DISERTORI PENTITI
Il padre assennato è costretto a vagliare severamente il comportamento dei propri figli, per educarli al bene. La punizione può divenire necessaria, perché la ribellione è una malattia subdola, difficile da debellare.
Basti pensare alla sfrontatezza degli ebrei, che dopo l’olocausto osarono contestare il Suo operato: “Va bene padre, hai voluto metterci alla prova, però, sinceramente, non avremmo mai pensato che ci sarebbero stati così tanti bocciati!” A volte, invece di arrabbiarsi, può essere sufficiente un rimprovero, che consente un notevole risparmio energeticoe non genera depressioni e sensi di colpa. |
A proposito di sensi di colpa, chissà se Hitler si tolse la vita per il rimorso o perché gli recapitarono una bolletta del gas troppo alta?
In tema di rimbrotti possiamo anche ricordare Abramo, che disse ad Isacco: - Voi giovani siete degli ingrati, non volete fare sacrifici! L’educazione migliore, in ogni caso, deve sempre poggiare sul perdono, anche se potenzialmente può generare irriconoscenza. Quando il figliol prodigo tornò a casa, ad esempio, non si può affermare che il vitello grasso impazzì di gioia. Anzi, sperò che quei leviti si convertissero, diventando indù. Dunque, il problema del bene, del male e del così così, dell’essere e dell’avere, dell’etica e dell’estetica, della pratica e della grammatica, di quel che vogliamo e di ciò che proprio non ci piace, delle bombe del cannon, bim, bum, bam, anzi, bom, è una scommessa che fa girare le palle, come la roulette. In fondo i casinò sono come i tribunali, chi è coinvolto nell’azzardo attende sempre un giudizio. Lo dimostra una storia antica come l’umanità, che riguarda i primi due schiavi del gioco, condannati ai lavori forzati dopo essere stati cacciati dall’aula per vilipendio alla corte. Si chiamavano Adamo ed Eva.
Un verdetto che fece scalpore e alla difesa non parve equo: - Vostro Onore, è vero, hanno rubato nel settore agro-alimentare, ma solo una mela, una misera mela col verme, cioè, col serpente! E poi si tratta solo d’una ridicola, ingenua, scommessa riguardante la remota possibilità di diventare eterni. Ben misera cosa, Vostra Immensa Incalcolabile Altitudine!”
Bisogna ammetterlo, il passare dei secoli ha dimostrato che la civiltà è stata costruita sugli errori giudiziari. Ricordate Giovanna d’Arco che salì sul rogo nella sua lucente armatura? Il primo precotto della storia. Che sfortuna, allora non erano di moda le sponsorizzazioni, se no qualche spicciolo la pulzella l’avrebbe pur preso, magari da Mac Donald’s, che avrebbe potuto aprire il suo primo fast food ad Orleans.
In ultima analisi, in fondo, ma proprio in fondo, non bisogna disperare, perché chi ha fame e sete di giustizia è sempre stato giustiziato; ma gli esami non finiscono mai e, siatene certi, il giorno del giudizio i risultati… saranno esposti nell’atrio!
Faccio dell’ironia, ché tanto l’uomo è corrotto e malvagio per natura. E’ scritto a chiare lettere sulla Bibbia, in Rivelazione: “… la Nuova Gerusalemme, la città della pace e della giustizia, non sorgerà su questa terra!…”, a meno che il Grande Architetto non sia disposto a pagare la tangente per vincere l’appalto.
Oggi predomina il dubbio ed anche per chi ha fede obbedire ciecamente diventa difficile. Molti cattolici, ad esempio, si chiedono: “…se dopo la cresima diventi soldato di Cristo, quando arriva il congedo?” Sì, di fronte alla corruzione, la tentazione di disertare diventa forte.
Per capire il mondo è quindi necessario esaminare il concetto di diserzione, incarnato da vari generi di disertori. Non parlo dei conigli, che si suddividono in due sottospecie, Pavidus Progressisticus e Doppiogiochisticus Reazionarius. A Hollywood, una volta degradati, una sventagliata di mitra a salve, una quintalata di pelati sparsi sul set e non se ne parla più. No, vorrei parlarvi dei disertori che fanno paura, detti anche eretici. Quelli s’incazzano davvero, sorprendono tutti con mosse inattese, difendono tesi intollerabili per i potenti, diffidano delle ideologie dominanti e delle mode. Volano in alto e fanno le rivoluzioni, insomma, fanno girare le palle come Képlero. Le palle tornano a far parlare di se, e quindi il gioco d’azzardo c’entra eccome.
Tra questi disertori, c’era anche un italiano, certo Galileo detto Galilei. La Chiesa capì subito che aveva di fronte un tipo intrattabile, da prendere con le molle, ma anche con le pinze, le tenaglie… e lui, nonostante il dolore, alla fine ammise di non vedere le stelle. In tal modo fece una grande scoperta: in Italia è sempre meglio essere un ignorante, gelido e calcolatore, che un riformatore flambè. Forse, per questo, nel nostro Paese non esistono associazioni d’ex disertori; in realtà gli italiani non sono, sono stati: ex patrioti, ex garibaldini, ex borboni, ex interventisti, ed irredentisti, ex bolscevichi, ex reduci, ex fascisti, ex deportati, ex repubblichini, ex partigiani, ex sessantottini, ex brigatisti, ex stragisti, ex yuppie, ex comunisti, ex democristiani, ex socialisti, ex piduisti, ex tangetisti, ex magistrati di mani pulite, ex mafiosi, ex collaboratori di giustizia, ex ministri, ex aequo! Noi Catastrofisti del Dissenso non ci siamo ancora organizzati in movimento, perché il dissenso, essendo naturalmente eterno, come insegna Empedocle, c’impedoclisce di omologarci.
Data la nostra incerta e confusa integrità mentale, accompagnata da una malsana e perversa fede nella democrazia buddista e libertaria, noi recitiamo mantra in arabo, inginocchiati alla ora del tè su un tappeto cubano, con il capo rivolto verso Waal Street, facendoci il segno della croce a pugno socchiuso.
