Sera felice
Vidi in un sogno, molti anni fa, una piccola figura incipriata, non potrei dirvi com’era, muta passava, tornava, era sola, forse respirava ancora. Quella visione mi mosse a pietà, perché nulla poteva nell’oscurità. Tutto avveniva nei giorni miei erranti, quando frasi e aggettivi sembravano importanti.
Camera da letto di una tipica casa di periferia, grande città italiana, quartiere residenziale. Negli appartamenti della gente per bene, il sabato sera, c’è molta noia che combatte disperatamente col trepidante desiderio di vivere una… sera felice. |
“Rinaldo è tardi! Se non ci sbrighiamo arriviamo che lo spettacolo è iniziato.”
“Silvia sei sempre la solita! Non è colpa mia se la babysitter non arriva, e poi sta smania di uscire a tutti i costi, due o tre volte la settimana, proprio non la digerisco. Sarei un po’ stanco.”
“Ci tenevi tanto a vedere il festival del teatro transcibernetico…” Silvia e Rinaldo Adani: una coppia nervosa ma felicemente sposata da tre anni. Lui ha un buon posto da dirigente in banca, lei cura le pubbliche relazioni di un'importante ditta d’import-export. Un’agiata, banale, famiglia, in lotta per conservare un tenore di vita alto, più alto, invidiabile.
“Caro, guarda che se non avessi comprato i biglietti da una settimana, ti giuro che me ne starei a volentieri a casa a sorvegliare la tele… ciao piccolino di mamma…”
“Ssst, Silvia, parla piano. E’ un miracolo che dorme così bene.”
“Suonano alla porta.”
“Finalmente, la bambinaia.”
“Buona sera, piacere, Amanda Sarti.”
“Si accomodi, però, cara signorina, farebbe bene a prendere lezioni di puntualità.”
“Mi spiace molto, arrivo dall’altra parte della città, il bus ci ha messo quasi un’ora… buona sera, signor Adani…”
“Okay, sera, andiamo Silvia?!”
“Senta… il bambino dorme nella stanza in fondo al corridoio, se dovesse svegliarsi, in bagno troverà i pannolini, i detergenti e gli indumenti puliti. Non dovrebbe avere fame, perché ha già fatto la pappa, in ogni caso le ho lasciato il latte in polvere e il biberon sulla credenza, in cucina.”
“Ho capito.”
“Bene, arrivederci, torneremo tardi, dopo andiamo a cena. Intesi?”
“Va bene, facciano con comodo. Come si chiama il piccolo?”
“Paolo, Paolo, si chiama Paolo, andiamo Silvia?!”, il signor Adani sta per avere un crisi di nervi, mentre divora il suo cronografo da polso con gli occhi.
Escono, ma che maniere questo Adani, berrà troppi caffé, non è il modo di sbattere la porta! Nonostante tutto la ragazza sorride, c’è una strana espressione sul suo volto. Non riesco ad immaginare qualcosa di più enigmatico e divertito. Della vita ci illudiamo di sapere quasi tutto, ma quando scende la notte i pensieri più atroci possono diventare dolci e pepati come lo zenzero, risvegliati da un odore, da un rumore, da una sensazione maligna di potere assoluto, che la sorte ci ha permesso di esercitare sui più deboli. Il male ci accompagna passo dopo passo, ci affianca sotto l’accecante luce del giorno, si aggira senza timore nelle strade, nelle auto, nelle case, spia il nostro sonno, si incunea fra le pieghe del sogno, si posa sui nostri volti contratti dalla fatica, recita la parte del lenitore, ci fa trasalire e sprofondare in sonni comatosi, in attesa di impadronirsi della mente buia per sferrare il colpo mortale al cuore, schiavizzandoci per sempre. Da lì all’eternità.
