SEMPLICE ELISIR
Solo in un silenzio penso a niente, e voglio solo te, padre emozionato ed entusiasta che ti specchi in me.
Solo contro niente mi accontento e non mi annoio mai, suono un bel sassofono d'argento e non mi sbaglio mai... Ah, suono nel vuoto... Ah, soffio nel fuoco… Ho cercato per tutto il paradiso la quota dove sta il tuo sorriso... Ah, voglio suonare... Ah, e camminare... Sto cercando per tutto il paradiso la guida che m'incontri il tuo sorriso. (Paolo Conte) |
Lacrime infere, non ancora liberate, spingevano con violenza per vedere oltre le apparenze, davanti ad un piatto di farinata bollente con il pepe.
Un sentire lieve di salvezza. Piangendo davanti al sorriso di suo padre avrebbe ritrovato Dio: se avesse potuto soffiare, con infinita clemenza, il proprio suono nel vuoto, per infiammare il fuoco interno! Pervenire a quella pace della mente che diventa un infinito deserto, senza tempo né centro, dove splende una luce totale non abbagliante, che entra in ogni cosa, senza provenire da alcun punto.
Ricordi. C’era una volta un garage semi buio, intriso d’odori sublimi, benzene e olio bruciato, sparso a larghe chiazze sul pavimento di cemento, macchiato, crudo. Primitivo come il labirinto del Minotauro. Era un antro antico dove il cuore padre batteva al ritmo del motore di un “Galletto” Moto Guzzi. C’era una scuola elementare, dal nome autorevole: “Aristide Gabelli”. Qui maestre attempate, ancora signorine, difendevano una cultura vera, che ancora trebbiava lo spirito risorgimentale, partigiano, italiano. Alitava il buon sentimento del Fratello Edmondo De Amicis, ed il saluto alla bandiera non era ridicolo. L’inchiostro blu nei calamai era odoroso d’inchiostro, gli abbecedari di carta, le aste, i pennini e la disciplina. Amen. Amen. Amen, colorati quaderni Fabriano!
Le velocità odoravano d’antica finta pelle, nel 1960, dentro la 1.100 dello zio, e tutto era incanto ai 90 l’ora. La magia del fare. Gagliarda. Era forte la carrozzeria dipinta di blu e i parafanghi di ferro cromato, preziosi.
I fanali guardavano, le portiere si aprivano e si chiudevano come soglie di un tempio. Da grande, per fermare il tempo, avrebbe avvicinato la rivoluzione anarchica. L’avrebbe vista dall’interno senza usare violenza: vigliaccheria? Furbizia? No, ineluttabilità di credere al mare infinito di silenzio, senza centro. Chi ha solo intuito, l’Io, non può fare subito la guerra di popolo astrale.
Solo Arjuna può combattere e uccidere senza piangere gli amici caduti in battaglia: tutti gli essere umani. Corrotti, ingiusti, assassini, ladri e bestemmiatori, vanno prima compianti e poi amati. Il nonno glielo aveva comunicato in vari modi, mosso da uno spirito che neppure lui ben conosceva, eppure glielo aveva detto e cantato: “Addio Lugano bella, o dolce terra pia, cacciati senza colpa gli anarchici van via, e partono cantando con la tristezza in cuor…”
Glielo aveva soprattutto mostrato con l'esempio di una vita intrepida, povera ma piena di poesia, coraggio, onore, tenacia, onestà e giustizia, perché il nonno incarnava il ‘900, quello vero, che iniziò alla fine del 1800 e terminò, senza esitare nel 1979, ucciso da un complotto dei sauri alieni della loggia nera.
Lacrime infere, non ancora liberate. Nonno Rino fu ed è la sua guida, nei meandri del secolo, l’indirizzo fondamentale verso la salvezza, imposta col battesimo garibaldino e con la comunione Salesiana. Garibaldi è la guida della rivoluzione italiana, il Grande Maestro portò a termine il compito affidato al proprio grado, ed entrò nel Nirvana a Caprera, come Libero, impegnandosi a rimbalzare di significato in significato nella mente dei ribelli, sino alle Brigate Rosse, ordendo trame di rivolta e di libertà e di giustizia e di bellezza. Poi intervenne Girolamo Savonarola per profetizzare salvezza e l’avvento dell’Arcangelo Michele!
