POESIA
Promessi Sposi
L’amore è passato, l’amplesso che viene appartiene a qualcuno che io non conosco. Il mio sé in cordoglio, proietta sul foglio le dolci promesse un dì sussurrate, ormai sconsacrate, gettate alle ortiche. Ma ecco il tuo viso, sorriso blasfemo dipinto, attesa di nulla beffarda, carezze di colpa posate sul capo frustato dall’ira del vento presente, che affonda la spira nel mio cuore dolente. E domani Ginevra divieni signora, eppur non ti chiedi perché l’innocenza da lune è svanita, perché queste dita non sono più unite e le bocche non cercan l’ardore, che spegne la sete del corpo, nei corpi che vivon stupore. L’altare ci attende: giammai saliremo le scale che Dio per noi ha preparate, ormai tu dirai che le fate sono morte o mai son vissute, or tu sei una donna in carriera di corsa al mattino e alla sera, tradito hai il tuo regno e lo sposo al prezzo di farti adorare da quello straniero infernale. Tu strega spietata autunnale, uccidi un folletto che prega, un orfano, elfo, bambino, nel bosco sfiorito e seccato, cosparso d’assenzio bruciato E nonno Merlino mi prende per mano, ninnino mio, ti porta il vento, ninnino mio ti culla il sole. Così, dolcemente si spegne, un uomo perdendo il suo trono. Diventa un fantasma di vita, con guance di vecchio poggiate sul seno del Vuoto, assopito, l’Artù coi suoi occhi di bruma, che invoca chiarore e fortuna. Oh Lògos! Ti prego, Signore, approdo dell’anime in fiore! Periglio nel desco ho trovato, il tuo sangue s’unisca al mio fiato! Lo credo, ed ecco compare, così mi conforta, divino, dicendo: Bambino, perdona, Bambina hai perduto, perdona. Stai buono, hai fallito, stai buono, e dormi il tuo sonno, amorino, che sta per venire il destino con l’arma tagliente del karma ancor nella roccia impigliata. |