La ragazza esplora la casa, il frigorifero: “Porca zozza, che fame! Ma qui c’è solo l’eco, eco, eco… sti ricchi stanno peggio di me, sono sempre a dieta o mangiano pizza a domicilio ogni sera, ma chi se ne frega… pronto, sei tu?! Era ora. Si sono usciti, ti aspetto, ma cerca di non farti notare e muo-vi-ti, testa di legno, che ho una fame mostruosa! Ciao bestia… speriamo che si sbrighi, quella il fuoco al culo non l’ha mai avuto, mettiamo su un po’ di musica, vediamo… Dalla, Vecchioni, Mozart, Mina, Debussy, Armstrong, Coltrane, Fortis, Elisa, Mannoia, Ruggeri, Respighi?! Bleah che accozzaglia mi viene il voltastomaco, non c’è un cavolo, che ne so… un bel Marylin Manson prima maniera… va beh, spariamoci Les Préludes di Listz.”
Trasferta nella macchina degli Adani. Forse ce la fanno. “Dai Rinaldo, posteggia sul marciapiede, speriamo di non perdere l’inizio.”
“Sì amore, sbrighiamoci, cacchio, non ho messo l’antifurto.”
“Non vorrai tornare indietro?! Corri, corri, il foyer è deserto non ci fanno più entrare.”
“Figurati… buona sera, lo spettacolo è iniziato?”
“Mancano pochi minuti, si accomodino… i biglietti?”
Il campanello della porta di casa Adani trilla con insistenza. Les Préludes continuano a girare sulla piastra del giradischi. “Arrivo, arrivo, non sono mica sorda! Entra, brutta fetente, entra che mi sto sollazzando i timpani con un sound nazi-orgasmico.”
“Cosa?”
“Listz, scema!”
“Mi chiamo Etta, non scema. Stai diventando troppo aggressiva, capo. E il bambino?”
“Dorme. Non sono andata in camera da letto. Ho lo stomaco che sta per dare l’assalto al Palazzo d’Inverno.”
“Rivoluzione bolscevica?”
“Subbuglio anarchico di succhi gastrici.”
“Sei una cozza e non ti preoccupi minimamente dei dettagli estetici. Voglio vedere il lillipuziano.”
”Lascia stare la filosofia, che fra un buco allo stomaco e un buco dove dico io, quel frocio mi ha stroncato per la terza volta all’esame d’estetica moderna. Hai incontrato qualcuno salendo?”
“No, non mi sembra… a che ora tornano?”
“Alle due, alle tre… che mi frega, tardi comunque. Abbiamo tutto il tempo di mangiare. Vieni.”
“Eh, se scricchiola sto pavimento, accendi la luce, Amanda, non si vede un cavolo.”
“Fatto… ma guardalo che amore, il nostro agnellino, tenero, tenero.”
”Senti come russa! E’ proprio un amore, che guance grassocce?!”
Gli applausi decrescono d’intensità e l’attrice può riprendere la battuta interrotta. “John Lennon era morto, ucciso da un essere spregevole. Un Killer venuto dalla Costellazione di Alpha Reticuli. Sting e Goldrake caddero in battaglia, lottando disperatamente per impedire la distruzione dei Grandi. Super Man fu dato per disperso, il giorno in cui una meteorite di kriptonite verde cadde su Parigi!” Il protagonista incalza. “E Strike, il Signore dei Cyber Mondi disse: “Sterminerò Titani e Super Eroi in un solo game, perché la malvagità degli uomini e dei replicanti s’è fatta troppo grande per meritarli! E il vostro mondo perirà con essi, compresa Las Vegas.” La giovane valchiria si fa epica.“Ma Fred Astaire e Ginger Rogers trovarono misericordia agli occhi di Dio…”
“E’ troppo assurdo, non resisto un secondo di più!”, sbotta Rinaldo.
Silvia, invece, sembra divertirsi. “Ehi, volevi distrarti, sei tu che mi hai scelto lo spettacolo, adesso te lo bevi tutto, non è male!”
“E’ una porcheria.” Silvia diventa carezzevole, prende la mano del marito: “Il teatro trans-cibernetico usa un linguaggio elettro-simbolico, psico-luminale, trans-strutturale…”
Una merda, pensa lui, per non dire... forse sta notte ci scappa del sesso, dopo un mese d’astinenza.
