CROCIERA A SORPRESA
Il grande autore televisivo di programmi comici demenziali, era di riposo nella sua misera cabina di prima classe, dopo una faticosissima insolazione, guadagnata in piscina. L'ancora stava per toccare il fondale di un porto del Mediterraneo. Diciannove, esatte: l'ultima tappa della crociera, dopo lo scalo obbligato.
“Cavolo, sto diventando un onanista incallito… povero me, che pancia!” pensò. “Voglio mettermi a dieta, comprare un elettro stimolatore, affittare un personal trainer, andare a ballare ogni sera… idea! In palestra nella pausa pranzo!” Stava sudando molto. Digrignava i denti come un automa quarantenne poco oliato. |
Era veramente in crisi, ma riuscì a contenere una folle smania iconoclasta che stava per armare la sua mano contro il grande specchio di cristallo. Cercò di calmarsi: “Ecco, basta togliere sta specchiera piazzata proprio davanti al cesso. Una volta mi eccitava, l’anno scorso ne ho usata una simile per accoppiarmi con Giuliana, seduti sulla tavoletta, che sì e spaccata in due proprio a metà... lasciamo perdere. Adesso lo trovo volgare… che imbarazzo giustificare la rottura con la direzione della nave.
Io detesto le crociere e le avventure estive, odio proprio le vacanze, preferisco passarle nella metropolitana di Milano, seduto sulle panche di marmo a guardare la gente. Con un solo biglietto, divertimento assicurato per ore. Comunque, quello lì, lo specchio, non ha pietà. Riflette le mie immoralità fisiche e morali, senza lasciarmi la minima possibilità di scampo.
Non devo farmi prendere dall’angoscia. C’è la ritidectomia, il vero toccasana che tira su quel che cade giù. E’ un lavoretto rapido e indolore, tranne che per le tasche: s’è mai vista una contadina abruzzese che spende 10.000 Euro per gonfiarsi le labbra invece di cambiare il trattore? S’è mai visto un autore televisivo avaro che spende di suo? Eppure il lifting è tutto: progressivo, liberale, rivoluzionario, lo utilizzano uomini e donne, d’ogni tendenza politica ed estetica. Sembra proprio che per apprezzare la civiltà occidentale occorra una cosa sola: miopia. Terminato il vecchio millennio, nella volata che ci conduce all’estremo promontorio dei secoli, in vista dell’Apocalisse ecologica e spirituale, le maggiorate continuano ad esplodere come le guerre per il petrolio.
Tutti vogliono apparire in TV per imitare i santi che appaiono ai pastorelli, e io mi faccio i soldi alle loro spalle. Direi che soffrono di sindrome da obnubilamento, l’essere diversi a tutti i costi e completamente identici agli altri. Uomini, il cui modello estetico culturale è la soubrette del sabato sera, o meglio il suo fondo schiena. Donne, che parlano troppo in ufficio e tacciono in casa, passando da un reality show ad un dibattito inutile sul tradimento, mentre imparano a cucinare la polenta con gli amaretti di Saronno.
Ultimamente non è più di moda il sex-appeal della cultura ma la prosa del sederino alto. I fianchi stretti e le poppe smilze o prorompenti, spopolano negli infiniti, ma finitissimi e noiosi, universi dell’immaginario collettivo.
La dittatura dell’immagine lascia immaginare e cancella ogni desiderio di fare. Noi si guarda e se sì tocca l’amante, la fidanzata, la moglie, (cioè quella sconosciuta, seduta sul divano accanto a noi)… le palpebre si chiudono. Eppure l’occhio vuole la sua parte… d’impotenza, da poter esibire in società, alla cene, ai cocktail… il denaro e il cibo sono tutta un’altra cosa, danno soddisfazione! Sano desiderio di possesso. Diritto acquisito per i più astuti, come me!
Appena messo piede a terra, un bisogno impellente si fece strada, tra i fumi della rabbia, era un’eco che rimbalzava nei meandri della sua mente: “Pasticceria! Pasticceria!” Oh, luogo di perdizione, dove si fabbricano e si vendono dolciumi e gelati, complice dei dietologi, che grazie a te pagano le rate di mutui e leasing!