Tornando ai disertori, vorrei ricordare Brenno che dopo aver conquistato Roma, tornò subito in Europa con i suoi Galli selvatici. Poco dopo l’Impero cadde perché perse l’equilibrio spinto dai seguaci d’un altro disertore, Gesù Cristo. Benito Mussolini, invece, è il classico esempio di disertore pentito. Egli capì ben presto che governare gli italiani democraticamente era difficile ma impossibile. Questo perché gli italiani non sono il popolo italiano, bensì gli italiani: Mario Rossi, Sara Franchi, Giorgio Cinti, Ubaldo Vieri e … Benito Mussolini, intuendo il carattere omogeneo ed unitario della massa, la costrinse ad oltre un ventennio di riformatorio preventivo. In fondo era un puro ed esaltava una delle caratteristiche precipue dei disertori: una volta pentitisi, l’orgoglio proibisce loro di ritornare donde sono venuti. Così esasperano gli ideali imprudentemente rinnegati, fondando una copia del gruppo religioso da cui provengono, ma più pura e intransigente, a prova di dissenso. Diventano dei rompi coglioni integralisti: braccano i tossicodipendenti e con la scusa di disintossicarli, li legano ad una sedia e gli raccontano tutta la loro vita. Fanno onestamente carriera e quando anche arrivano in alto, mantengono rapporti fraterni e caritatevoli con i sottoposti e piuttosto che accettare una tangente da un capitalista qualsiasi, lavorano in qualche USL spostando i soldi pubblici sui propri conti correnti. Fanno tanto bene, e gli handicappati sono fieri di portarli a passeggio. Assomigliano ai comici di sinistra diventati famosi grazie alla tivù, che non fanno più ridere, ma piangono in privato il proprio fallimento esistenziale, fra una festa e un pettegolezzo d’alto bordo. Per questi ed altri motivi, veri disertori, del calibro di Leòn Bloy, Majakowski, Nietzsche e San Francesco, accuratamente evitati dalla gente, si vedevano costretti a predicare ai muri, agli animali o alle canne di revolver.
Procediamo con ordine, o con finto disordine, come prediligono i veri disertori. Da ragazzo, essendo italiano, Francesco non sapeva se studiare da navigatore, da artista, da poeta o da inventore. Noi sappiamo come andò a finire. Conscio dell’evolversi dei corsi e dei ricorsi storici (e dopo aver comunicato durante una seduta spiritica con Giambattista Vico, anima che ancora doveva nascere), il padre di Francesco decise di iscrivere il figliolo ad un istituto professionale (triennio da mercenario). Il giovane si distinse in quasi tutte le materie: duello all’arma bianca, incendio, corpo a corpo (da questi ultimi esercizi ebbe anche sei figli), strage, ma soprattutto eccelleva nel lancio con la catapulta, come raccattapalle. Appena diplomatosi Francesco fu notato dal mister della squadra locale, che lo prese in scuderia. Papà Bernardone era orgoglioso del suo pupillo, un duro, un tipo deciso ma non un porco: durante i saccheggi, si lavava sempre, dopo aver violentato una donna.
L’Assisi era al vertice della classifica, con quattro punti di vantaggio sul Siena e sul Volterra, seconde a pari merito, quando il campionato bellico fu sospeso. L’Assisi fu squalificata per due motivi. Francesco risultò positivo ad un controllo anti doping, per aver ingurgitato venti litri di Montepulciano corretto Fernet. La commissione sportiva, inoltre, accusò i dirigenti della compagine umbra d’aver truccato alcune sfide comprando gli avversari. Le cronache dell’epoca rivelano un fatto incredibile: nell’olio bollente dello Spoleto fu rinvenuta una dose massiccia di pomata antiscottature.
Tutti a casa e la musica cambiò. I reduci non trovavano lavoro, trasformandosi da eroi in perdigiorno. “Siete soltanto degli scrocconi alcolizzati!” andava ripetendo papà Bernardone. “Cos’è sta cavolata di bussare ai portoni di notte per poi scappare?!”
“Papà, non possiamo fare diversamente, i citofoni non li hanno ancora inventati!” rispondeva Francesco, ridendo sopra la barba, che non gli era ancora cresciuta.
“Spiritoso” ribatteva Bernardone, “guarda me che non sto mai con le mani in mano e i piedi in piede! Io mi sono arricchito onestamente, vendendo agli americani seta cinese in puro nylon”: la verità.
L’Italia in quegli anni, pur attraversando una fase un po’ medievale, era un sano ed operoso agglomerato di territori. Erano nate le corporazioni, come quella dei vignaioli, che aveva nel filosofo greco Anassagora il proprio patrono. Il sant’uomo sosteneva, a ragione, che tutto nasce dall’acqua, anche il vino.
C’erano anche sarti che misuravano le stoffe con pertiche di un metro lunghe novanta centimetri, e becchini che pur potendo disporre, gratuitamente, della materia prima, non ti facevano uno sconto manco morto. Insomma, fu allora che i principi e i princìpi iniziarono ad essere sostituiti dai conti, purché fossero in attivo. Per farla breve, il mercato era in fermento, basti ricordare il tumulto dei Ciompi a Firenze, e i genitori di Francesco avrebbero voluto che egli prendesse una laurea o frequentasse almeno uno stage da stilista. La bottega di tessuti sarebbe potuta diventare, con qualche ritocco qua e là, uno splendido atelier! Purtroppo il ragazzo divenne irrequieto e intollerante, anche nei confronti dei vestiti che gli causavano tremendi pruriti. Così un giorno, nel delirio di un raffreddore mistico, lasciò il letto e corse per le vie raggiungendo la piazza, dove si spogliò davanti a tutti per grattarsi meglio.
