce a nord della collina di Torino. I movimenti tettonici, un po’ razzisti, imprevedibili e dispettosi, ne deviarono man mano la direzione, fino a quella attuale.
Nel capoluogo piemontese, milioni e milioni di anni fa, c’era dunque il mare; forse non è un caso che oggi i piatti preferiti della cucina subalpina siano a base di pesce: acciughe al verde, bagna caöda e tinche in carpione, ma di bollente il territorio offre solo le pietanze, non conserva, infatti, tracce di minerali sialici o femicichi, che compongono le rocce magmatiche. Informatevi da un amico geologo che non vi costi troppo.
Piccola lezione, per capirci: tali aggregati, presenti in terreni di natura vulcanica, derivano da raffreddamento e solidificazione di materiale fuso, denominato silicatico o magma. Il magma può raffreddare in profondità, all'interno della crosta, in spessori limitati o addirittura fuoriuscire in superficie come lava. Esistono così rocce acide, rocce intermedie, rocce basiche e rocce ultrabasiche, proprio quelle che mancano nel torinese.
In Piemonte, e ancor più a Torino, sono mai esistiti sottosuoli stracolmi di fuochi, magma incandescente, rocce laviche fuse, gas sulfurei, calderoni di fagioli e cotechini ribollenti a temperature infernali! Nessuna zolla della nostra amata terra padana ha mai incoraggiato i poveri diavoli a crearsi un habitat da cui emergere nottetempo assaporando bruschetta con pomodoro, aglio e peperoncini di Poirino. Nessuna folla di demoni piccanti svolazza, sorgendo da marciapiedi e tombini, si piazza sotto simboliche statue in attesa di rubare le anime ai passanti. Meno che meno vecchi satanassi osano celarsi all’interno di gallerie militari e fognarie o anfratti prosciugati di vecchie bealere per spartirsi le vivaci grazie di giovani pulzelle in trasferta a Torino.
Eppure c’è chi oggi indottrina stuoli di turisti, facendone seguaci di strani pellegrinaggi alla scoperta di luoghi infernali, nascosti nel sottosuolo. Torino magica e misteriosa? Sarebbero questi i punti, dove alloggia Belzebù, si ritrovano fantasmi, Lucifero pianifica le sue uscite mefistofeliche per la città esoterica, occulta, tenebrosa, e così via, di via in via, di corso in corso, di piazza in piazza. Diciamolo francamente, se davvero il diavolo o lo spettro di Agilulfo albergassero a Torino, dovrebbero avere fisico atletico, patentino da sommozzatore, muta, maschera, bombole e pinne di profondità, data la conformazione geologica del territorio. Abilità atletiche simili a quelle dell'antico Milone di Crotone. Un fenomenale lottatore che riportò nei giochi olimpici, dal 540 al 516 a. C., sedici vittorie. Gli si attribuiscono inoltre sei trionfi nei giochi pitici, dieci negli istmici, nove nei nemei. Fu sempre quel giovanotto, che armato di clava, come Eracle, guidò i Crotoniati alla vittoria decisiva sui Sibariti. Andatevi a leggere la storia su qualche enciclopedia.
Credeteci, il sottosuolo ardente è nel meridione della nostra penisola, nelle splendide zone vulcaniche, famose in tutto il mondo: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Etna, Stromboli, Lipari, Vulcano e Pantelleria… ma da che mondo è mondo, neppure in quelle bollenti località turistiche si è mai visto un angelo nero, troppo abbrustolito, se non sulle spiagge alla moda, o nei campi d’accoglienza per i profughi appena sbarcati a Lampedusa. La storia si ripete, ma questa volta l’invasione arriva da sud. Lucifero e Longobardi permettendo.
Nel 590 Agilulfo, dopo aver sposato Teodolinda, vedova di re Autari, diventò duca di Torino e degli altri ducati piemontesi. Agilulfo adattò a propria Curtis ducis gli edifici esistenti sull’angolo dell’attuale Piazza IV Marzo, che corrispondevano all'antica sede delle magistrature romane. Era di religione ariana, ma subì l'influsso della moglie cattolica, fieramente anti nazista, che voleva la conversione del suo popolo. Per suo volere sorse la chiesetta di San Giovanni Battista, santo patrono di Torino, nell'area che ospita l'attuale Duomo, a danno di piccoli templi, probabilmente dedicati ai martiri Avventore, Ottavio e Solutore, nomi troppo difficili da pronunciare e da ricordare.