Entrò nel paradiso degli zuccheri più vicino, deciso a soddisfare il desiderio e lei era lì.
Il gelataio, molto intuitivo, capì subito che quel cliente non era arabo e gli chiese in italiano: "Che gusti?"
Rispose d'istinto: "Mora, con gli occhi azzurri."
"Abbiamo solo il lampone, ma è cieco."
"Va bene lo stesso", concluse.
Leccando un gelato disabile la guardò, lei contraccambiò, così lui la riguardò, e lei sorrise. Non era bellissima ma faceva tipo, anzi, pareva pronta a farsi ogni tipo. L'erotismo le colava da tutti i pori. Il suo volto era incorniciato da lunghi capelli neri, ricci e selvaggi. Due laghetti di un turchese rilassante brillavano su una pelle ambrata, color Sahara al tramonto. Non poteva essere un articolo Made in Italy: alla quarta occhiata era certo che fosse svedese, islandese o lituana. Scherzando, le disse a viso aperto: “Mi piaci, pupa”. Lei rise di gusto, ma certo, non capiva, infatti, rispose: "Sono d'accordo, anch’io mi piaccio. Mi corteggiano tutti!"
Non era straniera. Il grande autore televisivo si sentì morire in italiano. Per giustificarsi riprese: "Scusa se ho ferito i tuoi sentimenti."
"I sentimenti, che valore hanno se non puoi neanche metterli in banca? Facciamo due passi?”
Titubante come un ragazzino al suo primo appuntamento, sbadigliò e rispose “Dove?”
“Non ho mai visto un tramonto così bello. Ho la pelle che è un fremito equatoriale”, mormorò lei, “che caldo, posso dare una leccatina al tuo cono gelato?” Lo prese sotto braccio, per rimorchiarlo fuori.
“La crema è ottima sai. Tieni, se no te lo mangio tutto”, gli restituì il cono e continuò, “facciamo un bel giro su una decappottabile di classe... panorami, tramonto, vento nei capelli... mi tieni compagnia?" concluse scintillando.
“Io non ho l’auto”, rispose lui, sintetico.
“Non ti preoccupare, noleggiano favolosi cabriolet, sulla piazzetta, a cento metri da qui.”
Lui alzò gli occhi e vide il tramonto. Per la prima volta si chiese se il sole immergendosi nel mare, potesse incendiarlo, o le acque spegnere per sempre quella luce.
Lo guardò, interdetta. “Stai bene? Come ti chiami?”
“Una domanda per volta, grazie.” Educato ma spilorcio, anche nel conversare.
Lei non mollava: "Ehi, tipo, hai sentito?! Ho deciso che mi vai a genio. Sei fortunato: la salsedine nei capelli, boschetti, prati; questa sera avremo milioni di stelle e la luna piena tutta per noi.”
Ridacchiò divertita, saltellando come una bambina vogliosa di ficcare le dita nella marmellata.
Nello stomaco dell’uomo, invece, stava crescendo un terrore simile alle profondità più buie e remote dell’Atlantico. Un devastante attacco d’impotenza e d’avarizia. Si sedette su un gradino, mentre lei lo fissava amareggiata dall’alto: un metro e settantacinque, senza tacchi. Sembrava inchiodata al selciato: braccia incrociate, gambe divaricate, ben tornite, slanciate, perfette. Il vento le sollevò la gonna, definendo meglio l’imponente scenario.
Lui sospirò: "Mi spiace non posso accettare, devo tornare a bordo”, e pensò, ”voglio fare economia! Sai quanto ci vuole per noleggiare una Porsche... con quello che mi costa la crociera?!”
La ragazza iniziò a sbraitare e a battere i piedi, stizzita: “Ma guarda sto stronzo, impotente, trippone!”
Si allontanò imperiosa a passo dispotico, urlando come un carro armato all’attacco: “Ma va in palestra, palla di lardo! Cornuto!”
