L'altra Parigi
Ottobre. Ho raggiunto l’amico Daniele a Parigi. Non sarà un soggiorno turistico. Noi preferiamo i quartieri di periferia. Poche puntate alla Tour, Quartiere Latino, Beaubourg, Louvre, Tuilleries, Operà, eccetera. Mai in metropolitana. Sempre in macchina, in mezzo al caos più assurdo. Da buoni italiani, menefreghisti. Posteggiamo anche nelle strade coi divieti, tanto le multe non le pagheremo mai.Sta sera ci aspetta Pigalle, avvolta da nubi odorose di patate fritte e carne di montone, con i suoi locali a luci rosse, i bar malavitosi e i sexy shop. Intanto ci siamo dati un gancio in un
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bistrot di Place de Montreuille. andremo a fare un giro nel mercato dei rigattieri e dei disperati. E’ in ritardo, mi siedo ad un tavolino, piano di marmo e gambe di ferro battuto. Intorno, un vociare sommesso, il pavimento coperto di cicche, bicchieri di carta, tovagliolini, mezzi panini sfuggiti di mano, pezzi di croissant. Frammenti di colazioni interrotte.
Un tipo magro e allampanato, con i capelli dritti come un fuso e gli occhiali spessi sta facendo colazione. Legge il giornale e sbadatamente intinge il croissant nel pastis di un corpulento negro, vicino di bancone, che lo riprende spazientito: - Non riprovarci amico!
Jan Luc, così lo chiama il barista, nell’imbarazzo gli rovescia addosso il cappuccino, non prima di aver fatto scomparire il croissant in una tasca dell’impermeabile. Intanto commenta da alta voce: La situazione era complessa ma risolvibile, anche se poteva sfuggirgli di mano.
Il nero lo esplora con un’espressione tra l’incazzato e lo stupito, poi si guarda attorno ridacchiando: - Ma questo è pazzo, ehi, lo sentite cosa sta dicendo? Cerca il consenso degli altri avventori. Risatine, colpetti di tosse.
Jan Luc prosegue il suo monologo, senza guardare il nero in faccia, con gli occhi persi nel vuoto, parlando alle bottiglie dietro al bancone: - Sì, poteva sfuggirgli di mano, ma il ragazzo aveva coscienza della propria forza bruta…
L’energumeno lo prende per il bavero e lo tiene sollevato di qualche centimetro, mentre lui continua a farfugliare: - Egli, ben conoscendo la potenza dei suoi micidiali colpi di karaté e non amando seminare violenza, decise di perdonare. Disse con tono di rimprovero all’uomo di colore: - Ehi, sans papier, attento! Lo conosci il trucco del bicchiere negli occhi? Il nero fa cenno di no e continua a tenerlo sospeso.
- Ah, non lo conosci, adesso vedrai! Afferra il bicchiere di pastis e si getta il liquido in faccia. Ride con il viso gocciolante, mentre il nero lo ha lasciato andare a terra. - Vedi, funziona sempre!
L’avversario lo guarda stupito e se ne va, interdetto, grattandosi il capoccione coperto di capelli a spazzola. Jan Luc, accecato dal liquido, si rialza e va ad urtare un cameriere che ha un vassoio colmo in mano. Il crollo è inevitabile. Il collo del barista si gonfia di rosso e blu come quello di un toro furioso. Le sue mani sono pronte alla guerra. Sono passati pochi minuti: entrano due gendarmi, appena in tempo per salvare il ragazzo dal linciaggio. Lo perquisiscono con fare brusco: - Ringrazia che abbiamo visto tutto dalla macchina. Metti le mani in testa, gambe larghe, non respirare. Perché hai provocato quel tipo con un atteggiamento da buffone?
Lo trascinano via, ma non capisco il motivo per cui devono farci tirare fuori i documenti a tutti. Io cosa c’entro?
Arriva il Dany sulla sua FIAT 126 turchese, targata Torino. E’ surreale in mezzo al traffico parigino composto esclusivamente da vetture di marca francese e tedesca di media ed alta cilindrata. Molto chic - barbonesco. Ci spostiamo. In Place d’Italie inizia a piovere. Non lo capisco questo quartiere dominato da grattacieli popolari di venti, trenta piani, migliaia di finestre, come occhi aperti su terrificanti muri di cemento. E’ sabato pomeriggio, la via principale è intasata, ma le strade interne sono semi deserte. Migliaia di macchine, autobus, moto, ma niente gente a piedi.
“E’ presto”, sussurra il Dany, e posteggia in un angolo, “adesso vedrai.” Continuo a non capire.
Passano due teenager cinesi a passo svelto, strette, una ridosso all’altra, sotto un ombrello striminzito. Tirano un carrello della spesa vuoto. Ecco una famigliola: papà, mamma, due ragazzini al seguito. Sembrano collegiali: camicia bianca, giacca blu, pantaloncini corti, scarpette nere. Composti, troppo seri. Una coppia d’anziani a braccetto. Aprono negozi e super mercati. In pochi minuti la strada si popola all’inverosimile di… musi gialli. Sbucano proprio come fantasmi… cinesi, da ogni parte.