Quando si rese conto della sua nudità fuggì per la vergogna, rifugiandosi in una botte con angolo cottura, abbandonata dal signor Diogene, trasferitosi dopo il terremoto del ’21 in una villa lussuosa. Il signor Diogene era un pezzo di pane, mosso a pietà regalò a Francesco una lanterna nuova, affinché potesse vedere dove metteva i piedi di notte.
Papà Bernardone, superato lo stupore, andò laggiù per ricondurlo a casa, ma Francesco non voleva muoversi. Allora gli chiese se gradiva una bella mansardina in centro, dove vivere da solo. Francesco rifiutò anche quella offerta, domandando semplicemente una basilica.
Il padre volle accontentarlo, chiedendogli in cambio di impegnarsi nello studio. Francesco si vide costretto a strafare, e invece di puntare alla laurea in teologia si mise a studiare da Santo, mentre Johnny, invidioso, dava lezioni di chitarra awayana a Chiara.
Fu il primo figlio dei fiori, inventò l’ordine delle comuni che viveva d’elemosine. La preghiera più ricorrente diceva: “Signore, oh, Signore, cioè, scusa, non c’hai mica mille scudi, che sono profugo, mi hanno rubato lo zaino e devo prendere la carrozza?”
Il ragazzo aveva proprio un caratteraccio, non gli andava mai bene nulla, anche Dio faticò non poco a trovargli un’aureola della sua misura. Gli affari però prosperavano e lui decise di mettere su un allevamento di frati da juta. Lo slogan della ditta era “Aiutati che il ciel ti juta”.
L’attività si espandeva a macchia d’olio, tanto che ogni frate chiedeva l’elemosina con due damigiane. I compagni di Francesco erano diventati abilissimi, dopo aver frequentato duri corsi multilevel ad Urbino. Dopo questi training però, non tutti erano in grado di gettarsi nella mischia; alcuni fratelli zoppicavano un po’. Tra le tecniche di vendita diretta, infatti, la più persuasiva era quella detta “piede nella porta”.
Un genio, un eroe, un santo! Lui predicava la povertà, ma ricevette una lettera, la sua chitarra mi regalò, fu richiamato in basilica! Stop con la ribellion! Stop con tutti i sermon, se no ti do la scomunicaaaa!! Di Baez-Morandi-Formigoni avete ascoltato: “C’era un ragazzo che come me”.
A Roma giunse voce del successo commerciale di Francesco e il Papa lo convocò: “Francesco, Francesco, sei il miglior agente del centro Italia… insomma, non pretendiamo giacca e cravatta ma almeno le scarpe!” “Vostra sontuosità, sono uno stilista del dissenso.”
“Sarà, ma a noi sembri un barbone.”
“E’ Dio che mi ha indicato la strada del casual!”
“A caval Donato non si guarda in saio, per ciò abbiamo deciso di nominarti capo zona. Avrai diritto al cinque per cento degli utili.”
“Ma non mi conviene, io fatturo il trenta per cento nazionale delle elemosine!”
“Prendere o lasciare. Non sei stanco di parlare? Non hai mal di gola? Potresti morire d’infiammazione. E sia, il dieci per cento e non ne discutiamo più.”
“Vostra preziosità… quarto, non rubare. Gradirei il venti per cento.”
“Franceschino, Franceschetto, sei ancora giovane ma l’epidemia d’influenza quest’anno è davvero virulenta. Ricordi il mio successore, Albino Luciani?”
“Ma Papa, la chiesa è sempre stata per la libertà di pensiero e di culto!”
“Figliolo, figliolo, ti capisco, ah come ti capisco. Vieni con me in chiesa, che ti faccio un culto così!”
Raggiunto un accordo, Francesco si mise in cammino scortato da un uomo di fiducia del Papa, confidente della Santa Inquisizione. Il dotto Feng Shui da Nanchino, detto Shui fronte di mogano, era un domenicano cinese, esperto di confessioni marziali, temutissimo per i suoi colpi di testa.
“Padre Feng, fratello, perché avete scelto di accompagnarmi in questo arduo viaggio?”
“Francesco, voglio farti crescere spiritualmente, voglio tenerti lontano dalle eresie.”
“Per voi deve essere un sacrificio enorme!”, concluse il minimo della Porziuncola.
“Francesco, dove andiamo?”, chiese padre Feng.
“A convertire il mondo”, rispose candidamente il santo.
“Bene, una cosa facile, facile.”
“Padre Shui, il Signore è con noi.”
“Dove, dove, non vedo nessuno che ci segua.”
“Viaggia in tuta mimetica.”
“Francesco, questa è la prima e l’ultima volta che ti permetto di bestemmiare.”
“Scusate, ma la mia fede alimenta la mia ignoranza dogmatica.”
“Impara subito che il confine tra fede e dogma si chiama eresia, e che eresia si scrive anche rogo. Un po’ di storia ti farà bene. Siedi e ascolta con attenzione. Le eresie si diffusero proprio adesso, nel medioevo, quando si cominciò a scrivere in volgare…”
“Soprattutto a gesti, Padre Shui?”
“Bravo. Tutti avevano ragione e un papa tirava ad un altro. Ci si rese conto che la chiesa faceva miracoli, trasformava i poveri in disperati. Fra i fedeli, che avevano preso a leggere la Bibbia senza autorizzazione vescovile, iniziò a serpeggiare il malcontento, al quale seguiva, inevitabilmente, la ribellione, che a sua volta dava luogo all’apparizione delle stimmate sulla testa, sulle braccia, sulle gambe, alla comparsa delle ferite sul costato, di qualche bruciatura di troppo sulla pelle, allo stiramento delle ossa, ma soprattutto generava la perdita delle casse vaticane, detta anche disavanzo dei magnoni.”
“Insomma, si arrivava fino all’evaporazione dell’odore di santità, detto anche Arrogance by Fariseus Parfum?!” “Francesco, non dire eresie. Ancora una e per punizione vivrai solo di ciò che riuscirai a raccogliere con le elemosine a… Genova!”
