apocalissi poetiche
Poesie dall'antico cucino degli anni '50
Alla mia Mamma
Bambina turbata Sposa inquieta |
Al mio Papà
Spirito di vita Mia guida |
A Laura
La mia dolce figlia del Santo Per sempre nell’eternità |
Poesie, come brughiere infinite e città d'oriente raggiunte a dorso di fenici, agghindate di sogni opulenti. Camminate solitarie in periferie antiche, lungo binari morti coperti di rovi e ricordi. I banchi di legno, la scuola, la patria, il treno sbuffante, le giostre e il carnevale. Rammenti le gesta dei Tre Moschettieri, Pinocchio, la Fata Turchina e il Folletto di Andersen che serrava gli occhi? Lo stesso che l'ultima sera ci visitò, oh mio Capitano, e di là ti ha portato, mentre ti tenevo la mano già fredda, strappandoti dalle mia braccia ferite e impotenti. Oh, sempre lui, mentre ero assente, mi giocò uno scherzo barbino e visitò l'adorata madre, confusa e sonnolenta, per donarle una bicletta per il Paradiso, a lei che ne aveva paura e mai aveva osato salirvi. La tua graziosa e burbera sposa bambina, in quel giorno afoso d'estate, abbandonava il suo letto di solitudine, per correre da te a giocare una nuova sorridente eternità.
Ma poco prima rammento il giovane amico, disteso col viso di ghiaccio nella sala morturaria e fiumi di lacrime che scorrono, solo a lavare il mio cuore. L'addio da sempre ripete il suo verso, cucùlo lontano, tignosa civetta notturna, mentre parte l'amore adorato per il lido del Mai Più. E la brezza d'autunno che canta lo strappo, sovrano maestro del sempre. E poco dopo assisto l'amica d'infanzia malata, ragazzina da sempre malata, che tarda, che piange, che proprio non vuole lasciare la vita.
Sul palco festante del cine fumoso, danzavan stelline in calze di rete ammalianti e paillette, e attendeva la povera casa, e il lettino scaldava il mio sonno vicino a mamma e papà. Paradiso distrutto, distrutto per sempre.
Oh sì, nelle foto vi guardo, e vi dico da sempre viaggiai e per sempre sperai nel deserto notturno, io non posso che scriver di Lei, Animabonda! Nel mio cucinino d'infanzia, navicella spaziale, solcata da raggi di sole d'estate, d'inverno gelata da nubi e procelle infinte, dalla finestra osservo e rimpiango quel mondo fremente di nulla, mentre gli altri bambini festanti, giocavano in carole di giubilo persi.
O cicatrici sanguinanti della mia anima, non sparite, vi prego! Mentre un'altra cara amica fanciulla soffre e agonizza sperando nel miracolo dell'angelo.
Ma poco prima rammento il giovane amico, disteso col viso di ghiaccio nella sala morturaria e fiumi di lacrime che scorrono, solo a lavare il mio cuore. L'addio da sempre ripete il suo verso, cucùlo lontano, tignosa civetta notturna, mentre parte l'amore adorato per il lido del Mai Più. E la brezza d'autunno che canta lo strappo, sovrano maestro del sempre. E poco dopo assisto l'amica d'infanzia malata, ragazzina da sempre malata, che tarda, che piange, che proprio non vuole lasciare la vita.
Sul palco festante del cine fumoso, danzavan stelline in calze di rete ammalianti e paillette, e attendeva la povera casa, e il lettino scaldava il mio sonno vicino a mamma e papà. Paradiso distrutto, distrutto per sempre.
Oh sì, nelle foto vi guardo, e vi dico da sempre viaggiai e per sempre sperai nel deserto notturno, io non posso che scriver di Lei, Animabonda! Nel mio cucinino d'infanzia, navicella spaziale, solcata da raggi di sole d'estate, d'inverno gelata da nubi e procelle infinte, dalla finestra osservo e rimpiango quel mondo fremente di nulla, mentre gli altri bambini festanti, giocavano in carole di giubilo persi.
O cicatrici sanguinanti della mia anima, non sparite, vi prego! Mentre un'altra cara amica fanciulla soffre e agonizza sperando nel miracolo dell'angelo.