La mente diventa un deserto di fronte all’immensità della Grande Opera, e neppure desidera conoscerne l’inizio né il fine supremo. Luciferina? Angelica? Non è dato sapere. Oggi parlano i soldi, e non credono che possa esistere qualcosa a loro superiore, una condizione di perfezione che non può essere comperata o comparata. Quando un ricco o un invidioso si accorgono che il denaro non vale nulla, impazziscono. Possono impazzire, intendo dire, continuando a fare e a rifare l’inventario della propria vita, comparandolo a quelli dei più “disgraziati”; si dicono che non hanno ancora tutto, ma non sanno cosa manca loro per essere onnipotenti. Poi si sparano. Nel caso più tragico. Ed anche allora sapranno di non essere onnipotenti. Se invece si ammalano di una grave malattia, dovrebbero ringraziare il Grande Architetto per aver dato loro l’opportunità di soffrire davvero. Il vero traguardo è comprendere l’inutilità di domandarsi il senso della vita. La mente finalmente deserto, di fronte all’immensità della Grande Opera, non desidera conoscerne l’inizio e il fine.
"Contemplo per ritemprare l’energia. Vedere. Che sei qui, nonno."
"Non sapevo cosa fosse l’amore, quando conobbi tua nonna, eppure qualcosa mi diceva che sarei stato un uomo fortunato se avessi potuto adempiere un compito profondo. Quello di dirigere la volontà verso un fine che non conoscevo ancora. Lo zio non è più qui con me, è andato a esplorare le regioni a sud del vecchio mulino, dove tu spesso vai quando sogni i lontani spazi collinari del vedere, dal balcone di Via Cherubini. Laggiù c’è una chiesa, una fattoria, un villaggio forse, un lago, una palude, la morte contadina, le marcite, le rane ed il silenzio. La c’è un Dio, o meglio una dea: la Putrefazione. Eccola, nel suo immenso, affascinante, silenzioso, oltraggioso, imponente negozio. Ti propone un cambio: nel sacello di pietra, l’anello del potere, rosso rubino. A Marte il figlio di Marte. L’anello di carnevale, putrefazione e scheletro di cartone. Eppur vero. Ti è stato dato. Usalo.
Non perdermi, continua a scrivere di cose infinite. Madre mia, ti ho perso, e ti ho ritrovata altera e insensibile, prima, ampia e profonda poi, come una valle infinita di doni, che resta lì, immobile ma disponibile. La maschera rimane attiva, eppure senza quei colpi di ritorno, quella eco insondabile di lievi amorfismi non avrei potuto purificare la sostanza del tuo invecchiato dolore. Riponi in me la fiducia che da sempre hai scelto di regalarmi, non indietreggiare di fronte alla primavera e sappi che il tuo destino è segnato dall’odore mellifluo dei fiori di caprifoglio. Adatta la tua visione al reale, ma senza dimenticare che ci sono, sempre. Ti aspetterò per condurti con me nel regno dell’angelo del ‘900, dove troveranno posto tutti i nostri amori, fisici e mentali e dove saprai perché un angelo è un essere tanto complesso da poter contenere Giancarlo e Pier Guido, Angela, Lina, la nonna ed il babbo, Gabriella e il suo babbo, nonna Antonia, la mamma e zia Elia, Elena e Rita, ed il tuo grande amore di oggi, Laura. E naturalmente tutti gli amori dei nostri amori, un lungo elenco. Laura. Dolce e faticata creatura che guarda a te come agli occhi di tenero splendore, nell’abbandono di Dio. Lasciala stare, non la tormentare con le tue assurde considerazioni estetiche ed amala così com’è, ama chi ti ha amato e ti ama ed implora la grande, dolce, madre, anche nella putrefazione. Tenetevi per mano, teniamoci per mano e completiamo la parte a noi affidata della Grande Opera. Limita i tuoi desideri mondani e ringrazia Dio, sempre, comunque, ovunque. Impara ad essere vivo. "
"Sei tu nonno?"
"Credimi. Se tu credi che non posso far altro che condurti sulla via del bene e del silenzioso amore, non puoi dubitare. Libere. Sono Libere Maria ed Elia. Sorelle.
Non a caso i tuoi passi ti riportano alle risaie. Il tuo genio vive nel gracidare delle rane e nel profumo delle erbe e dei fiori di pianura, tra corriere e paracarri. La tua anima vuole il soffocante caldo estivo e la religiosa sonnolenza degli orti. Il profumo delle siepi e delle acacie. Anima di periferia, anima dei campi, delle zanzare, delle gazzose consumate al tavolino di una vecchia osteria. Angelo della polvere."