“Padre Shui, ma è terribile, è un sacrificio enorme. Meglio il silenzio.”
“Bene, continuiamo. Per la chiesa fu un periodo difficile. Molti preti abbandonarono l’abito talare…”
“Altri l’abito talaltro… ahia, ahia, ahia, che schiaffazzi Padre Shui!”
“Francesco, quando ci vuole ci vuole. Vuoi proprio finire sul rogo? Allora, dicevamo?… ah sì, i domenicani diventavano infrasettimanali, i carmelitani scalzi usavano le ghette…”
“Le vostre storie non mi sembrano meno eretiche delle mie, Padre Shui.”
“Zitto, io sono il capo, le dico per farti capire. A questo punto nascono le sette. Vediamo se le sai.”
“Va bene… i metropoliti, che vivevano sotto terra e obliteravano l’ostia, i Mormoni che ebbero vita dura, finché Colombo non scoprì gli Stati Uniti d’America.”
“Bravo, ma hai dimenticato i Valdesi, che adoravano un solo dio, verde, cosparso di zucchero, al sapore di clorofilla. Fu la rivolta, Francesco! Dall’est dissero: - Tutto questo non ci sembra ortodosso, e divennero Hare Scisma. In Germania si appiccarono migliaia di roghi, al grido di: - Lutero è mio e lo gestisco io!”
“E’ vero, ricordo d’aver letto che nell’Italia del nord, data l’insalubre aria di rogo-go, i Dolciniani iniziarono lunghe passeggiate fra i monti della Val Sesia, dando origine al culto del rifugio alpino e della polenta concia, ancora in voga in località quali Alagna, Magugnaga, Scopa e Scopello.”
"Solo in Alta Valle, Francesco?"
"E' vero, padre Feng, sono in errore! Tale culto era avidamente praticato dai Pii Buon Gustai anche a Carpentogno, Varallo, Quarona, Borgosesia e Carega di Cellio, sin'anche a Oropa, che era fuori zona."
Improvvisamente un rumore sospetto, tra il fitto fogliame del bosco, interruppe la lezione e fece sobbalzare i due uomini: “Francesco, hai sentito anche tu?”
“E’ solo un rumorino.”
“A me più che un rumore sembra un panzer. Cos’è quella creatura terribile, Francesco, il demonio?!” “Padre Shui, è un animaletto del bosco, un cucciolo di lupo.”
“A me sembra una bestia pazzesca. Vai avanti tu, Francesco, che sai le lingue.”
“No, vuole voi, guardate… vi sorride.” “Più che un sorriso mi sembra un ghigno satanico.”
“No, no, ha la bava alla bocca perché deve aver fatto indigestione, e non ha potuto lavarsi i denti. Poverino, ha finito il dentifricio. Tenete, dimostrate a Dio il vostro eroismo di Gesuita, prendete questo tubetto e lo spazzolino e lavategli i denti.”
“Francesco, non è pericoloso?”
“Ma no, c'è il fluoro, ma è senza abrasivi, non riga lo smalto. Andate Padre Feng, e tornate vincitore, mentre io salgo su questo fico per essere più vicino al Signore. Pregherò affinché possiate convertire il lupo all’igiene.”
“Francesco, mi sembra abbastanza educato…”
“Lo è, lo è, deve aver studiato in un canile inglese!"
“Da cosa lo capisci?”
“Dalla pronuncia.”
“Allora m’avvicino… ehm, ehm, good morning mister lupo, anche voi da queste parti? E’ fresco qui, ah già, voi avete la maglia di lana. Non fa ridere eh?! Sigaretta, grappino?… Come sto andando, Francesco?” “Benissimo, coraggio, accarezzatelo. Una creatura di Dio cosa puoi farvi? Lisciatelo dolcemente, e poi… zac, gli lavate i denti!”
“Obbedisco umilmente alla volontà del Capo. Egregio messere lupo, tutti bene in famiglia? La nonna? I tre porcellini, Cappuccetto Rosso?”
“Eccellente, siete proprio un grande Gesuita, convincereste chiunque! Le favole funzionano sempre con i ragazzini.”
“Ma mi mostra i denti!… ringhia…”
“Sorride, sorride, lavategli i denti, è il momento giusto!”
“Hai ragione, glieli lavo… ecco… aaaah! Aaaaaah! Aaaaah! Mi ha azzannato la mano destra, Francesco!!!” “Uomo senza fede. Il Signore è generoso e di mani ce ne ha date due. Accarezzatelo con la sinistra.”
“Sì Francesco, sì… messer lupo, avete bisogno d’affetto. Siete un po’ nervoso, rilassatevi… aaaaah! Aaaah! Francesco, mi ha staccato il braccio!!”
“Sti lupi moderni, vuoi aiutarli, gli dai una mano e si prendono anche il braccio.”
“Aaah! Uuuh! Francesco, France, Fran, Fraaaah!!!”
“Gnam, gnam, gnam, sgnam, slap slap…”
“Padre Feng, non vi capisco se parlate inglese, e tu cosa ringhi?! Cafone, finiscila di parlare a bocca piena. Ecco, bravo. Non sarai di quei lupi aristocratici che lasciano gli avanzi nel piatto?! Mangia, mangia tutto, là c’è ancora un dito, e lì, lì, sei cieco? Lì, mezzo sandalo. Bene, adesso sei tranquillo, sei sazio, e io posso scendere dall’albero: ero proprio stanco di stare rannicchiato, mi annusi? Sì caro, sono io, Francesco, non mi riconosci? Buono, buono, dammi la zampa. Cosa fai, piangi?! Guarda che non sei un coccodrillo, e poi… certi domenicani un po’ lo meritano se il Signore li punisce, con le loro manie dei roghi.
