POESIA
Il sogno che è stato
Oh giorni sereni, ti avevo trovata, radioso futuro, speranza incarnata. Le ore fuggivan radiose, e la mente fremente imbastiva la trama e l’ordito d’un abito nuovo, incantato. Ardevan di sole le notti d’amore, oh piccola fata, legata al mio cuore. Poi giunse in un lampo la spettro di nebbia, avvolgendo l’ardore in un manto nemico. Celeste utopia, tradita, il suo regno di bruma, già m’apre i cancelli coperti di ruggine antica, e gli occhi grondanti tristezza, non scorgon che lande gelate, solcate da Parche infinite! Così, dopo il sogno notturno, appena mi desto il mattino, frugando fra cenci solenni, m’accorgo d’avere a conforto flagelli e ricordi sdruciti, due toppe, una tasca bucata, e un’anima presa d’amore, che penzola come impiccata. Oscilla, tentenna sfinita, e addita a supremo rimedio la morte, o forse la vita. |