PUPPO IL VAMPIRO
Fin dai primi anni dell mille e ottocento, a Torino risiedevano e operavano i migliori medici della penisola. All’epoca i salassi erano considerati una panacea per molti mali incurabili.
Tra le varie tecniche mediche, spesso cruente e pericolose, per cavar sangue ai pazienti, c’era quella di affidare alle sanguisughe il compito di succhiatrici. Lungo il Po, stuoli di ragazzini arrotondavano il loro magro vivere raccogliendo sanguisughe per rivenderle per pochi soldi a farmacisti e medici. Bastava immergere i piedi e parte dei polpacci in zone paludose lungo gli argini per diventare preda dei vampiri d’acqua dolce. |
Era un lavoro faticoso e debilitante, eppur necessario alla sopravvivenza, sia per quelli che donavano il sangue per catturare i famelici vermi, sia per coloro che dovevano sottoporsi a salassi per scongiurare malattie e morte. Torino era anche il crocevia di persone oscure, legate al male, adoratrici di Satana. Donne e uomini assetati di sangue, che grazie al favore delle tenebre diventavano bestie feroci, trasformandosi in belve orripilanti. Con l'avvento del plenilunio mutavano il loro aspetto fisico, diventando pipistrelli, lupi mannari ed arpie.
In una notte estiva del 1863, il più temuto di tali assassini fu catturato e messo in quarantena presso l’Ospedale Maggiore della città. Era un omone di 180 chili, per un’altezza che superava i due metri. Elegante, raffinato, ricercato nel vestire, sfoggiava una lunghissima barba sempre curata e profumata.
Fu proprio in quella occasione che un noto luminare astigiano, intimo amico di Cesare Lombroso, il Professor Elmidio Pautasso, pensò di impiegare l’uomo vampiro per sostituire le obsoloete attrezzature e le sanguisuge, al fine di salassare rapidamente i suoi pazienti.
Poiché lo scellerato avrebbe meritato l’ergastolo per gli efferati crimini commessi, il lungimirante sanitario concordò con giudici e polizia una pena alternativa: i servigi del mostro in cambio degli arresti domiciliari, presso un alloggio riservato, annesso alla caserma di San Salvario.
L’idea del medico ottenne un successo travolgente, stimolando l'imitazione da parte di molti suoi illustri colleghi, che affluivano con i loro malati anche dalle città delle regioni vicine, sin anche da Ventimiglia, Pavia, Busto Arsizio e Riva del Garda.
Ben presto la cittadinanza riconoscente iniziò a chiamarlo con il vezzeggiativo di "Puppo", egli, ormai sazio e pasciuto, s'era trasformato in un buon diavolo, amato da tutti, che lo consideravano un salvatore.
Quando Puppo morì, fu dchiarato il lutto cittadino. Ricordiamo, per onorare la cronaca, quanto riportava la Gazzetta dell’epoca: "Al momento del trapasso, l’illustre vampiro pesava ormai 299 chili ed aveva perso trenta centimetri in altezza, giacché il ventre gonfio di sangue non reggeva più altre fatiche d’aspirazione canina e il sovrappeso l’aveva compresso verso il basso. Senza contare l’insonnia ormai cronica: non c’era più giaciglio che potesse accoglierlo di notte senza spezzarsi."
Migliaia di persone parteciparono ai suoi funerali e nei giorni successivi, venditori ambulanti e ciarlatani, insieme alle pozioni miracolose per l'asma e la calvzie, smerciarono una gran quantità di pupazzetti effigianti il buon vampiro, adorato dai bambini.
La municipalità subalpina decise di rendere omaggio al servizio da lui reso alla scienza, collocando sulle facciate degli edifici del quartiere San Salvario, immagini di vampiri, pipistrelli, canini acuminati, teste d’aglio e sagome di bare.
In una notte estiva del 1863, il più temuto di tali assassini fu catturato e messo in quarantena presso l’Ospedale Maggiore della città. Era un omone di 180 chili, per un’altezza che superava i due metri. Elegante, raffinato, ricercato nel vestire, sfoggiava una lunghissima barba sempre curata e profumata.
Fu proprio in quella occasione che un noto luminare astigiano, intimo amico di Cesare Lombroso, il Professor Elmidio Pautasso, pensò di impiegare l’uomo vampiro per sostituire le obsoloete attrezzature e le sanguisuge, al fine di salassare rapidamente i suoi pazienti.
Poiché lo scellerato avrebbe meritato l’ergastolo per gli efferati crimini commessi, il lungimirante sanitario concordò con giudici e polizia una pena alternativa: i servigi del mostro in cambio degli arresti domiciliari, presso un alloggio riservato, annesso alla caserma di San Salvario.
L’idea del medico ottenne un successo travolgente, stimolando l'imitazione da parte di molti suoi illustri colleghi, che affluivano con i loro malati anche dalle città delle regioni vicine, sin anche da Ventimiglia, Pavia, Busto Arsizio e Riva del Garda.
Ben presto la cittadinanza riconoscente iniziò a chiamarlo con il vezzeggiativo di "Puppo", egli, ormai sazio e pasciuto, s'era trasformato in un buon diavolo, amato da tutti, che lo consideravano un salvatore.
Quando Puppo morì, fu dchiarato il lutto cittadino. Ricordiamo, per onorare la cronaca, quanto riportava la Gazzetta dell’epoca: "Al momento del trapasso, l’illustre vampiro pesava ormai 299 chili ed aveva perso trenta centimetri in altezza, giacché il ventre gonfio di sangue non reggeva più altre fatiche d’aspirazione canina e il sovrappeso l’aveva compresso verso il basso. Senza contare l’insonnia ormai cronica: non c’era più giaciglio che potesse accoglierlo di notte senza spezzarsi."
Migliaia di persone parteciparono ai suoi funerali e nei giorni successivi, venditori ambulanti e ciarlatani, insieme alle pozioni miracolose per l'asma e la calvzie, smerciarono una gran quantità di pupazzetti effigianti il buon vampiro, adorato dai bambini.
La municipalità subalpina decise di rendere omaggio al servizio da lui reso alla scienza, collocando sulle facciate degli edifici del quartiere San Salvario, immagini di vampiri, pipistrelli, canini acuminati, teste d’aglio e sagome di bare.