Ti accarezzo, ti accarezzo, non spingere con la testa. Alzati, su, alzati, fai l’omino. Guarda che non ti porto più da mangiare… bravo, hai capito l’antifona. Cammina in piedi, gira, gira, gira in tondo, perfetto! Et voilà mesdames e messieurs! Il numero del lupo dissidente è riuscito. Grazie per gli applausi. Fai l’inchino… il merito non è mio, è tutto Suo” disse Francesco levando le braccia al cielo.
Le nubi si squarciarono e una voce imperiosa rombò: “Undicesimo comandamento. Gioca coi fanti, ma lascia stare i santi!”
In tema di rimbrotti possiamo anche ricordare Abramo, che disse ad Isacco: - Voi giovani siete degli ingrati, non volete fare sacrifici! L’educazione migliore, in ogni caso, deve sempre poggiare sul perdono, anche se potenzialmente può generare irriconoscenza. Quando il figliol prodigo tornò a casa, ad esempio, non si può affermare che il vitello grasso impazzì di gioia. Anzi, sperò che quei leviti si convertissero, diventando indù. Dunque, il problema del bene, del male e del così così, dell’essere e dell’avere, dell’etica e dell’estetica, della pratica e della grammatica, di quel che vogliamo e di ciò che proprio non ci piace, delle bombe del cannon, bim, bum, bam, anzi, bom, è una scommessa che fa girare le palle, come la roulette. In fondo i casinò sono come i tribunali, chi è coinvolto nell’azzardo attende sempre un giudizio. Lo dimostra una storia antica come l’umanità, che riguarda i primi due schiavi del gioco, condannati ai lavori forzati dopo essere stati cacciati dall’aula per vilipendio alla corte. Si chiamavano Adamo ed Eva.
Un verdetto che fece scalpore e alla difesa non parve equo: - Vostro Onore, è vero, hanno rubato nel settore agro-alimentare, ma solo una mela, una misera mela col verme, cioè, col serpente! E poi si tratta solo d’una ridicola, ingenua, scommessa riguardante la remota possibilità di diventare eterni. Ben misera cosa, Vostra Immensa Incalcolabile Altitudine!”
Bisogna ammetterlo, il passare dei secoli ha dimostrato che la civiltà è stata costruita sugli errori giudiziari. Ricordate Giovanna d’Arco che salì sul rogo nella sua lucente armatura? Il primo precotto della storia. Che sfortuna, allora non erano di moda le sponsorizzazioni, se no qualche spicciolo la pulzella l’avrebbe pur preso, magari da Mac Donald’s, che avrebbe potuto aprire il suo primo fast food ad Orleans.
In ultima analisi, in fondo, ma proprio in fondo, non bisogna disperare, perché chi ha fame e sete di giustizia è sempre stato giustiziato; ma gli esami non finiscono mai e, siatene certi, il giorno del giudizio i risultati… saranno esposti nell’atrio!
Faccio dell’ironia, ché tanto l’uomo è corrotto e malvagio per natura. E’ scritto a chiare lettere sulla Bibbia, in Rivelazione: “… la Nuova Gerusalemme, la città della pace e della giustizia, non sorgerà su questa terra!…”, a meno che il Grande Architetto non sia disposto a pagare la tangente per vincere l’appalto.
Oggi predomina il dubbio ed anche per chi ha fede obbedire ciecamente diventa difficile. Molti cattolici, ad esempio, si chiedono: “…se dopo la cresima diventi soldato di Cristo, quando arriva il congedo?” Sì, di fronte alla corruzione, la tentazione di disertare diventa forte.
Per capire il mondo è quindi necessario esaminare il concetto di diserzione, incarnato da vari generi di disertori. Non parlo dei conigli, che si suddividono in due sottospecie, Pavidus Progressisticus e Doppiogiochisticus Reazionarius. A Hollywood, una volta degradati, una sventagliata di mitra a salve, una quintalata di pelati sparsi sul set e non se ne parla più. No, vorrei parlarvi dei disertori che fanno paura, detti anche eretici. Quelli s’incazzano davvero, sorprendono tutti con mosse inattese, difendono tesi intollerabili per i potenti, diffidano delle ideologie dominanti e delle mode. Volano in alto e fanno le rivoluzioni, insomma, fanno girare le palle come Képlero. Le palle tornano a far parlare di se, e quindi il gioco d’azzardo c’entra eccome.
Tra questi disertori, c’era anche un italiano, certo Galileo detto Galilei. La Chiesa capì subito che aveva di fronte un tipo intrattabile, da prendere con le molle, ma anche con le pinze, le tenaglie… e lui, nonostante il dolore, alla fine ammise di non vedere le stelle. In tal modo fece una grande scoperta: in Italia è sempre meglio essere un ignorante, gelido e calcolatore, che un riformatore flambè. Forse, per questo, nel nostro Paese non esistono associazioni d’ex disertori; in realtà gli italiani non sono, sono stati: ex patrioti, ex garibaldini, ex borboni, ex interventisti, ed irredentisti, ex bolscevichi, ex reduci, ex fascisti, ex deportati, ex repubblichini, ex partigiani, ex sessantottini, ex brigatisti, ex stragisti, ex yuppie, ex comunisti, ex democristiani, ex socialisti, ex piduisti, ex tangetisti, ex magistrati di mani pulite, ex mafiosi, ex collaboratori di giustizia, ex ministri, ex aequo! Noi Catastrofisti del Dissenso non ci siamo ancora organizzati in movimento, perché il dissenso, essendo naturalmente eterno, come insegna Empedocle, c’impedoclisce di omologarci.
Data la nostra incerta e confusa integrità mentale, accompagnata da una malsana e perversa fede nella democrazia buddista e libertaria, noi recitiamo mantra in arabo, inginocchiati alla ora del tè su un tappeto cubano, con il capo rivolto verso Waal Street, facendoci il segno della croce a pugno socchiuso.
