Totò 'a Munnezza
Nella foresta la vita scorreva tranquilla e il Maestro si affezionava giorno dopo giorno al ragazzo. Gli insegnò tutti i segreti del dire, del fare, del baciare, del lettera, del testamento, del sì e del no, del bì e del bò, del Bibì e del Bibò ma anche della bìbi e della bùbu ma non quelli del Babau.
Totò imparò a lavarsi il dente che gli era rimasto dopo una piorrea acuta, imparò a tenere in strada una FIAT in curva, ad organizzare il tombolone e la vendita dei biglietti della lotteria senza tenersi l'incasso. |
Però non sopportava più l'umidità che gli faceva crescere il muschio sulla gobba esposta a nord. Senza parlare degli irrefrenabili appetiti sessuali che lo tormentavano.
Neppure le ranocchie disobbedienti, trasformate dallo sciamano in vallette televisive, accettavano di farsi baciare da lui.
Una mattina durante una lezione di Smorfia e Ululato il giovanotto tentò di violentare una zombie che le era rimasta una sola tetta, però enorme (forse un settima), ma lei si ribellò. Totò allora le staccò la testa con uno schiaffo urlandole: "Lo vedi che sei davvero una carogna! Oggi sei proprio di cattivi umori!"
Il venerabile si accorse che Totò, frequentando le zombine, non stava più nella pelle e diventava triste, aggressivo, così, per distrarlo un po’, lo ospitava nella sua capanna con piscina olimpionica e gli accedeva il monitor del suo Bancomat.
Fatto sta che ormai l'incantesimo s'era spezzato, l'intesa andava scemando, il ragazzo non si sentiva più legato al suo Maestro: "Avverto il bisogno di nuove avventure. E’ giunto il momento ics, ipsilon, zeta. Devo dipartirmi da te."
Lo sciamano, versando calde lacrime disse: "Era ora!"
"Però, prima che io vada, lasciami un ricordo di te, un qualcosa che mi serve nella vita..."
"Scordati le mie carte di credito" concluse l’incantatore, che tra le altre cose era presidente del Club Mistici Pragmatici di Sinistra, con sede a Lugano. "Ti darò qualcosa di molto più raro e antico."
"Una tessera del P.C.I, signore? La collezione completa dei primi cento numeri di Tex, formato striscia? La foto di un giapponese che non lavora?"
"No, molto di più!"
E lo sciamano fece comparire dal nulla una scintillante sfera di cristallo con la sua immagine immersa in un liquido archetipico, che a voltarla e rivoltarla dalla sommità del globo scendeva una minutissima pioggia di magico pulviscolo argentato. Sul basamento campeggiava una frase esoterica: DALLO SCIAMANO ANDAI A TE PENSAI QUESTO RICORDO TI PORTAI.
Allibito, Totò esclamò: "Ci siamo sprecati, non sarà troppo per me?" Il povero guru non poté fare a meno di leggere in quelle parole un velato, leggero, sarcasmo, misto ad indolenza. Ma si sa, i venerabili comprendono la pochezza di spirito dei mediocri, perciò n’approfittano: “E sia! ingordo individuo. Ti darò una cosa che renderà radioso il tuo futuro."
Ed ecco materializzarsi dall'etere misterioso un levitante, piccolo, grazioso oggetto di culto: la stella a cinque punte, detta anche pentacolo, perché ha cinque punte, punto.
"Questo talismano unico nel suo genere," riprese il mago, "in vera finta madreperla sintetica plastificata, fa ormai parte della nostra tradizione. Di essa già si parla nelle arcaiche scritture, L'Intrepido, Novella 2000 e Cronaca Vera. Si celava nelle magiche polveri del dio Dixan, usate in divinazione negli anni '60, per mondare le lordure della carne a mano, in lavatrice e in macelleria. La sua apparizione in questo mondo risale alla notte dei tempi, esattamente fra il primo ed il secondo tempo. Era, infatti, venduta dall'omino dei gelati assieme ai gommoni e alle stringhe di liquirizia. Raro oggetto dunque, che io ti dono senza che tu abbia inviato il coupon ben ritagliato e debitamente compilato. Per i minori è necessaria la firma dei genitori. Eccoti anche la catenina in filigrana dorata di pura latta massiccia, per la quale di solito si deve pagare un supplemento... non sarò mai un bravo marketing manager!"
Totò disse: "Maestro... è bellissima!"
"Non dire cazzate, fa schifo, ma funziona."
“Sì? E a cosa serve?"
