Lucio Fontana
Al contrario di quanto ritenga la critica, io penso che Lucio Fontana sia stato un grande innovatore. Oppure: al contrario di quanto ritenga io, la critica pensa che Lucio Fontana sia stato un grande innovatore.
Consultando le sue cartelle cliniche si evince che la sua ribellione nei confronti dello spazio nacque da un problema psico-fisiologico. Da bambino Fontana era molto ingordo e prosciugava il seno della mamma, così lei decise di dissuaderlo mettendosi sui capezzoli del sapone. Da quel giorno nessuno riuscì a togliergli il vizio di succhiare saponette. Disgusto, viscosità un sartiano puro Fontana, |
guidato dalla nausea, dall’impossibilità di dare un senso alla vita e al cibo.
Nel 1930 Lucio abbandona l’accademia di Brera per un furioso litigio con il suo insegnante, Adolfo Wildt, che nega la validità dell’espressionismo in scultura. Nell’intervallo il maestro sorprende Fontana in atteggiamento equivoco con un salume non suo. Il ragazzo sta pugnalando con furia il cotechino con lenticchie che l’artista si è portato da casa per pranzo, rendendolo immangiabile. Anche se, essendo nel baracchino da più di una settimana, era diventato durissimo: pareva un cotechino in marmo in puro stile Liberty, riecheggiante la purezza del gotico nordico, tanto amato di Wildt. Il grande scultore non resse a lungo il colpo e morì di crepacuore, accarezzando uno zampone in un salumificio Art Decò di Vigevano nel 1931. Fontana perfeziona l’ineguagliabile tocco, frequentando un corso da arrotino alle scuole operaie Don Orione, ed entra casualmente nel Gruppo Astrattista Lombardo. I suoi amici astrattisti li incontra in un bar di Porta Romana, ma non avendo questi una precisa fisionomia, ad ogni appuntamento fatica a ritrovarli.
Tra il 1931 ed il 1934 il Gruppo, che aveva ormai trasceso le figure e le figuracce, dà vita ai primi tentativi di oltrepassare la forma. Sono note di questo periodo i tortellini, gli ossi buchi e i panettoni pre spazialisti. Si tratta di scultura liberamente dialoganti con lo spazio, organizzate non tanto sui pieni quanto sui vuoti. Infatti guadagnano poco, bevono parecchio e hanno tanta fame, tranne Fontana che riesce sempre a rimediare un tocco di saponetta nei cessi dei bar. Ma la sua anoressia diventa imbarazzante, quanto i suoi gorgoglii. Pensate che i piccioni di piazza del Duomo, impietositi, gli portano le briciole di pane, ma lui le rifiuta sdegnosamente. A casa non fa mai la spesa, neppure una galletta, e non si cura della dispensa, dove ci sono soltanto i topi che piangono.
Nel 1940 la fine sembra approssimarsi, ma Lucio viene salvato in extremis dalla donna delle pulizie, che chiama l’ambulanza. Lo ricoverano al Policlinico Gemelli per un’overdose di Ajax polvere. C’è chi dice che porti scalogna. Perfidi pettegolezzi. La sua amante, infatti, è fortunatissima.
Un venerdì 13 stipula una polizza vita e il giorno dopo scivola su Lucio facendo l’amore, batte la testa e muore. Potrà intascare il premio di ben trecentocinquanta milioni.
Un patrimonio per quegli anni! Gli amici, però, si allontanano pensando: - Lo credo che è sfigato, si è sempre mosso fra Marinetti, Nietzsche e Palmolive! Ognuno somatizza gli studi che ha fatto.
Depresso e sfiduciato si lascia scivolare nel vizio: inizia a leggere il “Corriere dei Piccoli” e frequenta donne di malaffare. Per fortuna una notte incontra una puttana con delle curve dove le altre hanno solo tamponamenti. Questa ninfomane insonne, che riesce ad addormentarsi soltanto contando le pecorine, è prosperosa e ci pensa lei a mettergli addosso un bel po’ di carne. Un amore travolgente, tanto che quando lui le dice: - Oh, come ti desidero! Lei gli risponde: - Sei venuto per parlare o per fare l’amore?
E’ un miracolo, sembra guarito, attraversa una fase calda e cambia materia. Come ceramista realizza opere intense, riprendendo un barocco carico di vitalismo e si concede qualche piatto di lasagne al forno con una bella spolverata di lisciva. Ma lei lo tradisce con un gruppo di veristi ciechi che vogliono studiare anatomia in braille.
