SACCHETTI
Quante volte aveva percorso quell’autostrada che porta all’estrema periferia della Pianura Padana? Troppe. Ma ecco di nuovo il cartellone indicatore della tangenziale. Freddamente la informa dei percorsi d’accesso alle varie zone della città.
La nausea le annoda lo stomaco in una morsa di dolore, mentre la bocca ben modellata cede il passo al disgusto, piegandosi istintivamente in una smorfia grottesca. La sigaretta, privata d’ogni attenzione, brucia, si consuma nel posacenere, correndo verso una fine inutile. Ma la donna è troppo impegnata a tener saldamente ancorate le mani al volante per avvedersene. Detesto questo città, sembra un fantasma, ed è sempre la stessa |
storia da week-end. Ogni volta sembra cambiata, ogni volta mente spudoratamente. Non le piaceva tornare a Torino per il fine settimana, dopo cinque giorni di lavoro a Milano.
La notte muore. Le sagome degli pochi grattacieli macchiano di nero il livido orizzonte, si avvicinano velocemente, e un grande segnale si produce in un laconico BENVENUTI che lampeggia ad intermittenza, per alcuni secondi, trasformandosi poi nella corrispondente frase di cortesia in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo… effetto Olimpiadi.
“Io qui nella merda, da sabato a lunedì mattina, e lui sempre in giro a fare affari, dice.” La coppia scoppia.
“Lui scompare. Va ad un corso d’aggiornamento a Bolzano… se ne sta in giro sei giorni. Però, anche se mi fa incazzare a manetta, c’ha ragione: un giorno tornerà a casa con un pacco di milioni di euro, meglio dollari, almeno spero.
E siamo di nuovi qui, merda. Adesso, sono sicura, che appena metto piede in cucina… i mostri! Quelle maledette buste di plastica che ci contaminano la casa! Chissà perché quando cerco di mettere ordine nel ripostiglio mi lascio prendere dal panico?”
Manuela sente le gambe esaurirsi in fremiti oscillanti e il cranio screpolarsi dal dolore. Il vestito a tubino grigio perla e gli stivali hanno ceduto il posto ad una tuta felpata. Il suo viso pallido e scavato, incornicia due occhi azzurri, lucidi, tristi, rabbiosi. Colpa del nottambulismo meneghino, unica salvezza per le impiegate frustrate. Cocktail, dance, un crackino e poi fetish clubbing nei più torbidi laboratori di creatività anatomica, al buio, si scambia. C’è sempre un collega compiacente che accetta la recita del fidanzamento. Poi, verso le tre arriva il sabato e si deve tornare a casa. Fantastica, normalissima giornata in Via Saverio Mercadante, palazzone borghese anni ’70, d’ordinanza, come i due bambini che corrono, riconsegnati puntualmente alle 9 dalla nonna.
Mercato, sonno maledetto, bucato, sbadigli, un caffé dopo l’altro, anche freddo, quello rimasto sul fondo della caffettiera da qualche ora. Riparare i disastri operati dalla colf e affrontare i fenomeni abnormi. Bastardissimi sacchetti di plastica, invasori dello spazio, alieni schifosi! Dovrei farli fuori, rinunciare. Il ripostiglio è un luogo di perdizione, di paura! Quasi che questo disordine fosse la metafora della mia babilonia interiore.
Lui invece sta lì tranquillo nel suo ufficio con gli occhi sbarrati ad ammirare calendari zeppi di sporcaccione arriviste, con le tette al vento e le fiche al sole! Scommetto che appena resta solo si masturba come un maiale e a me non pensa neanche di striscio, soltanto il foglio di carta, che dovrebbe riempire d’idee, resta vergine, immacolato, puro come Santa Maria Goretti. Chissà se ho fatto bene a sposarlo? Tre anni, sono solo tre anni e sembra passata un’era geologica. Eppure… era così interessane, intrigante, seducente! Sprizzava fascino da tutti i pori, me ne schizzava addosso quintalate, m’innaffiava di sex-appeal, riusciva persino a rendere desiderabili le tentazioni più oscene. Me le nebulizzava direttamente sugli occhi e io, la scema, a spalmarmele ben bene dappertutto, anche sull’anima! Schifosa! Un’anima che cola pervertimenti e polimeri: piegati sacchetto di merda!