Il grande autore televisivo di programmi comici demenziali, che doveva dimagrire, rimuginò. “Voleva fregarmi; è sicuramente una squillo da guinness dei primati: ste scimmie che appena discese dagli alberi vogliono salire sulle macchine più potenti, per infrangere ogni limite di velocità! Vogliono le sensazioni forti, per dimenticare le abitudini e le frustrazioni. Ci pensi un altro a drogarla e ad ubriacarla il sabato notte. Forse… non è una puttana, però non posso fare l’amore con chi si offre al primo venuto! E se mi ruba il portafogli? Ho un’etica, io!”
Si alzò dal gradino, con il fondo schiena intorpidito, deciso a ritornare nella sua misera cabina di prima classe. Prese la via del molo.
Dopo pochi minuti sentì il ruggito forsennato di un motore: si voltò rapido, appena in tempo per scansare l’investimento.
La Porsche si fermò a pochi metri. Una frenata da manuale, completa di stridore pneumatico. La ragazza si alzò in piedi e rise a crepapelle, con i gomiti poggiati sulla capotta: “Dai, pacioccone, monta su che pago io, avaraccio!”
Fremito equatoriale non gli negò nulla: sotto un manto di stelle assaggiò più volte il suo cono gelato, per rinfrescarsi dall’arsura. Lui usò argomenti più che penetranti per comunicare, dimenticando l’avarizia per qualche ora. L’alba li colse esausti.
Il corpo appagato della donna giaceva sul sedile ribaltato dell’auto. L'erotismo era ormai colato tutto, non tralasciando neppure uno dei suoi pori.
Il grande autore televisivo si svegliò e un po’ sorrise. Dietro alle palpebre chiuse dell’amante, intuì lo sciabordio di calme acque turchesi. Le accarezzò le lunghe gambe abbronzate, color Sahara all’alba.
Sospirò, aprì lo sportello della Porche senza fare rumore, per non svegliarla.
"Mi dispiace, devo andare, il mio posto è là…” sussurrò, dispiacendosi di non avere i miliardi dei Pooh.
”Che notte, ragazzi! Si torna in pista, stavo diventando un onanista incallito. Ho ancora qualche cartuccia da sparare.”
Il lungo mare era deserto. Gettò tra le onde il borsellino della ragazza: carta d’identità, patente, passaporto, bancomat, foto varie e la tessera di una discoteca… non sapeva che cosa farsene di quella roba! Milletrecentosettantadue euro in contanti e una carta di credito potevano invece fargli comodo.
“Io l’ho fatta godere un casino, anche se quella troia stamattina mi ha insultato: ma va in palestra, palla di lardo! Cornuto! A me! Io non dimentico, così impara a fare l’amore con gli sconosciuti! Le ho rubato il portafogli? Certo, ho un’etica, io. Devo fare economia, con quello che mi costa la crociera!”
Io detesto le crociere e le avventure estive, odio proprio le vacanze, preferisco passarle nella metropolitana di Milano, seduto sulle panche di marmo a guardare la gente. Con un solo biglietto, divertimento assicurato per ore. Comunque, quello lì, lo specchio, non ha pietà. Riflette le mie immoralità fisiche e morali, senza lasciarmi la minima possibilità di scampo.
Non devo farmi prendere dall’angoscia. C’è la ritidectomia, il vero toccasana che tira su quel che cade giù. E’ un lavoretto rapido e indolore, tranne che per le tasche: s’è mai vista una contadina abruzzese che spende 10.000 Euro per gonfiarsi le labbra invece di cambiare il trattore? S’è mai visto un autore televisivo avaro che spende di suo? Eppure il lifting è tutto: progressivo, liberale, rivoluzionario, lo utilizzano uomini e donne, d’ogni tendenza politica ed estetica. Sembra proprio che per apprezzare la civiltà occidentale occorra una cosa sola: miopia. Terminato il vecchio millennio, nella volata che ci conduce all’estremo promontorio dei secoli, in vista dell’Apocalisse ecologica e spirituale, le maggiorate continuano ad esplodere come le guerre per il petrolio.