Il pubblico insorge, pretendendo il silenzio. Parla la regina olografica, avvolta in un lungo velo bianco, tessuto con fibre ottiche attraversate dalla luce. “Il Signore dei Trans Mondi parlò a Fred e lo esortò a costruire un’astronave di puro titanio cromato, dicendo: - Io polverizzerò il pianeta con ultra vibrazioni d’immagini e suoni!” Un sibilo acutissimo attraversa la scena mescolandosi a violenti giochi di luci multicolori.
“Amanda, porca mucca, abbassa quel coso! Non vedi che il forno ha superato i duecento gradi?!”
“Tranqui sfinzia, tranqui… ho fatto. C’è tutto: aglio, cipolline, rosmarino, origano…”
“Ce lo mettiamo un po’ di peperoncino?”
“E dai, sì… ma cosa fai lì mummizzata, srotola la cordicella.”
“Okay… ecco, lo senti? Con tutto il casino che fai s’è svegliato: come grida! Fai qualcosa, lo sai che non sopporto gli strilli dei baby!”
Amanda va e torna, rapida come una freccia di Robin Hood, Paolino in braccio. “Ciccio, hai visto che non siamo soli?! Saluta Etta, stai bravo… hai fame? Etta, le hai portate le pasticche da sciogliere nel latte?” “Certo, come sempre, una caramellina piccinina picciò. Bel fagottino non piangere più, poppa, poppa, che adesso arriva la pappa buona anche per noi.”
“Sarà ottima, la mia amica è una cuoca perfetta, ma abbassa il fuoco, che quel sibilo mi fa andare via di testa.”
Il suono decresce e l’interprete può concludere: “Fred, Ginger ed il loro figlioletto Woody Allen si misero in salvo sull’astronave di solido titanio, navigando per gli spazi infiniti, alla ricerca di una nuova patria".
Non si può dire che il pubblico si conceda molto. Applausi zero, fischi deboli, vacui, annoiati. Fine primo tempo, la gente non capisce niente, ecco la verità.
“Silvia, in vita mia non ho mai visto una porcheria più schifosa. Senti, andiamo a bere qualcosa, andiamo al cinema, andiamo dove vuoi, ma andiamocene!”
”E’ tutta colpa di tua madre, ti ha educato in modo osceno. Non sopporti la diversità, sei razzista, intollerante e presuntuoso, sei il classico so tutto io.”
“E aggiungi anche fascista, perché me ne torno a casa. Tu fai un po’ il cacchio che vuoi, tanto i soldi per il taxi ce l’hai.”
La notte è posseduta da un turbine di neri incanti. Nuvole dense e minacciose coprono la pallida falce della luna calante. Il cielo lampeggia furiosamente, mentre la pioggia tagliente inizia a cadere, dilaniando le strade. Gli alberi ondeggiano, frustati dal vento.
“Il baby si è addormentato.” “Amanda… ho paura, guarda che lampi pazzeschi?!”
“Non ti preoccupare, lo sai che sei scema. Di cosa hai paura?”
“Hai ragione.”
“Certo che ho ragione, e questo è un bel pollastro, vero? Voglio che rosoli in modo uniforme. Verrà croccante… che ore sono?”
“Le dieci e cinque… senti come tuona, aah! Aaah!”
Il martellamento dei numi scatenati si confonde con il rombo della macchina in corsa.
“Che tempo di merda, ma non finisce così, questa me la lego al dito, te la faccio pagare Rinaldo!” “Torniamo a casa, tanto la serata è andata. Scommetto che hai le tue cose e ti sta venendo il mal di testa. Sei fuori, cosa fai?! Lascia andare il pedale dell’acceleratore, mi fai male al piede con quel tacco a spillo! Con sta pioggia andiamo a sfracellarci contro un muro!!”
“Accelera, accelera, ho uno strano presentimento, il bambino è in pericolo.”
“Ma smettila, la babysitter mi sembrava una ragazzina a modo. Sei pazza.”