"Vediamo... potresti fondare un gruppo terroristico, la stella a cinque punte dà visibilità... no, tu non sei il tipo adatto, al primo traliccio dell'alta tensione faresti subito un casino pazzesco, l'attentato non riuscirebbe mai."
"Perché, tua luminosità?"
"Perché, perché, perché!? Perché non troveresti la presa dove ficcare la spina della bomba. Allora, diciamo, che grazie alla stella a cinque punte potrai esprime tre desideri, ed essi si avvereranno. Prima però dovrai portarla al collo fino a quando sarà logora e ossidata. Solo in quel momento andrai a Bahìaz, salirai alla chiesa del Che Guevara e chiederai di don Cucaraccia, per farla benedire. Digli che ti mando io, così ti fa lo sconto amuleto.
Infine, salirai sul Pan di Zucchero Filato e lo butterai a mare, non il prete ma l'amuleto. Vedi di fare attenzione a lanciarlo nella settima onda.
"E se quando arrivo io le onde sono già cominciate?"
"Cretino, tornerai allo spettacolo successivo. Ora fa sì che il mio terzo desiderio della trentesima stella a cinque punte si avveri: sparisci!"
Notevolmente scettico e alquanto deluso Totò 'A Munnezza lasciò dietro a se la foresta e si diresse verso Rojo Do Ganejro. Alle nove e dieci di sabato si sedette in mezzo al traffico e aspettò che il logorio della vita moderna facesse il suo corso. Fumò una sigaretta, si allacciò la scarpa destra, si soffiò il naso e guardò l'orologio.
Erano trascorsi dieci minuti e tre secondi, quatto secondi, cinque secondi, sei, sette... un antiquario di passaggio lo risvegliò dallo stato ipnotico causato dalla lancetta dei secondi. La stella a cinque punte era ormai ossidata a dovere, visto che il distinto pescecane gli offrì una cifra spropositata per averla, convinto che fosse un monile indiano.
Totò rifiutò sdegnato e in cuor suo esultò. Inorgoglì! Non avrebbe mai pensato che in soli dieci minuti il suo sudore sarebbe stato in grado di compiere un miracolo per il quale la natura ed il tempo avrebbero impiegato secoli. Gli si aprirono nuovi orizzonti e fantastiche possibilità di divenire un abile falsario. Comunque, nell’attesa di riordinare quelle poche idee che gli frullavano solitarie nel cervello, decise di salire sulla collina anzidetta e fece benedire il pentacolo.
Don Cucaraccia cercò di convincerlo a barattare l'orologio con quattro banane, certo che Totò fosse un orango fuggito dallo zoo.
Non restava che gettare la stella in mare; lui era stanco e fermamente incredulo, ma deciso a portare a termine l'impresa. Non era mai stato superstizioso, anche se di mattino si toccava sempre la gobba, così pensò: "Lo faccio, che non si sa mai, se butto via il pentacolo e funziona per qualcun altro, ci rimango deluso".
Si affacciò al parapetto roccioso, salutò con un bel gù! gù! le onde che s’infrangevano sugli scogli e ne contò sette. Gettò in acqua la stella a cinque punte, attese un secondo, un secondo e mezzo, poi espresse il primo desiderio: "Voglio, voglio essere... come dire, bello? Bello!"
Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, la bellezza s'impadronì del suo corpo. La colonna vertebrale sì protese verso l'alto, le ossa si slanciarono: due metri! I muscoli diventarono d'acciaio, la pelle liscia ed abbronzata, il cranio calvo si coprì di lunghi boccoli biondi. I suoi occhi, anzi, il suo occhio di vetro e quello ormai velato da una cataratta, caddero immediatamente sostituiti da due stupendi globuli azzurro mare. I suoi piedi, non più piatti, si ricoprirono di morbidissime Timberland, nelle sue mani affusolate e nervose comparve una costosissima racchetta da tennis in fibra di vetro e kevlar. Per il resto era nudo.
"Cazzo, sono un figo della Madonna, potrei presentare un telequiz in tivù! Funziona! Funzionissima!
Bene, allora voglio diventare ricchissimo!"
Nessun colpo di scena, il prodigio si ripeté. Il giovane figo, fu sommerso da pacchi di banconote: dollari, euro, yen. Totò guardò con amore i diamanti purissimi, i rubini, grossi come smeraldi del Bengala, i tetrapak di petrolio grezzo, i barili d’azioni della General Motors e i punti Miralanza. Modernariato collezionistico di valore inestimabile!
Ormai al colmo dell'euforia, iniziò a gridare nel vento: "Cazzo, cazzo, cazzo! Funzionissima, funzionerrima, lo sciamano non mi ha inchiappettato: è tutto vero!"