Tutti vogliono apparire in TV per imitare i santi che appaiono ai pastorelli, e io mi faccio i soldi alle loro spalle. Direi che soffrono di sindrome da obnubilamento, l’essere diversi a tutti i costi e completamente identici agli altri. Uomini, il cui modello estetico culturale è la soubrette del sabato sera, o meglio il suo fondo schiena. Donne, che parlano troppo in ufficio e tacciono in casa, passando da un reality show ad un dibattito inutile sul tradimento, mentre imparano a cucinare la polenta con gli amaretti di Saronno.
Ultimamente non è più di moda il sex-appeal della cultura ma la prosa del sederino alto. I fianchi stretti e le poppe smilze o prorompenti, spopolano negli infiniti, ma finitissimi e noiosi, universi dell’immaginario collettivo.
La dittatura dell’immagine lascia immaginare e cancella ogni desiderio di fare. Noi si guarda e se sì tocca l’amante, la fidanzata, la moglie, (cioè quella sconosciuta, seduta sul divano accanto a noi)… le palpebre si chiudono. Eppure l’occhio vuole la sua parte… d’impotenza, da poter esibire in società, alla cene, ai cocktail… il denaro e il cibo sono tutta un’altra cosa, danno soddisfazione! Sano desiderio di possesso. Diritto acquisito per i più astuti, come me!
Appena messo piede a terra, un bisogno impellente si fece strada, tra i fumi della rabbia, era un’eco che rimbalzava nei meandri della sua mente: “Pasticceria! Pasticceria!” Oh, luogo di perdizione, dove si fabbricano e si vendono dolciumi e gelati, complice dei dietologi, che grazie a te pagano le rate di mutui e leasing!
Entrò nel paradiso degli zuccheri più vicino, deciso a soddisfare il desiderio e lei era lì.
Il gelataio, molto intuitivo, capì subito che quel cliente non era arabo e gli chiese in italiano: "Che gusti?"
Rispose d'istinto: "Mora, con gli occhi azzurri."
"Abbiamo solo il lampone, ma è cieco."
"Va bene lo stesso", concluse.
Leccando un gelato disabile la guardò, lei contraccambiò, così lui la riguardò, e lei sorrise. Non era bellissima ma faceva tipo, anzi, pareva pronta a farsi ogni tipo. L'erotismo le colava da tutti i pori. Il suo volto era incorniciato da lunghi capelli neri, ricci e selvaggi. Due laghetti di un turchese rilassante brillavano su una pelle ambrata, color Sahara al tramonto. Non poteva essere un articolo Made in Italy: alla quarta occhiata era certo che fosse svedese, islandese o lituana. Scherzando, le disse a viso aperto: “Mi piaci, pupa”. Lei rise di gusto, ma certo, non capiva, infatti, rispose: "Sono d'accordo, anch’io mi piaccio. Mi corteggiano tutti!"
Non era straniera. Il grande autore televisivo si sentì morire in italiano. Per giustificarsi riprese: "Scusa se ho ferito i tuoi sentimenti."
"I sentimenti, che valore hanno se non puoi neanche metterli in banca? Facciamo due passi?”
Titubante come un ragazzino al suo primo appuntamento, sbadigliò e rispose “Dove?”
“Non ho mai visto un tramonto così bello. Ho la pelle che è un fremito equatoriale”, mormorò lei, “che caldo, posso dare una leccatina al tuo cono gelato?” Lo prese sotto braccio, per rimorchiarlo fuori.
“La crema è ottima sai. Tieni, se no te lo mangio tutto”, gli restituì il cono e continuò, “facciamo un bel giro su una decappottabile di classe... panorami, tramonto, vento nei capelli... mi tieni compagnia?" concluse scintillando.
“Io non ho l’auto”, rispose lui, sintetico.
“Non ti preoccupare, noleggiano favolosi cabriolet, sulla piazzetta, a cento metri da qui.”
Lui alzò gli occhi e vide il tramonto. Per la prima volta si chiese se il sole immergendosi nel mare, potesse incendiarlo, o le acque spegnere per sempre quella luce.
Lo guardò, interdetta. “Stai bene? Come ti chiami?”
“Una domanda per volta, grazie.” Educato ma spilorcio, anche nel conversare.