E’ vero, sono delle brave figliole, hanno solo fame.
“Amanda, è pronto per l’infornata.”
“Imburro la teglia, o usiamo lo spiedo?”
“No! Lo spiedo no, non sopporto la vista del sangue!”
“Okay, okay, tranqui, allo spiedo o in padella, i bambini non sono cattivi, basta saperli cucinare.”
“Silvia sei sempre la solita! Non è colpa mia se la babysitter non arriva, e poi sta smania di uscire a tutti i costi, due o tre volte la settimana, proprio non la digerisco. Sarei un po’ stanco.”
“Ci tenevi tanto a vedere il festival del teatro transcibernetico…” Silvia e Rinaldo Adani: una coppia nervosa ma felicemente sposata da tre anni. Lui ha un buon posto da dirigente in banca, lei cura le pubbliche relazioni di un'importante ditta d’import-export. Un’agiata, banale, famiglia, in lotta per conservare un tenore di vita alto, più alto, invidiabile.
“Caro, guarda che se non avessi comprato i biglietti da una settimana, ti giuro che me ne starei a volentieri a casa a sorvegliare la tele… ciao piccolino di mamma…”
“Ssst, Silvia, parla piano. E’ un miracolo che dorme così bene.”
“Suonano alla porta.”
“Finalmente, la bambinaia.”
“Buona sera, piacere, Amanda Sarti.”
“Si accomodi, però, cara signorina, farebbe bene a prendere lezioni di puntualità.”
“Mi spiace molto, arrivo dall’altra parte della città, il bus ci ha messo quasi un’ora… buona sera, signor Adani…”
“Okay, sera, andiamo Silvia?!”
“Senta… il bambino dorme nella stanza in fondo al corridoio, se dovesse svegliarsi, in bagno troverà i pannolini, i detergenti e gli indumenti puliti. Non dovrebbe avere fame, perché ha già fatto la pappa, in ogni caso le ho lasciato il latte in polvere e il biberon sulla credenza, in cucina.”
“Ho capito.”
“Bene, arrivederci, torneremo tardi, dopo andiamo a cena. Intesi?”
“Va bene, facciano con comodo. Come si chiama il piccolo?”
“Paolo, Paolo, si chiama Paolo, andiamo Silvia?!”, il signor Adani sta per avere un crisi di nervi, mentre divora il suo cronografo da polso con gli occhi.
Escono, ma che maniere questo Adani, berrà troppi caffé, non è il modo di sbattere la porta! Nonostante tutto la ragazza sorride, c’è una strana espressione sul suo volto. Non riesco ad immaginare qualcosa di più enigmatico e divertito. Della vita ci illudiamo di sapere quasi tutto, ma quando scende la notte i pensieri più atroci possono diventare dolci e pepati come lo zenzero, risvegliati da un odore, da un rumore, da una sensazione maligna di potere assoluto, che la sorte ci ha permesso di esercitare sui più deboli. Il male ci accompagna passo dopo passo, ci affianca sotto l’accecante luce del giorno, si aggira senza timore nelle strade, nelle auto, nelle case, spia il nostro sonno, si incunea fra le pieghe del sogno, si posa sui nostri volti contratti dalla fatica, recita la parte del lenitore, ci fa trasalire e sprofondare in sonni comatosi, in attesa di impadronirsi della mente buia per sferrare il colpo mortale al cuore, schiavizzandoci per sempre. Da lì all’eternità.
La ragazza esplora la casa, il frigorifero: “Porca zozza, che fame! Ma qui c’è solo l’eco, eco, eco… sti ricchi stanno peggio di me, sono sempre a dieta o mangiano pizza a domicilio ogni sera, ma chi se ne frega… pronto, sei tu?! Era ora. Si sono usciti, ti aspetto, ma cerca di non farti notare e muo-vi-ti, testa di legno, che ho una fame mostruosa! Ciao bestia… speriamo che si sbrighi, quella il fuoco al culo non l’ha mai avuto, mettiamo su un po’ di musica, vediamo… Dalla, Vecchioni, Mozart, Mina, Debussy, Armstrong, Coltrane, Fortis, Elisa, Mannoia, Ruggeri, Respighi?! Bleah che accozzaglia mi viene il voltastomaco, non c’è un cavolo, che ne so… un bel Marylin Manson prima maniera… va beh, spariamoci Les Préludes di Listz.”