Tornando ai disertori, vorrei ricordare Brenno che dopo aver conquistato Roma, tornò subito in Europa con i suoi Galli selvatici. Poco dopo l’Impero cadde perché perse l’equilibrio spinto dai seguaci d’un altro disertore, Gesù Cristo. Benito Mussolini, invece, è il classico esempio di disertore pentito. Egli capì ben presto che governare gli italiani democraticamente era difficile ma impossibile. Questo perché gli italiani non sono il popolo italiano, bensì gli italiani: Mario Rossi, Sara Franchi, Giorgio Cinti, Ubaldo Vieri e … Benito Mussolini, intuendo il carattere omogeneo ed unitario della massa, la costrinse ad oltre un ventennio di riformatorio preventivo. In fondo era un puro ed esaltava una delle caratteristiche precipue dei disertori: una volta pentitisi, l’orgoglio proibisce loro di ritornare donde sono venuti. Così esasperano gli ideali imprudentemente rinnegati, fondando una copia del gruppo religioso da cui provengono, ma più pura e intransigente, a prova di dissenso. Diventano dei rompi coglioni integralisti: braccano i tossicodipendenti e con la scusa di disintossicarli, li legano ad una sedia e gli raccontano tutta la loro vita. Fanno onestamente carriera e quando anche arrivano in alto, mantengono rapporti fraterni e caritatevoli con i sottoposti e piuttosto che accettare una tangente da un capitalista qualsiasi, lavorano in qualche USL spostando i soldi pubblici sui propri conti correnti. Fanno tanto bene, e gli handicappati sono fieri di portarli a passeggio. Assomigliano ai comici di sinistra diventati famosi grazie alla tivù, che non fanno più ridere, ma piangono in privato il proprio fallimento esistenziale, fra una festa e un pettegolezzo d’alto bordo. Per questi ed altri motivi, veri disertori, del calibro di Leòn Bloy, Majakowski, Nietzsche e San Francesco, accuratamente evitati dalla gente, si vedevano costretti a predicare ai muri, agli animali o alle canne di revolver.
Procediamo con ordine, o con finto disordine, come prediligono i veri disertori. Da ragazzo, essendo italiano, Francesco non sapeva se studiare da navigatore, da artista, da poeta o da inventore. Noi sappiamo come andò a finire. Conscio dell’evolversi dei corsi e dei ricorsi storici (e dopo aver comunicato durante una seduta spiritica con Giambattista Vico, anima che ancora doveva nascere), il padre di Francesco decise di iscrivere il figliolo ad un istituto professionale (triennio da mercenario). Il giovane si distinse in quasi tutte le materie: duello all’arma bianca, incendio, corpo a corpo (da questi ultimi esercizi ebbe anche sei figli), strage, ma soprattutto eccelleva nel lancio con la catapulta, come raccattapalle. Appena diplomatosi Francesco fu notato dal mister della squadra locale, che lo prese in scuderia. Papà Bernardone era orgoglioso del suo pupillo, un duro, un tipo deciso ma non un porco: durante i saccheggi, si lavava sempre, dopo aver violentato una donna.
L’Assisi era al vertice della classifica, con quattro punti di vantaggio sul Siena e sul Volterra, seconde a pari merito, quando il campionato bellico fu sospeso. L’Assisi fu squalificata per due motivi. Francesco risultò positivo ad un controllo anti doping, per aver ingurgitato venti litri di Montepulciano corretto Fernet. La commissione sportiva, inoltre, accusò i dirigenti della compagine umbra d’aver truccato alcune sfide comprando gli avversari. Le cronache dell’epoca rivelano un fatto incredibile: nell’olio bollente dello Spoleto fu rinvenuta una dose massiccia di pomata antiscottature.
Tutti a casa e la musica cambiò. I reduci non trovavano lavoro, trasformandosi da eroi in perdigiorno. “Siete soltanto degli scrocconi alcolizzati!” andava ripetendo papà Bernardone. “Cos’è sta cavolata di bussare ai portoni di notte per poi scappare?!”
“Papà, non possiamo fare diversamente, i citofoni non li hanno ancora inventati!” rispondeva Francesco, ridendo sopra la barba, che non gli era ancora cresciuta.
“Spiritoso” ribatteva Bernardone, “guarda me che non sto mai con le mani in mano e i piedi in piede! Io mi sono arricchito onestamente, vendendo agli americani seta cinese in puro nylon”: la verità.
L’Italia in quegli anni, pur attraversando una fase un po’ medievale, era un sano ed operoso agglomerato di territori. Erano nate le corporazioni, come quella dei vignaioli, che aveva nel filosofo greco Anassagora il proprio patrono. Il sant’uomo sosteneva, a ragione, che tutto nasce dall’acqua, anche il vino.
C’erano anche sarti che misuravano le stoffe con pertiche di un metro lunghe novanta centimetri, e becchini che pur potendo disporre, gratuitamente, della materia prima, non ti facevano uno sconto manco morto. Insomma, fu allora che i principi e i princìpi iniziarono ad essere sostituiti dai conti, purché fossero in attivo. Per farla breve, il mercato era in fermento, basti ricordare il tumulto dei Ciompi a Firenze, e i genitori di Francesco avrebbero voluto che egli prendesse una laurea o frequentasse almeno uno stage da stilista. La bottega di tessuti sarebbe potuta diventare, con qualche ritocco qua e là, uno splendido atelier! Purtroppo il ragazzo divenne irrequieto e intollerante, anche nei confronti dei vestiti che gli causavano tremendi pruriti. Così un giorno, nel delirio di un raffreddore mistico, lasciò il letto e corse per le vie raggiungendo la piazza, dove si spogliò davanti a tutti per grattarsi meglio.
Quando si rese conto della sua nudità fuggì per la vergogna, rifugiandosi in una botte con angolo cottura, abbandonata dal signor Diogene, trasferitosi dopo il terremoto del ’21 in una villa lussuosa. Il signor Diogene era un pezzo di pane, mosso a pietà regalò a Francesco una lanterna nuova, affinché potesse vedere dove metteva i piedi di notte.