"Oh San Domenico Savio!"
"Mi comunico nel silenzio."
"Mondo dei Santi Bambini, che tu sia benedetto e riscattato dall’oppressione dell’Oppositore, dal suo odore di modernità meccanica, zolfo, elettricità e silicio. Profumo di ginestre, intensità di girasoli e campanule."
Un sentire lieve di salvezza. Piangendo davanti al sorriso di suo padre avrebbe ritrovato Dio: se avesse potuto soffiare, con infinita clemenza, il proprio suono nel vuoto, per infiammare il fuoco interno! Pervenire a quella pace della mente che diventa un infinito deserto, senza tempo né centro, dove splende una luce totale non abbagliante, che entra in ogni cosa, senza provenire da alcun punto.
Ricordi. C’era una volta un garage semi buio, intriso d’odori sublimi, benzene e olio bruciato, sparso a larghe chiazze sul pavimento di cemento, macchiato, crudo. Primitivo come il labirinto del Minotauro. Era un antro antico dove il cuore padre batteva al ritmo del motore di un “Galletto” Moto Guzzi. C’era una scuola elementare, dal nome autorevole: “Aristide Gabelli”. Qui maestre attempate, ancora signorine, difendevano una cultura vera, che ancora trebbiava lo spirito risorgimentale, partigiano, italiano. Alitava il buon sentimento del Fratello Edmondo De Amicis, ed il saluto alla bandiera non era ridicolo. L’inchiostro blu nei calamai era odoroso d’inchiostro, gli abbecedari di carta, le aste, i pennini e la disciplina. Amen. Amen. Amen, colorati quaderni Fabriano!
Le velocità odoravano d’antica finta pelle, nel 1960, dentro la 1.100 dello zio, e tutto era incanto ai 90 l’ora. La magia del fare. Gagliarda. Era forte la carrozzeria dipinta di blu e i parafanghi di ferro cromato, preziosi.
I fanali guardavano, le portiere si aprivano e si chiudevano come soglie di un tempio. Da grande, per fermare il tempo, avrebbe avvicinato la rivoluzione anarchica. L’avrebbe vista dall’interno senza usare violenza: vigliaccheria? Furbizia? No, ineluttabilità di credere al mare infinito di silenzio, senza centro. Chi ha solo intuito, l’Io, non può fare subito la guerra di popolo astrale.
Solo Arjuna può combattere e uccidere senza piangere gli amici caduti in battaglia: tutti gli essere umani. Corrotti, ingiusti, assassini, ladri e bestemmiatori, vanno prima compianti e poi amati. Il nonno glielo aveva comunicato in vari modi, mosso da uno spirito che neppure lui ben conosceva, eppure glielo aveva detto e cantato: “Addio Lugano bella, o dolce terra pia, cacciati senza colpa gli anarchici van via, e partono cantando con la tristezza in cuor…”
Glielo aveva soprattutto mostrato con l'esempio di una vita intrepida, povera ma piena di poesia, coraggio, onore, tenacia, onestà e giustizia, perché il nonno incarnava il ‘900, quello vero, che iniziò alla fine del 1800 e terminò, senza esitare nel 1979, ucciso da un complotto dei sauri alieni della loggia nera.
Lacrime infere, non ancora liberate. Nonno Rino fu ed è la sua guida, nei meandri del secolo, l’indirizzo fondamentale verso la salvezza, imposta col battesimo garibaldino e con la comunione Salesiana. Garibaldi è la guida della rivoluzione italiana, il Grande Maestro portò a termine il compito affidato al proprio grado, ed entrò nel Nirvana a Caprera, come Libero, impegnandosi a rimbalzare di significato in significato nella mente dei ribelli, sino alle Brigate Rosse, ordendo trame di rivolta e di libertà e di giustizia e di bellezza. Poi intervenne Girolamo Savonarola per profetizzare salvezza e l’avvento dell’Arcangelo Michele!