Trasferta nella macchina degli Adani. Forse ce la fanno. “Dai Rinaldo, posteggia sul marciapiede, speriamo di non perdere l’inizio.”
“Sì amore, sbrighiamoci, cacchio, non ho messo l’antifurto.”
“Non vorrai tornare indietro?! Corri, corri, il foyer è deserto non ci fanno più entrare.”
“Figurati… buona sera, lo spettacolo è iniziato?”
“Mancano pochi minuti, si accomodino… i biglietti?”
Il campanello della porta di casa Adani trilla con insistenza. Les Préludes continuano a girare sulla piastra del giradischi. “Arrivo, arrivo, non sono mica sorda! Entra, brutta fetente, entra che mi sto sollazzando i timpani con un sound nazi-orgasmico.”
“Cosa?”
“Listz, scema!”
“Mi chiamo Etta, non scema. Stai diventando troppo aggressiva, capo. E il bambino?”
“Dorme. Non sono andata in camera da letto. Ho lo stomaco che sta per dare l’assalto al Palazzo d’Inverno.”
“Rivoluzione bolscevica?”
“Subbuglio anarchico di succhi gastrici.”
“Sei una cozza e non ti preoccupi minimamente dei dettagli estetici. Voglio vedere il lillipuziano.”
”Lascia stare la filosofia, che fra un buco allo stomaco e un buco dove dico io, quel frocio mi ha stroncato per la terza volta all’esame d’estetica moderna. Hai incontrato qualcuno salendo?”
“No, non mi sembra… a che ora tornano?”
“Alle due, alle tre… che mi frega, tardi comunque. Abbiamo tutto il tempo di mangiare. Vieni.”
“Eh, se scricchiola sto pavimento, accendi la luce, Amanda, non si vede un cavolo.”
“Fatto… ma guardalo che amore, il nostro agnellino, tenero, tenero.”
”Senti come russa! E’ proprio un amore, che guance grassocce?!”
Gli applausi decrescono d’intensità e l’attrice può riprendere la battuta interrotta. “John Lennon era morto, ucciso da un essere spregevole. Un Killer venuto dalla Costellazione di Alpha Reticuli. Sting e Goldrake caddero in battaglia, lottando disperatamente per impedire la distruzione dei Grandi. Super Man fu dato per disperso, il giorno in cui una meteorite di kriptonite verde cadde su Parigi!” Il protagonista incalza. “E Strike, il Signore dei Cyber Mondi disse: “Sterminerò Titani e Super Eroi in un solo game, perché la malvagità degli uomini e dei replicanti s’è fatta troppo grande per meritarli! E il vostro mondo perirà con essi, compresa Las Vegas.” La giovane valchiria si fa epica.“Ma Fred Astaire e Ginger Rogers trovarono misericordia agli occhi di Dio…”
“E’ troppo assurdo, non resisto un secondo di più!”, sbotta Rinaldo.
Silvia, invece, sembra divertirsi. “Ehi, volevi distrarti, sei tu che mi hai scelto lo spettacolo, adesso te lo bevi tutto, non è male!”
“E’ una porcheria.” Silvia diventa carezzevole, prende la mano del marito: “Il teatro trans-cibernetico usa un linguaggio elettro-simbolico, psico-luminale, trans-strutturale…”
Una merda, pensa lui, per non dire... forse sta notte ci scappa del sesso, dopo un mese d’astinenza.
Il pubblico insorge, pretendendo il silenzio. Parla la regina olografica, avvolta in un lungo velo bianco, tessuto con fibre ottiche attraversate dalla luce. “Il Signore dei Trans Mondi parlò a Fred e lo esortò a costruire un’astronave di puro titanio cromato, dicendo: - Io polverizzerò il pianeta con ultra vibrazioni d’immagini e suoni!” Un sibilo acutissimo attraversa la scena mescolandosi a violenti giochi di luci multicolori.