Papà Bernardone, superato lo stupore, andò laggiù per ricondurlo a casa, ma Francesco non voleva muoversi. Allora gli chiese se gradiva una bella mansardina in centro, dove vivere da solo. Francesco rifiutò anche quella offerta, domandando semplicemente una basilica.
Il padre volle accontentarlo, chiedendogli in cambio di impegnarsi nello studio. Francesco si vide costretto a strafare, e invece di puntare alla laurea in teologia si mise a studiare da Santo, mentre Johnny, invidioso, dava lezioni di chitarra awayana a Chiara.
Fu il primo figlio dei fiori, inventò l’ordine delle comuni che viveva d’elemosine. La preghiera più ricorrente diceva: “Signore, oh, Signore, cioè, scusa, non c’hai mica mille scudi, che sono profugo, mi hanno rubato lo zaino e devo prendere la carrozza?”
Il ragazzo aveva proprio un caratteraccio, non gli andava mai bene nulla, anche Dio faticò non poco a trovargli un’aureola della sua misura. Gli affari però prosperavano e lui decise di mettere su un allevamento di frati da juta. Lo slogan della ditta era “Aiutati che il ciel ti juta”.
L’attività si espandeva a macchia d’olio, tanto che ogni frate chiedeva l’elemosina con due damigiane. I compagni di Francesco erano diventati abilissimi, dopo aver frequentato duri corsi multilevel ad Urbino. Dopo questi training però, non tutti erano in grado di gettarsi nella mischia; alcuni fratelli zoppicavano un po’. Tra le tecniche di vendita diretta, infatti, la più persuasiva era quella detta “piede nella porta”.
Un genio, un eroe, un santo! Lui predicava la povertà, ma ricevette una lettera, la sua chitarra mi regalò, fu richiamato in basilica! Stop con la ribellion! Stop con tutti i sermon, se no ti do la scomunicaaaa!! Di Baez-Morandi-Formigoni avete ascoltato: “C’era un ragazzo che come me”.
A Roma giunse voce del successo commerciale di Francesco e il Papa lo convocò: “Francesco, Francesco, sei il miglior agente del centro Italia… insomma, non pretendiamo giacca e cravatta ma almeno le scarpe!” “Vostra sontuosità, sono uno stilista del dissenso.”
“Sarà, ma a noi sembri un barbone.”
“E’ Dio che mi ha indicato la strada del casual!”
“A caval Donato non si guarda in saio, per ciò abbiamo deciso di nominarti capo zona. Avrai diritto al cinque per cento degli utili.”
“Ma non mi conviene, io fatturo il trenta per cento nazionale delle elemosine!”
“Prendere o lasciare. Non sei stanco di parlare? Non hai mal di gola? Potresti morire d’infiammazione. E sia, il dieci per cento e non ne discutiamo più.”
“Vostra preziosità… quarto, non rubare. Gradirei il venti per cento.”
“Franceschino, Franceschetto, sei ancora giovane ma l’epidemia d’influenza quest’anno è davvero virulenta. Ricordi il mio successore, Albino Luciani?”
“Ma Papa, la chiesa è sempre stata per la libertà di pensiero e di culto!”
“Figliolo, figliolo, ti capisco, ah come ti capisco. Vieni con me in chiesa, che ti faccio un culto così!”
Raggiunto un accordo, Francesco si mise in cammino scortato da un uomo di fiducia del Papa, confidente della Santa Inquisizione. Il dotto Feng Shui da Nanchino, detto Shui fronte di mogano, era un domenicano cinese, esperto di confessioni marziali, temutissimo per i suoi colpi di testa.
“Padre Feng, fratello, perché avete scelto di accompagnarmi in questo arduo viaggio?”
“Francesco, voglio farti crescere spiritualmente, voglio tenerti lontano dalle eresie.”
“Per voi deve essere un sacrificio enorme!”, concluse il minimo della Porziuncola.
“Francesco, dove andiamo?”, chiese padre Feng.
“A convertire il mondo”, rispose candidamente il santo.
“Bene, una cosa facile, facile.”
“Padre Shui, il Signore è con noi.”
“Dove, dove, non vedo nessuno che ci segua.”
“Viaggia in tuta mimetica.”
“Francesco, questa è la prima e l’ultima volta che ti permetto di bestemmiare.”
“Scusate, ma la mia fede alimenta la mia ignoranza dogmatica.”
“Impara subito che il confine tra fede e dogma si chiama eresia, e che eresia si scrive anche rogo. Un po’ di storia ti farà bene. Siedi e ascolta con attenzione. Le eresie si diffusero proprio adesso, nel medioevo, quando si cominciò a scrivere in volgare…”
“Soprattutto a gesti, Padre Shui?”
“Bravo. Tutti avevano ragione e un papa tirava ad un altro. Ci si rese conto che la chiesa faceva miracoli, trasformava i poveri in disperati. Fra i fedeli, che avevano preso a leggere la Bibbia senza autorizzazione vescovile, iniziò a serpeggiare il malcontento, al quale seguiva, inevitabilmente, la ribellione, che a sua volta dava luogo all’apparizione delle stimmate sulla testa, sulle braccia, sulle gambe, alla comparsa delle ferite sul costato, di qualche bruciatura di troppo sulla pelle, allo stiramento delle ossa, ma soprattutto generava la perdita delle casse vaticane, detta anche disavanzo dei magnoni.”
“Insomma, si arrivava fino all’evaporazione dell’odore di santità, detto anche Arrogance by Fariseus Parfum?!” “Francesco, non dire eresie. Ancora una e per punizione vivrai solo di ciò che riuscirai a raccogliere con le elemosine a… Genova!”
“Padre Shui, ma è terribile, è un sacrificio enorme. Meglio il silenzio.”
“Bene, continuiamo. Per la chiesa fu un periodo difficile. Molti preti abbandonarono l’abito talare…”
“Altri l’abito talaltro… ahia, ahia, ahia, che schiaffazzi Padre Shui!”