Si mise a ballare sotto una pioggia di preziosissime carte d’adesione all'A.C.I.
Ballava cantando e cantava ballando, e correva cantando e ballando, e ballando cantava, correva e ballava, ballava e cantava gridando: "Tutto questo è vero, tutto questo è mio, porca miseria, che figata, che figata, che mi venga un colpo!"
Ed anche il terzo desiderio si avverò.
Neppure le ranocchie disobbedienti, trasformate dallo sciamano in vallette televisive, accettavano di farsi baciare da lui.
Una mattina durante una lezione di Smorfia e Ululato il giovanotto tentò di violentare una zombie che le era rimasta una sola tetta, però enorme (forse un settima), ma lei si ribellò. Totò allora le staccò la testa con uno schiaffo urlandole: "Lo vedi che sei davvero una carogna! Oggi sei proprio di cattivi umori!"
Il venerabile si accorse che Totò, frequentando le zombine, non stava più nella pelle e diventava triste, aggressivo, così, per distrarlo un po’, lo ospitava nella sua capanna con piscina olimpionica e gli accedeva il monitor del suo Bancomat.
Fatto sta che ormai l'incantesimo s'era spezzato, l'intesa andava scemando, il ragazzo non si sentiva più legato al suo Maestro: "Avverto il bisogno di nuove avventure. E’ giunto il momento ics, ipsilon, zeta. Devo dipartirmi da te."
Lo sciamano, versando calde lacrime disse: "Era ora!"
"Però, prima che io vada, lasciami un ricordo di te, un qualcosa che mi serve nella vita..."
"Scordati le mie carte di credito" concluse l’incantatore, che tra le altre cose era presidente del Club Mistici Pragmatici di Sinistra, con sede a Lugano. "Ti darò qualcosa di molto più raro e antico."
"Una tessera del P.C.I, signore? La collezione completa dei primi cento numeri di Tex, formato striscia? La foto di un giapponese che non lavora?"
"No, molto di più!"
E lo sciamano fece comparire dal nulla una scintillante sfera di cristallo con la sua immagine immersa in un liquido archetipico, che a voltarla e rivoltarla dalla sommità del globo scendeva una minutissima pioggia di magico pulviscolo argentato. Sul basamento campeggiava una frase esoterica: DALLO SCIAMANO ANDAI A TE PENSAI QUESTO RICORDO TI PORTAI.
Allibito, Totò esclamò: "Ci siamo sprecati, non sarà troppo per me?" Il povero guru non poté fare a meno di leggere in quelle parole un velato, leggero, sarcasmo, misto ad indolenza. Ma si sa, i venerabili comprendono la pochezza di spirito dei mediocri, perciò n’approfittano: “E sia! ingordo individuo. Ti darò una cosa che renderà radioso il tuo futuro."
Ed ecco materializzarsi dall'etere misterioso un levitante, piccolo, grazioso oggetto di culto: la stella a cinque punte, detta anche pentacolo, perché ha cinque punte, punto.
"Questo talismano unico nel suo genere," riprese il mago, "in vera finta madreperla sintetica plastificata, fa ormai parte della nostra tradizione. Di essa già si parla nelle arcaiche scritture, L'Intrepido, Novella 2000 e Cronaca Vera. Si celava nelle magiche polveri del dio Dixan, usate in divinazione negli anni '60, per mondare le lordure della carne a mano, in lavatrice e in macelleria. La sua apparizione in questo mondo risale alla notte dei tempi, esattamente fra il primo ed il secondo tempo. Era, infatti, venduta dall'omino dei gelati assieme ai gommoni e alle stringhe di liquirizia. Raro oggetto dunque, che io ti dono senza che tu abbia inviato il coupon ben ritagliato e debitamente compilato. Per i minori è necessaria la firma dei genitori. Eccoti anche la catenina in filigrana dorata di pura latta massiccia, per la quale di solito si deve pagare un supplemento... non sarò mai un bravo marketing manager!"
Totò disse: "Maestro... è bellissima!"
"Non dire cazzate, fa schifo, ma funziona."
“Sì? E a cosa serve?"
"Vediamo... potresti fondare un gruppo terroristico, la stella a cinque punte dà visibilità... no, tu non sei il tipo adatto, al primo traliccio dell'alta tensione faresti subito un casino pazzesco, l'attentato non riuscirebbe mai."
"Perché, tua luminosità?"
