POESIA
Canzone
Giovanni del deserto, leone prigioniero, politropo oratore, liberto del Signore, la dolce principessa ricusa arditamente. Le etesìe, vorticando, ristorano il pensiero d’Erode, trasognato; dal volto suo il bollore discende iniquo in petto: lussuria travolgente! A te fanciulla stanca, io dono il mio cervello Se tu ballar vorrai, è questo il mio rovello! La bocca del tetrarca, tremante di speranza, promette a pagatura qualunque sua possanza. Ma il culto dissennato, dovuto a un corpo bello, velato di mistero, fremente e mercuriale, trascina l’uomo stolto nell’Ade del suo male. Perversa Salomé, iconolatra in cuore, sognavi un montatore bagasciere, e bagordar volevi e non ballare! Il tuo rancor non é che fresco amore, e il tuo desir segreto è alfin godere, gemendo e urlando a Bacco sull’altare: i tuoi atri profondi ricolmi di colonne. S’inchinano gl’arbusti, splende l’insonne luna il ventre, i fianchi, i seni, pascendosi di vento, Narciso reo, sensuale, si librano dai veli di tormento. Or l’arpa tace, belva ircana, vorace tra le donne. La testa del Battista, potria sanar la plaga del livore, ma attendi d’Argo figlia, al selenico rossore! E il Dio di Mosè capì la situazione, così posò la luna in fondo al secchio e il cielo agonizzò nel tempo obìto. Poi venne il giorno nuovo e il suo padrone, in fronte a questo fronte l’astro vecchio, scagliò roventi lame sul falso, inerte mito. La chiave deve entrare nella mente. Soltanto sta la vita nel presente, l’aratro traccia il solco in un istante, piacer prende l’amata dall’amante. Il senno vostro culla un karma assente, in voi da tempo ormai già tutto è duro, s’intasano i circuiti, giocando col futuro. |