Lo sciabordio delle onde sulla spiaggia… Gino Paoli… Gino Paoli? Cosa cantava? Ah, sì… quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti ma alberi, alberi infiniti… la troia e il giardiniere! Però ci sapeva fare, lo champagne, mille apprezzamenti sulle mie ciglia lunghe, la mia bocca sensuale, gli occhi assassini. Una corte durata… minuti. Ipnotizzata. Che stupida. Gli ho chiesto come si chiamava soltanto dopo aver… consumato, non lo champagne… che consumata! Ecco un bel souvenir dal Lido di Venezia a mezzanotte. Si stava un po’ scomodi in quella cabina, ma che roba! Lussuria pura, mai più provata. Non mi scandalizzò neppure il fatto che mi sodomizzò subito, la prima volta, così su… due piedi. Eh sì, in piedi è molto più difficile. Che fusto, che forza, che linguetta vellutata e penetrante. Perverso, ecco. Un bel pensierino del pomeriggio: adesso la fellatio mi fa schifo. Non lo amo più? Non mi ama più? Sono diventata lesbica? E’ diventato frocio? Supposizioni inutili e disastrose, se portate alle estreme conseguenze logiche.
Manuela! Guarda un po’ cosa stai combinando!… ho tirato fuori le buste di plastica per fare la cernita! Ma buttale via tutte! Semplifica, stringi, sintetizza, decidi! Ce ne sono dappertutto, vorrei sbattere la testa contro questo mio maledetto muro di gomma fino a fracassarlo. I sacchetti! I sacchetti! L’invasione degli ultra sacchetti dall’altro mondo!! Dappertutto, dappertutto, nei cassetti, nelle scatole, nelle cappelliere e nelle… scarpe! E in queste valigie che ci sarà? Vediamo… sacchetti a tre piazze, enormi, per le emergenze ingombranti! Basta!!!! Cosa ho fatto per meritare questa punizione di scatole cinesi, che destino del cavolo, ho un karma di moplen! Dovevo continuare a studiare, sarei laureata in chimica e invece di piegarle potrei analizzarle le buste di plastica, o forse potrei insegnare in qualche scuola di periferia come precaria. Lusso! A me piacevano le lettere moderne: a, b, c, il mio gatto mi morì… sono cretina persino con me stessa.
Basta divagare, la parola d’ordine è scegliere i mostri da risparmiare e piegarli al mio volere. Non posso buttarli via tutti, costano 5 centesimi d’euro l’uno. Ce ne saranno per migliaia d’euro… io investo in polimeri, mi sento una benefattrice: quando non produrranno più buste di plastica, ne avrò a sufficienza per tramandarle alla posterità. Potranno studiarle, sistemarle in un museo… sono l’amanuense del sacchetto, la monaca piegatrice.
Un ricordo, un ricordo entusiasmante per rimediare ai sensi di colpa, a questo desiderio assurdo e immaturo di vederlo bruciare sul rogo, magari in un incidente stradale mentre torna da una di quelle sue vacanze premio di lavoro. Invece, solo sacchetti all’orizzonte, fitte orde di sacchetti di plastica d’ogni foggia e colore, marchiati a fuoco da questa merda di pubblicità onnipresente.
Piegare, domare, umiliare! Il primo è sempre il più ostinato. Senti, amico bello, non ti conviene resistermi o ti sbrano. Per non annoiarmi potrei contarvi, come le pecorelle della notte o i grani del rosario…peccato che non sono una pastorella e sono pure atea.
Considerazioni sulla chiesa d’oggi, luogo di culto virtuale, detto televisione: se la fede cieca era detta oppio dei popoli, la tivù può essere l’occhio dei popoli! Va bene, la smetto di pensare per aforismi della palle e faccio un fioretto laico massmediologico. Oggi non guardo Sentieri, così fra due ore ho finito il lavoro forzato. Ma Dio lo saprà che non credo in lui? E se gli telefonassi addebitandogli la chiamata? Magari non è che non esiste, è solo sotto la doccia e non risponde. Ma io non posso saperlo, ed una telefonata andata a vuoto non farebbe che confermare la mia incredulità. Sono riuscita a ridurre la fede ad un problema d’igiene… mentale, e i dubbi restano: perché Dio ha creato Adamo e gli Adams? Perché dividere gli anni migliori della propria vita con un uomo, quando bastano i weekend? Troppe brave ragazze come me si sposano prima di potersi permettere un marito. Interrompo quest’attività gratificante per sacrificarmi con un po' di musica. Potrei contarli, i mostri, così saprei quanto ho investito in petrolio. No: lascio il compitino alla colf, contenta ragazza?! Tanto lo so che quando non ci sono, lui ti fa fare gli straordinari... guarda qua, non si cura più neanche di togliere i perizomi sporchi dal letto. Addirittura tre, tutti neri! Che cafona. Lavatrice! E... riposino pomeridiano, non ce la faccio a cambiare le lenzuola, vuol dire che dormirò nel loro odore! Ah, finalmente ho deciso! Fra il suicidio e il sudicio scelgo di... dormire tra gli umori degli infedeli. Ho un bel coraggio, io!”
