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il circo ospedaliero


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Racconto di Raffaele Palma
In questi giorni mi assilla una domanda inquietante: perché le corsie degli ospedali italiani sono invase da pagliacci con i nasi rossi e le scarpe grandi?
E’ bastato il ciclone cinematografico “Patch Adams” per trasformare i nostri nosocomi in circhi americani. A quando le contorsioniste, i trapezisti ucraini e gli acrobati a cavallo? 
Diciamolo francamente: i pagliacci erano necessari! Prima, la nostra mala sanità era una tragedia, adesso, invece, possiamo farci quattro risate, soprattutto se abbiamo solo una gamba rotta, mentre nel letto vicino c’è un ammalato grave.
I clown in corsia sono una moda? Vorrei proprio capire cosa c’è dietro, nel retropalco, nei camerini dei fantasisti e dei loro protettori. Chi ha fatto entrare massicce dosi di clown schiamazzanti nei sacri luoghi del dolore? Facciamo attenzione, che si tratti di droga molto pesante?
Cerchiamo di ragionare in un mondo di apparentemente folli: da sempre le lobby dell’associazionismo volontario ospedaliero (ancor più dei direttori sanitari) detengono il potere assoluto nella scelta dei “volontari graditi”.
Sono gli assessori e i minestroni della sanità e i baroni della medicina, che come i mercenari medievali di nobile neanche hanno gli attributi, a garantire il libero accesso negli ospedali ai presidenti di tali associazioni. Direttori sanitari, personale, pazienti sono i loro ostaggi politici. Tali presidenti, sono ricche signore, spesso divenute tali per aver capito il meccanismo del fuggo e prendo, secondo cui l’uomo insegue una donna finché lei non lo cattura. Ebbene... le consorti d’industriali, politici, finanzieri, professionisti di turno, si assicurano un posto in prima fila durante feste, convegni e polentate, accanto a baroni della medicina, della moda, della tivù, della gastronomia, dell’astronomia, dell’astronautica, dell’ermeneutica, della chiesa, sindaci e sindacalisti, graduati, intellettuali, barbari, baristi e Barbarelle, eccetera e basta!
Ti diranno semplicemente: i nasi rossi sono un servizio in più e fanno sorridere i bambini! Diventano radiose dee della bontà, appena liftate un po’ sugli angoli della bocca e attorno agli occhi, esaltate dalla loro permanente a caschetto rosso menopausa, giusto coronamento della loro premiata e benemerita associazione. Novelle Santa Teresa di Calcutta, che inorridirebbe pensando ai clown nei lazzaretti indiani, imbastiscono generiche relazioni di simpatia, che torneranno utili per fini non propriamente sanitari. Mai si sognerebbero di sporcarsi le mani con i fluidi e i liquidi di degenti e moribondi, preferirebbero di gran lunga la presidenza delle prossime paralimpiadi!
 
Che fine hanno fatto i piccoli circoli di teatranti, prestigiatori, i lettori, gli animatori di giochi da tavolo, i cantastorie, i gruppi di laureandi in psicologia e gli infermieri in pensione, che per anni hanno aiutato ad evadere con discrezione e garbo i malati nelle corsie degli ospedali? A chi davano fastidio? Quale fetta di torta minacciavano con le loro sporche forchette?
Basta con le polemiche, il progresso è il progresso: non possiamo più rinunciare a questa tavolozza di colori, al bel contrasto cromatico fra i caldi nasi rosso vivo, e i freddi nasi bianchi; non le appendici dei Pierrot, ma i nasi dei defunti!
Che cosa pensare quando i direttori sanitari aprono le porte di reparti come oncologia o geriatria alle colorate appendici olfattive dei “terapeuti della risata” che ridono e scherzano col paziente ancora in vita, mentre del letto vicino la recente salma non può usufruire del nobile servizio, ed i congiunti si sforzano di sorridere, fra un pianto e l’altro? E’ la vita, signori miei, la maschera del teatro greco, che sempre oscilla fra riso e pianto. La cultura umanista della medicina ci ricorda che la vita, come la morte è solo tragicommedia.
Avrei qualche proposta per migliorare il servizio: come in ogni teatro che si rispetti, l’ingresso allo spettacolo deve essere pagato. Sbigliettamento all’ingresso dei reparti! Prezzo simbolico, affinché anche i clown abbiano uno stipendio.
Far partecipare i pagliacci ai funerali, magari prima della benedizione, in spazi attrezzati cimiteriali.
Trasferire i reparti ospedalieri con patologie “importanti” nei circi, o almeno sotto un tendone, vicino alla gabbia degli elefanti. O delle tigri, per chi volesse approfittarne.
Negli Stati Uniti, i poveri disgraziati che non hanno un’assicurazione si sentono rifiutati perché il loro infarto è da miserabili, una patologia di serie C.
I clown li aiutano a non soffrire troppo, a non sentirsi soli, ad amare la patria, nonostante tutto, a prenderla più alla leggera, facendoli sperare in una colletta popolare in diretta TV, che farà piangere mamme, zie e nonne sensibili, come a “C’è posta per te”.
Patch Adams e Maria De Filippi n’andrebbero certamente fieri. 

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