POESIA
L’azzurro del Dharma
Lord Byron rinasce e s’affaccia sul mare, elegiaco guardare ferito con furia dalla schiuma di Liguria. Tra Lerici e Venere Porto, vaporoso richiamo sfibrato, sirena lontana, un cargo in singulto abbaia al nirvana. Or l’occhio s’è aperto, è il terzo. La luce del giorno si copre, si scopre? E’ vacua sul porto. Contorni sognanti, contorni sognati, di cose, di reti, di case, di tolde, le nasse, catene, le funi, le boe, lo sciabordio che muove lo scoglio, gli abissi e gli approdi profondi. Universi finiti, infiniti, le onde, i moli, le sponde, le pietre son mondi? Rispondi graffito Eliana ama Vito! Memoria conserva il granito? I profumi di fiori, di ruggine antica? Signora, mi dica, il sapore del pesto. Il pescatore rapito, turista informato, è solo un bel rito ormai snaturato, accigliato, avvilito? Bellezza danese, mi dica, che dico? Le rime salmastre qui sguscian di mano! Assonante canzone, mi sento un buffone. Il metrico estro non basta da solo a creare un poeta, né forse un atleta del verso, un esteta o un asceta di seta. Pedestre, io scorro e ricopio il rimario: opulenta pendenza discende violenta, orchestra al tramonto, melodico incontro. Che fare? Che fare di questa bellezza sacrale? Da Venere Porto a Lerici Mare? Languore. Languore? Ho fame o mi struggo, ché ancora non so penetrare il colore? Azzurro predone. Azzurro predone, or che sei mio padrone, spiegami come comunicare questo rapido trascolorare! Ma l’occhio s’è aperto, è il terzo. Non devi far altro che andare salir sul vascello, mollare l’ormeggio, il timone orientare, poi prendere il largo e nel ciel naufragare. Se il soffio agonizza, con lena remare! Se il Dio compare, la vela levare, nel vento e nel sale salpare e attraccare, di visione in visione, restar senza nome. |