La cristianizzazione in origine non coinvolse i Longobardi che praticavano il paganesimo e veneravano divinità femminili legate alla fertilità e alla terra. Quando vivevano in Scandinavia, chiamavano se stessi Winili, il cui significato non era quello di collosi, ma di cani guerrieri. Adoravano la dea cagna Frigg/Frea e avevano un'organizzazione sociale non solo militare, ancora imperniata sulla sacralità matriarcale. Quando iniziarono le tournée per conquistare un posto al sole, incontrando i popoli germanici e le belle valchirie che giravano a petto nudo tracannando pinte e pinte di birra. Cambiarono parere e diedero fiducia al demone armato Wodan, detto in parole mitiche, Odino. Molti finsero di aderire al cristianesimo, come dimostra la diffusione del culto di San Michele, il Guerriero di Dio, particolarmente caro ai combattenti più sanguinari, venerato nel santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano ed alla Sacra di San Michele in val di Susa.
Questo il recentissimo passato della nostra bella terra, fredda, umida e nebbiosa, ma vi sorprenderà sapere che Torino e hinterland furono località marine molto apprezzate sin dall’antichità. Tanto, tanto, tanto tempo fa, molto prima dei Longobardi, in altre parole venti milioni di anni circa, il mare copriva la Pianura Padana, compresi fiumi, laghi, laghetti, valli, colline, montagnole, il Duomo di Milano, la Mole Antonelliana, e le villette dei commendatori novaresi sul lago Maggiore. Le onde si frangevano sui contrafforti delle Alpi e i valdostani non avevano ancora deciso di scendere a valle, perché la fonduta con la fontina volevano tenersela tutta per loro.
Ecco in sintesi gli antefatti geologici di una lunga storia, anzi, di una lunghissima preistoria, che così prosegue: da sette a cinque milioni di anni fa, il Mar Mediterraneo, inanellato dalla terra, dovette dire addio all'oceano Atlantico, senza troppe cerimonie, restando solo e sconsolato, senza neppure una tavola da windsurf. In seguito, e qui si parla di un tempo lentissimo, tanto lento da essere flemmatico, il Mediterraneo si dischiuse e l'acqua dell'oceano riprese a circolare al suo interno. Tra la catena alpina e quella appenninica si era creato un perimetro triangolare che rivestiva l'intera Pianura Padana, ma di tale evento non ci sono testimonianze attendibili nelle storie di Platone, Sallustio, Vasari e Cibrario. Questi furono così distratti e poco attendibili che Il Corriere della Sera li avrebbe licenziati in tronco.
Alpi e Appennini, nel frattempo, iniziarono a dichiarare l’indipendenza con continui sollevamenti, proprio come i ducati longobardi che si affrontavano in contese feroci per tenersi Pavia come capitale.
Il mare si arrese all’evidente ribellione e si ritirò dall’ampia area pitagorica (triangolare) e i numerosi sedimenti veicolati dai fiumi originarono una pianura alluvionale: l'attuale Pianura Padana, comprensiva del prato di Pontida. I vari sedimenti marini sono ancora oggi visibili, addirittura sulla collina Torinese, nel Monferrato e nelle Langhe, dove scavando appena si possono reperire splendide conchiglie fossili, a conferma che il mare lambiva la catena alpina, ben prima che i turisti potessero raccoglierle abusivamente e cioccolatini, agnolotti, polenta concia e barbera tentassero i loro palati.
Arrivò poi il tempo dei ghiaccioli e delle granite: un milione di anni fa le temperature divennero più rigide e si formarono i ghiacciai alpini lungo le valli, che spesso in gita, arrivavano fino in pianura. Purtroppo i gelatai non potevano permettersi un leasing per acquistare carretti motorizzati e ancora ignoravano come preparare gli sciroppi di limone, menta e lampone. Nonostante questa empasse, i detriti provenienti dai monti, dopo varie pause caffè, contribuirono alla formazione di ampi anfiteatri morenici. In questi anfiteatri, per altro, non si esibiva nessuna compagnia d’arte drammatica, date le temperature impossibili e le paghe troppo basse per gli attori, che a quei tempi lavoravano solo in Grecia e non sopportavano il freddo. Si sarebbero assai lamentati di recitare in trasferta indossando, oltre alle maschere, giacche a vento imbottite. Una tragedia!