Lei non mollava: "Ehi, tipo, hai sentito?! Ho deciso che mi vai a genio. Sei fortunato: la salsedine nei capelli, boschetti, prati; questa sera avremo milioni di stelle e la luna piena tutta per noi.”
Ridacchiò divertita, saltellando come una bambina vogliosa di ficcare le dita nella marmellata.
Nello stomaco dell’uomo, invece, stava crescendo un terrore simile alle profondità più buie e remote dell’Atlantico. Un devastante attacco d’impotenza e d’avarizia. Si sedette su un gradino, mentre lei lo fissava amareggiata dall’alto: un metro e settantacinque, senza tacchi. Sembrava inchiodata al selciato: braccia incrociate, gambe divaricate, ben tornite, slanciate, perfette. Il vento le sollevò la gonna, definendo meglio l’imponente scenario.
Lui sospirò: "Mi spiace non posso accettare, devo tornare a bordo”, e pensò, ”voglio fare economia! Sai quanto ci vuole per noleggiare una Porsche... con quello che mi costa la crociera?!”
La ragazza iniziò a sbraitare e a battere i piedi, stizzita: “Ma guarda sto stronzo, impotente, trippone!”
Si allontanò imperiosa a passo dispotico, urlando come un carro armato all’attacco: “Ma va in palestra, palla di lardo! Cornuto!”
Il grande autore televisivo di programmi comici demenziali, che doveva dimagrire, rimuginò. “Voleva fregarmi; è sicuramente una squillo da guinness dei primati: ste scimmie che appena discese dagli alberi vogliono salire sulle macchine più potenti, per infrangere ogni limite di velocità! Vogliono le sensazioni forti, per dimenticare le abitudini e le frustrazioni. Ci pensi un altro a drogarla e ad ubriacarla il sabato notte. Forse… non è una puttana, però non posso fare l’amore con chi si offre al primo venuto! E se mi ruba il portafogli? Ho un’etica, io!”
Si alzò dal gradino, con il fondo schiena intorpidito, deciso a ritornare nella sua misera cabina di prima classe. Prese la via del molo.
Dopo pochi minuti sentì il ruggito forsennato di un motore: si voltò rapido, appena in tempo per scansare l’investimento.
La Porsche si fermò a pochi metri. Una frenata da manuale, completa di stridore pneumatico. La ragazza si alzò in piedi e rise a crepapelle, con i gomiti poggiati sulla capotta: “Dai, pacioccone, monta su che pago io, avaraccio!”
Fremito equatoriale non gli negò nulla: sotto un manto di stelle assaggiò più volte il suo cono gelato, per rinfrescarsi dall’arsura. Lui usò argomenti più che penetranti per comunicare, dimenticando l’avarizia per qualche ora. L’alba li colse esausti.
Il corpo appagato della donna giaceva sul sedile ribaltato dell’auto. L'erotismo era ormai colato tutto, non tralasciando neppure uno dei suoi pori.
Il grande autore televisivo si svegliò e un po’ sorrise. Dietro alle palpebre chiuse dell’amante, intuì lo sciabordio di calme acque turchesi. Le accarezzò le lunghe gambe abbronzate, color Sahara all’alba.
Sospirò, aprì lo sportello della Porche senza fare rumore, per non svegliarla.
"Mi dispiace, devo andare, il mio posto è là…” sussurrò, dispiacendosi di non avere i miliardi dei Pooh.
”Che notte, ragazzi! Si torna in pista, stavo diventando un onanista incallito. Ho ancora qualche cartuccia da sparare.”
Il lungo mare era deserto. Gettò tra le onde il borsellino della ragazza: carta d’identità, patente, passaporto, bancomat, foto varie e la tessera di una discoteca… non sapeva che cosa farsene di quella roba! Milletrecentosettantadue euro in contanti e una carta di credito potevano invece fargli comodo.
“Io l’ho fatta godere un casino, anche se quella troia stamattina mi ha insultato: ma va in palestra, palla di lardo! Cornuto! A me! Io non dimentico, così impara a fare l’amore con gli sconosciuti! Le ho rubato il portafogli? Certo, ho un’etica, io. Devo fare economia, con quello che mi costa la crociera!”