Gli occhi si chiudono pesanti su un pensiero: “L’importante è fargli digerire un figlio non suo. In fondo siamo sempre stati liberi e indipendenti. Si tratta di un contratto d’amore alla pari. La pillola non mi va, provoca il cancro e poi si sente di più senza profilattico e poi, e poi… chissà che domattina non arrivi a casa con un pacco di milioni.” Si addormenta, figurandosi una domenica fantastica. Figurati te!
La notte muore. Le sagome degli pochi grattacieli macchiano di nero il livido orizzonte, si avvicinano velocemente, e un grande segnale si produce in un laconico BENVENUTI che lampeggia ad intermittenza, per alcuni secondi, trasformandosi poi nella corrispondente frase di cortesia in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo… effetto Olimpiadi.
“Io qui nella merda, da sabato a lunedì mattina, e lui sempre in giro a fare affari, dice.” La coppia scoppia.
“Lui scompare. Va ad un corso d’aggiornamento a Bolzano… se ne sta in giro sei giorni. Però, anche se mi fa incazzare a manetta, c’ha ragione: un giorno tornerà a casa con un pacco di milioni di euro, meglio dollari, almeno spero.
E siamo di nuovi qui, merda. Adesso, sono sicura, che appena metto piede in cucina… i mostri! Quelle maledette buste di plastica che ci contaminano la casa! Chissà perché quando cerco di mettere ordine nel ripostiglio mi lascio prendere dal panico?”
Manuela sente le gambe esaurirsi in fremiti oscillanti e il cranio screpolarsi dal dolore. Il vestito a tubino grigio perla e gli stivali hanno ceduto il posto ad una tuta felpata. Il suo viso pallido e scavato, incornicia due occhi azzurri, lucidi, tristi, rabbiosi. Colpa del nottambulismo meneghino, unica salvezza per le impiegate frustrate. Cocktail, dance, un crackino e poi fetish clubbing nei più torbidi laboratori di creatività anatomica, al buio, si scambia. C’è sempre un collega compiacente che accetta la recita del fidanzamento. Poi, verso le tre arriva il sabato e si deve tornare a casa. Fantastica, normalissima giornata in Via Saverio Mercadante, palazzone borghese anni ’70, d’ordinanza, come i due bambini che corrono, riconsegnati puntualmente alle 9 dalla nonna.
Mercato, sonno maledetto, bucato, sbadigli, un caffé dopo l’altro, anche freddo, quello rimasto sul fondo della caffettiera da qualche ora. Riparare i disastri operati dalla colf e affrontare i fenomeni abnormi. Bastardissimi sacchetti di plastica, invasori dello spazio, alieni schifosi! Dovrei farli fuori, rinunciare. Il ripostiglio è un luogo di perdizione, di paura! Quasi che questo disordine fosse la metafora della mia babilonia interiore.
Lui invece sta lì tranquillo nel suo ufficio con gli occhi sbarrati ad ammirare calendari zeppi di sporcaccione arriviste, con le tette al vento e le fiche al sole! Scommetto che appena resta solo si masturba come un maiale e a me non pensa neanche di striscio, soltanto il foglio di carta, che dovrebbe riempire d’idee, resta vergine, immacolato, puro come Santa Maria Goretti. Chissà se ho fatto bene a sposarlo? Tre anni, sono solo tre anni e sembra passata un’era geologica. Eppure… era così interessane, intrigante, seducente! Sprizzava fascino da tutti i pori, me ne schizzava addosso quintalate, m’innaffiava di sex-appeal, riusciva persino a rendere desiderabili le tentazioni più oscene. Me le nebulizzava direttamente sugli occhi e io, la scema, a spalmarmele ben bene dappertutto, anche sull’anima! Schifosa! Un’anima che cola pervertimenti e polimeri: piegati sacchetto di merda!
Lo sciabordio delle onde sulla spiaggia… Gino Paoli… Gino Paoli? Cosa cantava? Ah, sì… quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti ma alberi, alberi infiniti… la troia e il giardiniere! Però ci sapeva fare, lo champagne, mille apprezzamenti sulle mie ciglia lunghe, la mia bocca sensuale, gli occhi assassini. Una corte durata… minuti. Ipnotizzata. Che stupida. Gli ho chiesto come si chiamava soltanto dopo aver… consumato, non lo champagne… che consumata! Ecco un bel souvenir dal Lido di Venezia a mezzanotte. Si stava un po’ scomodi in quella cabina, ma che roba! Lussuria pura, mai più provata. Non mi scandalizzò neppure il fatto che mi sodomizzò subito, la prima volta, così su… due piedi. Eh sì, in piedi è molto più difficile. Che fusto, che forza, che linguetta vellutata e penetrante. Perverso, ecco. Un bel pensierino del pomeriggio: adesso la fellatio mi fa schifo. Non lo amo più? Non mi ama più? Sono diventata lesbica? E’ diventato frocio? Supposizioni inutili e disastrose, se portate alle estreme conseguenze logiche.