Il temporale è finito. Stiamo seduti in macchina a goderci Parigi l’Orientale. Trafficato panorama, inconsueto, inverosimile, o quasi. Ho la bocca impastata di vapore. Spegniamo la ventola dell’aria calda, siamo quasi asciutti. Berrei qualcosa di fresco, mentre il sole perfora il coperchio grigio che chiude la Ville Lumiere.
Tiriamo giù i finestrini per dare aria alla sauna. E’ una piacere girare la manovella arcaicamente, il rapporto con la macchina è più reale. Detesto i vetri con chiusura elettronica. Ecco, berrei proprio… una birra ghiacciata. Potrei pregare il Buddha che la materializzi lì, su due piedi, e proprio in quel momento… un ometto con barba e baffi alla Lao Tze si avvicina e mi lancia in faccia un salvifico: “Bière, Cocà, Oranginà?”. Al braccio una gran cesta piena di delizie. Il pacco dell’operaio, il pacco del lavoratore!
E’ un venditore sessantenne. Sembra uscito da un film sui campi di rieducazione maoisti. Look da rivoluzione culturale: pantaloni blu, a metà polpaccio, cintura di pelle un po’ sdrucita, camicia verde, cappello blu con visiera, occhi piccolissimi, nerissimi, penetranti, denti bianchissimi. Il sorriso copre lo spazio fra un orecchio e l’altro.
Sospiro riconoscente il mio… un brivido blu da miracolo per blasfemia mi scende sulla testa. E domando il prezzo delle lattine. Due marche. Al bar costano meno. Vorrei contrattare, ma poi mi sento una merda. Pago. L’uomo mi porge le lattine e due cartoncini colorati, uno a testa. Il Misericordioso, è proprio lui: il Buddha stilizzato ci sorride, grasso, e soddisfatto. “Porta fortuna”, dice, “leggere frase… predice futuro vostra vita. Saggezza cinese.”
Mi blocco, il brivido blu si fa più intenso, lo ringrazio con un cenno del capo, gli lascio il resto. Gli oracoli solitamente mi terrorizzano, in quel periodo di più. “Mi dai la birra?!!” chiede Dany, innervosito dal mio stato catatonico. Lui non capisce il paranormale. Figurarsi i prodigi della fede.
“Ehm, sì… certo” rispondo, riprendendo a tirare il fiato. Il Dany beve a garganella, poi: “Non ti spari un po’ di Nam myōhō renge kyō , oggi? Il Sutra del Loto ti farebbe un gran bene.” Ride e batte i piedi gongolanti.
“Che rompiscatole quel cinese!”, farfuglio e penso sempre ad Elena che mi ha lasciato da qualche mese nel vuoto più assoluto. Parigi è qui, ma io non lo so. Nam myōhō renge kyō, nam myōhō renge kyō, nam myōhō renge kyō…
Un tipo magro e allampanato, con i capelli dritti come un fuso e gli occhiali spessi sta facendo colazione. Legge il giornale e sbadatamente intinge il croissant nel pastis di un corpulento negro, vicino di bancone, che lo riprende spazientito: - Non riprovarci amico!
Jan Luc, così lo chiama il barista, nell’imbarazzo gli rovescia addosso il cappuccino, non prima di aver fatto scomparire il croissant in una tasca dell’impermeabile. Intanto commenta da alta voce: La situazione era complessa ma risolvibile, anche se poteva sfuggirgli di mano.
Il nero lo esplora con un’espressione tra l’incazzato e lo stupito, poi si guarda attorno ridacchiando: - Ma questo è pazzo, ehi, lo sentite cosa sta dicendo? Cerca il consenso degli altri avventori. Risatine, colpetti di tosse.
Jan Luc prosegue il suo monologo, senza guardare il nero in faccia, con gli occhi persi nel vuoto, parlando alle bottiglie dietro al bancone: - Sì, poteva sfuggirgli di mano, ma il ragazzo aveva coscienza della propria forza bruta…
L’energumeno lo prende per il bavero e lo tiene sollevato di qualche centimetro, mentre lui continua a farfugliare: - Egli, ben conoscendo la potenza dei suoi micidiali colpi di karaté e non amando seminare violenza, decise di perdonare. Disse con tono di rimprovero all’uomo di colore: - Ehi, sans papier, attento! Lo conosci il trucco del bicchiere negli occhi? Il nero fa cenno di no e continua a tenerlo sospeso.
- Ah, non lo conosci, adesso vedrai! Afferra il bicchiere di pastis e si getta il liquido in faccia. Ride con il viso gocciolante, mentre il nero lo ha lasciato andare a terra. - Vedi, funziona sempre!