“Amanda, porca mucca, abbassa quel coso! Non vedi che il forno ha superato i duecento gradi?!”
“Tranqui sfinzia, tranqui… ho fatto. C’è tutto: aglio, cipolline, rosmarino, origano…”
“Ce lo mettiamo un po’ di peperoncino?”
“E dai, sì… ma cosa fai lì mummizzata, srotola la cordicella.”
“Okay… ecco, lo senti? Con tutto il casino che fai s’è svegliato: come grida! Fai qualcosa, lo sai che non sopporto gli strilli dei baby!”
Amanda va e torna, rapida come una freccia di Robin Hood, Paolino in braccio. “Ciccio, hai visto che non siamo soli?! Saluta Etta, stai bravo… hai fame? Etta, le hai portate le pasticche da sciogliere nel latte?” “Certo, come sempre, una caramellina piccinina picciò. Bel fagottino non piangere più, poppa, poppa, che adesso arriva la pappa buona anche per noi.”
“Sarà ottima, la mia amica è una cuoca perfetta, ma abbassa il fuoco, che quel sibilo mi fa andare via di testa.”
Il suono decresce e l’interprete può concludere: “Fred, Ginger ed il loro figlioletto Woody Allen si misero in salvo sull’astronave di solido titanio, navigando per gli spazi infiniti, alla ricerca di una nuova patria".
Non si può dire che il pubblico si conceda molto. Applausi zero, fischi deboli, vacui, annoiati. Fine primo tempo, la gente non capisce niente, ecco la verità.
“Silvia, in vita mia non ho mai visto una porcheria più schifosa. Senti, andiamo a bere qualcosa, andiamo al cinema, andiamo dove vuoi, ma andiamocene!”
”E’ tutta colpa di tua madre, ti ha educato in modo osceno. Non sopporti la diversità, sei razzista, intollerante e presuntuoso, sei il classico so tutto io.”
“E aggiungi anche fascista, perché me ne torno a casa. Tu fai un po’ il cacchio che vuoi, tanto i soldi per il taxi ce l’hai.”
La notte è posseduta da un turbine di neri incanti. Nuvole dense e minacciose coprono la pallida falce della luna calante. Il cielo lampeggia furiosamente, mentre la pioggia tagliente inizia a cadere, dilaniando le strade. Gli alberi ondeggiano, frustati dal vento.
“Il baby si è addormentato.” “Amanda… ho paura, guarda che lampi pazzeschi?!”
“Non ti preoccupare, lo sai che sei scema. Di cosa hai paura?”
“Hai ragione.”
“Certo che ho ragione, e questo è un bel pollastro, vero? Voglio che rosoli in modo uniforme. Verrà croccante… che ore sono?”
“Le dieci e cinque… senti come tuona, aah! Aaah!”
Il martellamento dei numi scatenati si confonde con il rombo della macchina in corsa.
“Che tempo di merda, ma non finisce così, questa me la lego al dito, te la faccio pagare Rinaldo!” “Torniamo a casa, tanto la serata è andata. Scommetto che hai le tue cose e ti sta venendo il mal di testa. Sei fuori, cosa fai?! Lascia andare il pedale dell’acceleratore, mi fai male al piede con quel tacco a spillo! Con sta pioggia andiamo a sfracellarci contro un muro!!”
“Accelera, accelera, ho uno strano presentimento, il bambino è in pericolo.”
“Ma smettila, la babysitter mi sembrava una ragazzina a modo. Sei pazza.”
E’ vero, sono delle brave figliole, hanno solo fame.
“Amanda, è pronto per l’infornata.”
“Imburro la teglia, o usiamo lo spiedo?”
“No! Lo spiedo no, non sopporto la vista del sangue!”
“Okay, okay, tranqui, allo spiedo o in padella, i bambini non sono cattivi, basta saperli cucinare.”