Manuela! Guarda un po’ cosa stai combinando!… ho tirato fuori le buste di plastica per fare la cernita! Ma buttale via tutte! Semplifica, stringi, sintetizza, decidi! Ce ne sono dappertutto, vorrei sbattere la testa contro questo mio maledetto muro di gomma fino a fracassarlo. I sacchetti! I sacchetti! L’invasione degli ultra sacchetti dall’altro mondo!! Dappertutto, dappertutto, nei cassetti, nelle scatole, nelle cappelliere e nelle… scarpe! E in queste valigie che ci sarà? Vediamo… sacchetti a tre piazze, enormi, per le emergenze ingombranti! Basta!!!! Cosa ho fatto per meritare questa punizione di scatole cinesi, che destino del cavolo, ho un karma di moplen! Dovevo continuare a studiare, sarei laureata in chimica e invece di piegarle potrei analizzarle le buste di plastica, o forse potrei insegnare in qualche scuola di periferia come precaria. Lusso! A me piacevano le lettere moderne: a, b, c, il mio gatto mi morì… sono cretina persino con me stessa.
Basta divagare, la parola d’ordine è scegliere i mostri da risparmiare e piegarli al mio volere. Non posso buttarli via tutti, costano 5 centesimi d’euro l’uno. Ce ne saranno per migliaia d’euro… io investo in polimeri, mi sento una benefattrice: quando non produrranno più buste di plastica, ne avrò a sufficienza per tramandarle alla posterità. Potranno studiarle, sistemarle in un museo… sono l’amanuense del sacchetto, la monaca piegatrice.
Un ricordo, un ricordo entusiasmante per rimediare ai sensi di colpa, a questo desiderio assurdo e immaturo di vederlo bruciare sul rogo, magari in un incidente stradale mentre torna da una di quelle sue vacanze premio di lavoro. Invece, solo sacchetti all’orizzonte, fitte orde di sacchetti di plastica d’ogni foggia e colore, marchiati a fuoco da questa merda di pubblicità onnipresente.
Piegare, domare, umiliare! Il primo è sempre il più ostinato. Senti, amico bello, non ti conviene resistermi o ti sbrano. Per non annoiarmi potrei contarvi, come le pecorelle della notte o i grani del rosario…peccato che non sono una pastorella e sono pure atea.
Considerazioni sulla chiesa d’oggi, luogo di culto virtuale, detto televisione: se la fede cieca era detta oppio dei popoli, la tivù può essere l’occhio dei popoli! Va bene, la smetto di pensare per aforismi della palle e faccio un fioretto laico massmediologico. Oggi non guardo Sentieri, così fra due ore ho finito il lavoro forzato. Ma Dio lo saprà che non credo in lui? E se gli telefonassi addebitandogli la chiamata? Magari non è che non esiste, è solo sotto la doccia e non risponde. Ma io non posso saperlo, ed una telefonata andata a vuoto non farebbe che confermare la mia incredulità. Sono riuscita a ridurre la fede ad un problema d’igiene… mentale, e i dubbi restano: perché Dio ha creato Adamo e gli Adams? Perché dividere gli anni migliori della propria vita con un uomo, quando bastano i weekend? Troppe brave ragazze come me si sposano prima di potersi permettere un marito. Interrompo quest’attività gratificante per sacrificarmi con un po' di musica. Potrei contarli, i mostri, così saprei quanto ho investito in petrolio. No: lascio il compitino alla colf, contenta ragazza?! Tanto lo so che quando non ci sono, lui ti fa fare gli straordinari... guarda qua, non si cura più neanche di togliere i perizomi sporchi dal letto. Addirittura tre, tutti neri! Che cafona. Lavatrice! E... riposino pomeridiano, non ce la faccio a cambiare le lenzuola, vuol dire che dormirò nel loro odore! Ah, finalmente ho deciso! Fra il suicidio e il sudicio scelgo di... dormire tra gli umori degli infedeli. Ho un bel coraggio, io!”
Gli occhi si chiudono pesanti su un pensiero: “L’importante è fargli digerire un figlio non suo. In fondo siamo sempre stati liberi e indipendenti. Si tratta di un contratto d’amore alla pari. La pillola non mi va, provoca il cancro e poi si sente di più senza profilattico e poi, e poi… chissà che domattina non arrivi a casa con un pacco di milioni.” Si addormenta, figurandosi una domenica fantastica. Figurati te!