POESIA
Neri uragani
Da bambino un castigo bastava a svelare il mistero supremo, permeato dal pianto sincero, consumato in quell’angolo scuro. E nell’ombra assistevo al futuro, palpitante di spazi nel tempo, mentre il cuor si nutriva d’amore, un amore ancor fatto d’aurore. Già nel buio bolliva l’abisso, nero magma potente del sesso, che ammagliante giurava certezze, ma mentiva con troppe vaghezze. Così, avvinto e serrato a quel muro, tra i singulti, rifugio sicuro, diventavo l’eroe del vespro, cacciatore d’estreme campane, domatore di cirri e uragani, giustiziere di folgori armato, un Narciso furente e accigliato, che serrava ubriaco le mani, impotente ed immenso sovrano, in esilio al confini del tempo, nel suo chiuso e sottile esperire, impossibile allora capire, d’esser giunto di colpo alla meta, proprio limite estatico e vuoto, quando il panico nasce e s’annulla, ed un bimbo diventa l’ignoto. |