L’avversario lo guarda stupito e se ne va, interdetto, grattandosi il capoccione coperto di capelli a spazzola. Jan Luc, accecato dal liquido, si rialza e va ad urtare un cameriere che ha un vassoio colmo in mano. Il crollo è inevitabile. Il collo del barista si gonfia di rosso e blu come quello di un toro furioso. Le sue mani sono pronte alla guerra. Sono passati pochi minuti: entrano due gendarmi, appena in tempo per salvare il ragazzo dal linciaggio. Lo perquisiscono con fare brusco: - Ringrazia che abbiamo visto tutto dalla macchina. Metti le mani in testa, gambe larghe, non respirare. Perché hai provocato quel tipo con un atteggiamento da buffone?
Lo trascinano via, ma non capisco il motivo per cui devono farci tirare fuori i documenti a tutti. Io cosa c’entro?
Arriva il Dany sulla sua FIAT 126 turchese, targata Torino. E’ surreale in mezzo al traffico parigino composto esclusivamente da vetture di marca francese e tedesca di media ed alta cilindrata. Molto chic - barbonesco. Ci spostiamo. In Place d’Italie inizia a piovere. Non lo capisco questo quartiere dominato da grattacieli popolari di venti, trenta piani, migliaia di finestre, come occhi aperti su terrificanti muri di cemento. E’ sabato pomeriggio, la via principale è intasata, ma le strade interne sono semi deserte. Migliaia di macchine, autobus, moto, ma niente gente a piedi.
“E’ presto”, sussurra il Dany, e posteggia in un angolo, “adesso vedrai.” Continuo a non capire.
Passano due teenager cinesi a passo svelto, strette, una ridosso all’altra, sotto un ombrello striminzito. Tirano un carrello della spesa vuoto. Ecco una famigliola: papà, mamma, due ragazzini al seguito. Sembrano collegiali: camicia bianca, giacca blu, pantaloncini corti, scarpette nere. Composti, troppo seri. Una coppia d’anziani a braccetto. Aprono negozi e super mercati. In pochi minuti la strada si popola all’inverosimile di… musi gialli. Sbucano proprio come fantasmi… cinesi, da ogni parte.
Il temporale è finito. Stiamo seduti in macchina a goderci Parigi l’Orientale. Trafficato panorama, inconsueto, inverosimile, o quasi. Ho la bocca impastata di vapore. Spegniamo la ventola dell’aria calda, siamo quasi asciutti. Berrei qualcosa di fresco, mentre il sole perfora il coperchio grigio che chiude la Ville Lumiere.
Tiriamo giù i finestrini per dare aria alla sauna. E’ una piacere girare la manovella arcaicamente, il rapporto con la macchina è più reale. Detesto i vetri con chiusura elettronica. Ecco, berrei proprio… una birra ghiacciata. Potrei pregare il Buddha che la materializzi lì, su due piedi, e proprio in quel momento… un ometto con barba e baffi alla Lao Tze si avvicina e mi lancia in faccia un salvifico: “Bière, Cocà, Oranginà?”. Al braccio una gran cesta piena di delizie. Il pacco dell’operaio, il pacco del lavoratore!
E’ un venditore sessantenne. Sembra uscito da un film sui campi di rieducazione maoisti. Look da rivoluzione culturale: pantaloni blu, a metà polpaccio, cintura di pelle un po’ sdrucita, camicia verde, cappello blu con visiera, occhi piccolissimi, nerissimi, penetranti, denti bianchissimi. Il sorriso copre lo spazio fra un orecchio e l’altro.
Sospiro riconoscente il mio… un brivido blu da miracolo per blasfemia mi scende sulla testa. E domando il prezzo delle lattine. Due marche. Al bar costano meno. Vorrei contrattare, ma poi mi sento una merda. Pago. L’uomo mi porge le lattine e due cartoncini colorati, uno a testa. Il Misericordioso, è proprio lui: il Buddha stilizzato ci sorride, grasso, e soddisfatto. “Porta fortuna”, dice, “leggere frase… predice futuro vostra vita. Saggezza cinese.”
Mi blocco, il brivido blu si fa più intenso, lo ringrazio con un cenno del capo, gli lascio il resto. Gli oracoli solitamente mi terrorizzano, in quel periodo di più. “Mi dai la birra?!!” chiede Dany, innervosito dal mio stato catatonico. Lui non capisce il paranormale. Figurarsi i prodigi della fede.
“Ehm, sì… certo” rispondo, riprendendo a tirare il fiato. Il Dany beve a garganella, poi: “Non ti spari un po’ di Nam myōhō renge kyō , oggi? Il Sutra del Loto ti farebbe un gran bene.” Ride e batte i piedi gongolanti.
“Che rompiscatole quel cinese!”, farfuglio e penso sempre ad Elena che mi ha lasciato da qualche mese nel vuoto più assoluto. Parigi è qui, ma io non lo so. Nam myōhō renge kyō, nam myōhō renge kyō, nam myōhō renge kyō…