POESIA
Sakiamuni
Ho aspettato due secoli, seduto in poltrona, che il telefono squillasse per sentire la voce di Dio, o gli insulti di te che mi amavi. A braccetto di Buddha, levitavo sul Mar dell’Insulso, un lunedì, un sabato, un giorno di qualche settimana passata. Anzi, era festa, la domenica vuota di sempre, e le mani stringevano alcool, e Pereira gemeva, abbracciato a Dalì. Quando il whisky finì, Sakiamuni sparì nel nirvana, il Poeta risultò debellato, l’Anarchia si fece un suo stato. Ma da Radio Kalì una voce annunciò: Per il quindici è indetta la giornata dell’idiota ribelle. A me basta un pugnale affilato, a me basta un tamburo potente, un selvaggio cantare di guerra, energia di fuoco e di terra! |