Da segnalare poi, che sessantamila anni fa il fiume Po scorreva a sud, ora fluisce a nord della collina di Torino. I movimenti tettonici, un po’ razzisti, imprevedibili e dispettosi, ne deviarono man mano la direzione, fino a quella attuale.
Nel capoluogo piemontese, milioni e milioni di anni fa, c’era dunque il mare; forse non è un caso che oggi i piatti preferiti della cucina subalpina siano a base di pesce: acciughe al verde, bagna caöda e tinche in carpione, ma di bollente il territorio offre solo le pietanze, non conserva, infatti, tracce di minerali sialici o femicichi, che compongono le rocce magmatiche. Informatevi da un amico geologo che non vi costi troppo.
Piccola lezione, per capirci: tali aggregati, presenti in terreni di natura vulcanica, derivano da raffreddamento e solidificazione di materiale fuso, denominato silicatico o magma. Il magma può raffreddare in profondità, all'interno della crosta, in spessori limitati o addirittura fuoriuscire in superficie come lava. Esistono così rocce acide, rocce intermedie, rocce basiche e rocce ultrabasiche, proprio quelle che mancano nel torinese.
In Piemonte, e ancor più a Torino, sono mai esistiti sottosuoli stracolmi di fuochi, magma incandescente, rocce laviche fuse, gas sulfurei, calderoni di fagioli e cotechini ribollenti a temperature infernali! Nessuna zolla della nostra amata terra padana ha mai incoraggiato i poveri diavoli a crearsi un habitat da cui emergere nottetempo assaporando bruschetta con pomodoro, aglio e peperoncini di Poirino. Nessuna folla di demoni piccanti svolazza, sorgendo da marciapiedi e tombini, si piazza sotto simboliche statue in attesa di rubare le anime ai passanti. Meno che meno vecchi satanassi osano celarsi all’interno di gallerie militari e fognarie o anfratti prosciugati di vecchie bealere per spartirsi le vivaci grazie di giovani pulzelle in trasferta a Torino.
Eppure c’è chi oggi indottrina stuoli di turisti, facendone seguaci di strani pellegrinaggi alla scoperta di luoghi infernali, nascosti nel sottosuolo. Torino magica e misteriosa? Sarebbero questi i punti, dove alloggia Belzebù, si ritrovano fantasmi, Lucifero pianifica le sue uscite mefistofeliche per la città esoterica, occulta, tenebrosa, e così via, di via in via, di corso in corso, di piazza in piazza. Diciamolo francamente, se davvero il diavolo o lo spettro di Agilulfo albergassero a Torino, dovrebbero avere fisico atletico, patentino da sommozzatore, muta, maschera, bombole e pinne di profondità, data la conformazione geologica del territorio. Abilità atletiche simili a quelle dell'antico Milone di Crotone. Un fenomenale lottatore che riportò nei giochi olimpici, dal 540 al 516 a. C., sedici vittorie. Gli si attribuiscono inoltre sei trionfi nei giochi pitici, dieci negli istmici, nove nei nemei. Fu sempre quel giovanotto, che armato di clava, come Eracle, guidò i Crotoniati alla vittoria decisiva sui Sibariti. Andatevi a leggere la storia su qualche enciclopedia.
Credeteci, il sottosuolo ardente è nel meridione della nostra penisola, nelle splendide zone vulcaniche, famose in tutto il mondo: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Etna, Stromboli, Lipari, Vulcano e Pantelleria… ma da che mondo è mondo, neppure in quelle bollenti località turistiche si è mai visto un angelo nero, troppo abbrustolito, se non sulle spiagge alla moda, o nei campi d’accoglienza per i profughi appena sbarcati a Lampedusa. La storia si ripete, ma questa volta l’invasione arriva da sud. Lucifero e Longobardi permettendo.