“Francesco, quando ci vuole ci vuole. Vuoi proprio finire sul rogo? Allora, dicevamo?… ah sì, i domenicani diventavano infrasettimanali, i carmelitani scalzi usavano le ghette…”
“Le vostre storie non mi sembrano meno eretiche delle mie, Padre Shui.”
“Zitto, io sono il capo, le dico per farti capire. A questo punto nascono le sette. Vediamo se le sai.”
“Va bene… i metropoliti, che vivevano sotto terra e obliteravano l’ostia, i Mormoni che ebbero vita dura, finché Colombo non scoprì gli Stati Uniti d’America.”
“Bravo, ma hai dimenticato i Valdesi, che adoravano un solo dio, verde, cosparso di zucchero, al sapore di clorofilla. Fu la rivolta, Francesco! Dall’est dissero: - Tutto questo non ci sembra ortodosso, e divennero Hare Scisma. In Germania si appiccarono migliaia di roghi, al grido di: - Lutero è mio e lo gestisco io!”
“E’ vero, ricordo d’aver letto che nell’Italia del nord, data l’insalubre aria di rogo-go, i Dolciniani iniziarono lunghe passeggiate fra i monti della Val Sesia, dando origine al culto del rifugio alpino e della polenta concia, ancora in voga in località quali Alagna, Magugnaga, Scopa e Scopello.”
"Solo in Alta Valle, Francesco?"
"E' vero, padre Feng, sono in errore! Tale culto era avidamente praticato dai Pii Buon Gustai anche a Carpentogno, Varallo, Quarona, Borgosesia e Carega di Cellio, sin'anche a Oropa, che era fuori zona."
Improvvisamente un rumore sospetto, tra il fitto fogliame del bosco, interruppe la lezione e fece sobbalzare i due uomini: “Francesco, hai sentito anche tu?”
“E’ solo un rumorino.”
“A me più che un rumore sembra un panzer. Cos’è quella creatura terribile, Francesco, il demonio?!” “Padre Shui, è un animaletto del bosco, un cucciolo di lupo.”
“A me sembra una bestia pazzesca. Vai avanti tu, Francesco, che sai le lingue.”
“No, vuole voi, guardate… vi sorride.” “Più che un sorriso mi sembra un ghigno satanico.”
“No, no, ha la bava alla bocca perché deve aver fatto indigestione, e non ha potuto lavarsi i denti. Poverino, ha finito il dentifricio. Tenete, dimostrate a Dio il vostro eroismo di Gesuita, prendete questo tubetto e lo spazzolino e lavategli i denti.”
“Francesco, non è pericoloso?”
“Ma no, c'è il fluoro, ma è senza abrasivi, non riga lo smalto. Andate Padre Feng, e tornate vincitore, mentre io salgo su questo fico per essere più vicino al Signore. Pregherò affinché possiate convertire il lupo all’igiene.”
“Francesco, mi sembra abbastanza educato…”
“Lo è, lo è, deve aver studiato in un canile inglese!"
“Da cosa lo capisci?”
“Dalla pronuncia.”
“Allora m’avvicino… ehm, ehm, good morning mister lupo, anche voi da queste parti? E’ fresco qui, ah già, voi avete la maglia di lana. Non fa ridere eh?! Sigaretta, grappino?… Come sto andando, Francesco?” “Benissimo, coraggio, accarezzatelo. Una creatura di Dio cosa puoi farvi? Lisciatelo dolcemente, e poi… zac, gli lavate i denti!”
“Obbedisco umilmente alla volontà del Capo. Egregio messere lupo, tutti bene in famiglia? La nonna? I tre porcellini, Cappuccetto Rosso?”
“Eccellente, siete proprio un grande Gesuita, convincereste chiunque! Le favole funzionano sempre con i ragazzini.”
“Ma mi mostra i denti!… ringhia…”
“Sorride, sorride, lavategli i denti, è il momento giusto!”
“Hai ragione, glieli lavo… ecco… aaaah! Aaaaaah! Aaaaah! Mi ha azzannato la mano destra, Francesco!!!” “Uomo senza fede. Il Signore è generoso e di mani ce ne ha date due. Accarezzatelo con la sinistra.”
“Sì Francesco, sì… messer lupo, avete bisogno d’affetto. Siete un po’ nervoso, rilassatevi… aaaaah! Aaaah! Francesco, mi ha staccato il braccio!!”
“Sti lupi moderni, vuoi aiutarli, gli dai una mano e si prendono anche il braccio.”
“Aaah! Uuuh! Francesco, France, Fran, Fraaaah!!!”
“Gnam, gnam, gnam, sgnam, slap slap…”
“Padre Feng, non vi capisco se parlate inglese, e tu cosa ringhi?! Cafone, finiscila di parlare a bocca piena. Ecco, bravo. Non sarai di quei lupi aristocratici che lasciano gli avanzi nel piatto?! Mangia, mangia tutto, là c’è ancora un dito, e lì, lì, sei cieco? Lì, mezzo sandalo. Bene, adesso sei tranquillo, sei sazio, e io posso scendere dall’albero: ero proprio stanco di stare rannicchiato, mi annusi? Sì caro, sono io, Francesco, non mi riconosci? Buono, buono, dammi la zampa. Cosa fai, piangi?! Guarda che non sei un coccodrillo, e poi… certi domenicani un po’ lo meritano se il Signore li punisce, con le loro manie dei roghi.
Ti accarezzo, ti accarezzo, non spingere con la testa. Alzati, su, alzati, fai l’omino. Guarda che non ti porto più da mangiare… bravo, hai capito l’antifona. Cammina in piedi, gira, gira, gira in tondo, perfetto! Et voilà mesdames e messieurs! Il numero del lupo dissidente è riuscito. Grazie per gli applausi. Fai l’inchino… il merito non è mio, è tutto Suo” disse Francesco levando le braccia al cielo.
Le nubi si squarciarono e una voce imperiosa rombò: “Undicesimo comandamento. Gioca coi fanti, ma lascia stare i santi!”