"Perché, perché, perché!? Perché non troveresti la presa dove ficcare la spina della bomba. Allora, diciamo, che grazie alla stella a cinque punte potrai esprime tre desideri, ed essi si avvereranno. Prima però dovrai portarla al collo fino a quando sarà logora e ossidata. Solo in quel momento andrai a Bahìaz, salirai alla chiesa del Che Guevara e chiederai di don Cucaraccia, per farla benedire. Digli che ti mando io, così ti fa lo sconto amuleto.
Infine, salirai sul Pan di Zucchero Filato e lo butterai a mare, non il prete ma l'amuleto. Vedi di fare attenzione a lanciarlo nella settima onda.
"E se quando arrivo io le onde sono già cominciate?"
"Cretino, tornerai allo spettacolo successivo. Ora fa sì che il mio terzo desiderio della trentesima stella a cinque punte si avveri: sparisci!"
Notevolmente scettico e alquanto deluso Totò 'A Munnezza lasciò dietro a se la foresta e si diresse verso Rojo Do Ganejro. Alle nove e dieci di sabato si sedette in mezzo al traffico e aspettò che il logorio della vita moderna facesse il suo corso. Fumò una sigaretta, si allacciò la scarpa destra, si soffiò il naso e guardò l'orologio.
Erano trascorsi dieci minuti e tre secondi, quatto secondi, cinque secondi, sei, sette... un antiquario di passaggio lo risvegliò dallo stato ipnotico causato dalla lancetta dei secondi. La stella a cinque punte era ormai ossidata a dovere, visto che il distinto pescecane gli offrì una cifra spropositata per averla, convinto che fosse un monile indiano.
Totò rifiutò sdegnato e in cuor suo esultò. Inorgoglì! Non avrebbe mai pensato che in soli dieci minuti il suo sudore sarebbe stato in grado di compiere un miracolo per il quale la natura ed il tempo avrebbero impiegato secoli. Gli si aprirono nuovi orizzonti e fantastiche possibilità di divenire un abile falsario. Comunque, nell’attesa di riordinare quelle poche idee che gli frullavano solitarie nel cervello, decise di salire sulla collina anzidetta e fece benedire il pentacolo.
Don Cucaraccia cercò di convincerlo a barattare l'orologio con quattro banane, certo che Totò fosse un orango fuggito dallo zoo.
Non restava che gettare la stella in mare; lui era stanco e fermamente incredulo, ma deciso a portare a termine l'impresa. Non era mai stato superstizioso, anche se di mattino si toccava sempre la gobba, così pensò: "Lo faccio, che non si sa mai, se butto via il pentacolo e funziona per qualcun altro, ci rimango deluso".
Si affacciò al parapetto roccioso, salutò con un bel gù! gù! le onde che s’infrangevano sugli scogli e ne contò sette. Gettò in acqua la stella a cinque punte, attese un secondo, un secondo e mezzo, poi espresse il primo desiderio: "Voglio, voglio essere... come dire, bello? Bello!"
Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, la bellezza s'impadronì del suo corpo. La colonna vertebrale sì protese verso l'alto, le ossa si slanciarono: due metri! I muscoli diventarono d'acciaio, la pelle liscia ed abbronzata, il cranio calvo si coprì di lunghi boccoli biondi. I suoi occhi, anzi, il suo occhio di vetro e quello ormai velato da una cataratta, caddero immediatamente sostituiti da due stupendi globuli azzurro mare. I suoi piedi, non più piatti, si ricoprirono di morbidissime Timberland, nelle sue mani affusolate e nervose comparve una costosissima racchetta da tennis in fibra di vetro e kevlar. Per il resto era nudo.
"Cazzo, sono un figo della Madonna, potrei presentare un telequiz in tivù! Funziona! Funzionissima!
Bene, allora voglio diventare ricchissimo!"
Nessun colpo di scena, il prodigio si ripeté. Il giovane figo, fu sommerso da pacchi di banconote: dollari, euro, yen. Totò guardò con amore i diamanti purissimi, i rubini, grossi come smeraldi del Bengala, i tetrapak di petrolio grezzo, i barili d’azioni della General Motors e i punti Miralanza. Modernariato collezionistico di valore inestimabile!
Ormai al colmo dell'euforia, iniziò a gridare nel vento: "Cazzo, cazzo, cazzo! Funzionissima, funzionerrima, lo sciamano non mi ha inchiappettato: è tutto vero!"
Si mise a ballare sotto una pioggia di preziosissime carte d’adesione all'A.C.I.
Ballava cantando e cantava ballando, e correva cantando e ballando, e ballando cantava, correva e ballava, ballava e cantava gridando: "Tutto questo è vero, tutto questo è mio, porca miseria, che figata, che figata, che mi venga un colpo!"
Ed anche il terzo desiderio si avverò.