POESIA
Senilità
Nel chiarore stagnante dell’alba nascente, si frantuma uno sguardo, posandosi piano sulla barba da fare, tra le rughe del viso non vuol più indugiare. E’ ispido il pelo del vecchio, e ispido è il giorno che viene, tra noia, ricordi e torpore risplende una fiamma che muore. L’inverno è tornato, l’estate ormai persa riporta il pensare a quello che è stato: passato. Quel viso specchiato ormai sa che una vita, trascorsa a sperare, conduce soltanto ad un fitto mistero: e il sogno del Nulla, allora lo culla. E’ il Nulla che rade quel pelo canuto, e il Nulla accompagna la mano tremante che beve il caffè. Immagini antiche, ridicoli sforzi per farle tornare a vibrare nel parco, e musica, musica, nel sole la siesta, il violino gitano del tempo che resta, di un’aria struggente riempie la testa. Passata la festa del mondo, non c’è che tempesta, tempesta, tempesta... |