La mente diventa un deserto di fronte all’immensità della Grande Opera, e neppure desidera conoscerne l’inizio né il fine supremo. Luciferina? Angelica? Non è dato sapere. Oggi parlano i soldi, e non credono che possa esistere qualcosa a loro superiore, una condizione di perfezione che non può essere comperata o comparata. Quando un ricco o un invidioso si accorgono che il denaro non vale nulla, impazziscono. Possono impazzire, intendo dire, continuando a fare e a rifare l’inventario della propria vita, comparandolo a quelli dei più “disgraziati”; si dicono che non hanno ancora tutto, ma non sanno cosa manca loro per essere onnipotenti. Poi si sparano. Nel caso più tragico. Ed anche allora sapranno di non essere onnipotenti. Se invece si ammalano di una grave malattia, dovrebbero ringraziare il Grande Architetto per aver dato loro l’opportunità di soffrire davvero. Il vero traguardo è comprendere l’inutilità di domandarsi il senso della vita. La mente finalmente deserto, di fronte all’immensità della Grande Opera, non desidera conoscerne l’inizio e il fine.
"Contemplo per ritemprare l’energia. Vedere. Che sei qui, nonno."
"Non sapevo cosa fosse l’amore, quando conobbi tua nonna, eppure qualcosa mi diceva che sarei stato un uomo fortunato se avessi potuto adempiere un compito profondo. Quello di dirigere la volontà verso un fine che non conoscevo ancora. Lo zio non è più qui con me, è andato a esplorare le regioni a sud del vecchio mulino, dove tu spesso vai quando sogni i lontani spazi collinari del vedere, dal balcone di Via Cherubini. Laggiù c’è una chiesa, una fattoria, un villaggio forse, un lago, una palude, la morte contadina, le marcite, le rane ed il silenzio. La c’è un Dio, o meglio una dea: la Putrefazione. Eccola, nel suo immenso, affascinante, silenzioso, oltraggioso, imponente negozio. Ti propone un cambio: nel sacello di pietra, l’anello del potere, rosso rubino. A Marte il figlio di Marte. L’anello di carnevale, putrefazione e scheletro di cartone. Eppur vero. Ti è stato dato. Usalo.
Non perdermi, continua a scrivere di cose infinite. Madre mia, ti ho perso, e ti ho ritrovata altera e insensibile, prima, ampia e profonda poi, come una valle infinita di doni, che resta lì, immobile ma disponibile. La maschera rimane attiva, eppure senza quei colpi di ritorno, quella eco insondabile di lievi amorfismi non avrei potuto purificare la sostanza del tuo invecchiato dolore. Riponi in me la fiducia che da sempre hai scelto di regalarmi, non indietreggiare di fronte alla primavera e sappi che il tuo destino è segnato dall’odore mellifluo dei fiori di caprifoglio. Adatta la tua visione al reale, ma senza dimenticare che ci sono, sempre. Ti aspetterò per condurti con me nel regno dell’angelo del ‘900, dove troveranno posto tutti i nostri amori, fisici e mentali e dove saprai perché un angelo è un essere tanto complesso da poter contenere Giancarlo e Pier Guido, Angela, Lina, la nonna ed il babbo, Gabriella e il suo babbo, nonna Antonia, la mamma e zia Elia, Elena e Rita, ed il tuo grande amore di oggi, Laura. E naturalmente tutti gli amori dei nostri amori, un lungo elenco. Laura. Dolce e faticata creatura che guarda a te come agli occhi di tenero splendore, nell’abbandono di Dio. Lasciala stare, non la tormentare con le tue assurde considerazioni estetiche ed amala così com’è, ama chi ti ha amato e ti ama ed implora la grande, dolce, madre, anche nella putrefazione. Tenetevi per mano, teniamoci per mano e completiamo la parte a noi affidata della Grande Opera. Limita i tuoi desideri mondani e ringrazia Dio, sempre, comunque, ovunque. Impara ad essere vivo. "
"Sei tu nonno?"
"Credimi. Se tu credi che non posso far altro che condurti sulla via del bene e del silenzioso amore, non puoi dubitare. Libere. Sono Libere Maria ed Elia. Sorelle.
Non a caso i tuoi passi ti riportano alle risaie. Il tuo genio vive nel gracidare delle rane e nel profumo delle erbe e dei fiori di pianura, tra corriere e paracarri. La tua anima vuole il soffocante caldo estivo e la religiosa sonnolenza degli orti. Il profumo delle siepi e delle acacie. Anima di periferia, anima dei campi, delle zanzare, delle gazzose consumate al tavolino di una vecchia osteria. Angelo della polvere."
"Oh San Domenico Savio!"
"Mi comunico nel silenzio."
"Mondo dei Santi Bambini, che tu sia benedetto e riscattato dall’oppressione dell’Oppositore, dal suo odore di modernità meccanica, zolfo, elettricità e silicio. Profumo di ginestre, intensità di girasoli e campanule."