POESIA
Il muso della musa
Il poeta non ha genio, egli è cupo, triste, solo. Il poeta non è degno, è ammalato di ricordi, e non ha nessun ritegno d’inventar corbellerie. Se la gloria l’ha baciato, se la fame l’ha spezzato, lui percorre le sue vie, perché vive fantasie, vuole scrivere soltanto per cantar le sue allegrie. Cerca, crede, soffre, vuole, poi decide di dormire. Non s’avvede ch’è passato tutto il tempo già sognato: anni, mesi, giorni, ore, non s’accorge d’esser nato. Mira, pena, svela, pensa, sta dei miseri alla mensa, non gl’importa s’è finita, se la gloria l’ha baciato, se la fame l’ha ritorto, ecco un verso ed è risorto! Non c’è nulla da capire, non c’è nulla da vedere, non c’è nulla da sperare, non c’è nulla da bramare. Il poeta ricco o indegno, non possiede la parola. Il fanciullo mesto e santo non ha madre, non ha terra, non ha croci da portare, non ha spade per duellare. Nei calzari ha i suoi silenzi, senza mani, senza orecchie, senza occhi, senza bocca, senza sensi non c’è Mente? Senza Mente non c’è Niente, senza niente vai distante. Mente, Niente ed il Poeta, che faranno il giorno in cui sveleranno il gran mistero occultato dentro al melo? Melo, albero del Cielo dono eccelso del divino, melo, legno che da frutto, frutto acerbo del peccato, morso asciutto del sapere, gusto amaro del volere, aver quel che non hai, saper ciò che non sai. Non c’è nulla da capire, non c’è nulla da vedere, non c’è nulla da sperare, non c’è nulla da sapere. Sapienza. Sapienza del misero genio, con astuzia largita nel segno. Pazzia. Pazzia del povero colto, che interpreta il segno. |