Fontana fugge in America, con il suo necessaire di coltelli da cucina professionale e una cassa di quello buono: sapone di Marsiglia del ’38. E’ la ricaduta. In Argentina riprendono i bruciori di stomaco. Il medico gli impone una dieta a base di riso bollito. Nel delirio della febbre, mentre pugnala delle patate lesse, scrive il Manifesto “Riz Blanco”.
Sta malissimo: dalla sua bocca continuano ad uscire bolle di sapone iridescenti, forse la sua miglior opera d’arte. Sarte ha colpito ancora. La nausea continua ponendo le basi teoriche dello spazialismo.
Nel sonno lo perseguitano incubi che appaiono come concezioni dinamiche della forma con la faccia di Boccioni. Quando scoppia la bomba atomica a Hiroshima pensa: “Questa sì che è arte esplosiva! A me mancano solo tre cose per arrivare: talento, ambizione e iniziativa. Sono incazzatissimo, adesso torno e vi faccio un buco così!”
Torna in Italia, e nel 1947 concreta le sue premesse teoriche trasformando le sue minacce in realtà. Di giorno si chiude in casa, taglia e fora tutto ciò che ha a portata di mano: camicie, tende, lenzuola e Testimoni di Geova che rintoccano ossessivamente alla sua porta.
Di notte trova impiego in un circo come lanciatore di coltelli. Nascono così le “Evoluzioni”, i “Concetti Spaziali”, i “Quanta”, le “Attese”.
Ogni Taglio, ogni ferita inferta allo spazio, ogni sfondamento apre nuovi e imprevisti confini della conoscenza, dell’emozione e delle gastrite, anticipando la cruda poetica di “Natural Born Killers”, “Transpotting” e “Crash”, in versione bath-room, o gabinetto del dottor Caligaris, che dir si voglia.
E’ una dichiarata guerra al mondo fenomenico della forma, della materia, del colore, del tempo e dello spazio.
Questo è l’arte di Fontana: un’invasione aliena devastatrice.
Nel 1930 Lucio abbandona l’accademia di Brera per un furioso litigio con il suo insegnante, Adolfo Wildt, che nega la validità dell’espressionismo in scultura. Nell’intervallo il maestro sorprende Fontana in atteggiamento equivoco con un salume non suo. Il ragazzo sta pugnalando con furia il cotechino con lenticchie che l’artista si è portato da casa per pranzo, rendendolo immangiabile. Anche se, essendo nel baracchino da più di una settimana, era diventato durissimo: pareva un cotechino in marmo in puro stile Liberty, riecheggiante la purezza del gotico nordico, tanto amato di Wildt. Il grande scultore non resse a lungo il colpo e morì di crepacuore, accarezzando uno zampone in un salumificio Art Decò di Vigevano nel 1931. Fontana perfeziona l’ineguagliabile tocco, frequentando un corso da arrotino alle scuole operaie Don Orione, ed entra casualmente nel Gruppo Astrattista Lombardo. I suoi amici astrattisti li incontra in un bar di Porta Romana, ma non avendo questi una precisa fisionomia, ad ogni appuntamento fatica a ritrovarli.
Tra il 1931 ed il 1934 il Gruppo, che aveva ormai trasceso le figure e le figuracce, dà vita ai primi tentativi di oltrepassare la forma. Sono note di questo periodo i tortellini, gli ossi buchi e i panettoni pre spazialisti. Si tratta di scultura liberamente dialoganti con lo spazio, organizzate non tanto sui pieni quanto sui vuoti. Infatti guadagnano poco, bevono parecchio e hanno tanta fame, tranne Fontana che riesce sempre a rimediare un tocco di saponetta nei cessi dei bar. Ma la sua anoressia diventa imbarazzante, quanto i suoi gorgoglii. Pensate che i piccioni di piazza del Duomo, impietositi, gli portano le briciole di pane, ma lui le rifiuta sdegnosamente. A casa non fa mai la spesa, neppure una galletta, e non si cura della dispensa, dove ci sono soltanto i topi che piangono.
Nel 1940 la fine sembra approssimarsi, ma Lucio viene salvato in extremis dalla donna delle pulizie, che chiama l’ambulanza. Lo ricoverano al Policlinico Gemelli per un’overdose di Ajax polvere. C’è chi dice che porti scalogna. Perfidi pettegolezzi. La sua amante, infatti, è fortunatissima.
Un venerdì 13 stipula una polizza vita e il giorno dopo scivola su Lucio facendo l’amore, batte la testa e muore. Potrà intascare il premio di ben trecentocinquanta milioni.
Un patrimonio per quegli anni! Gli amici, però, si allontanano pensando: - Lo credo che è sfigato, si è sempre mosso fra Marinetti, Nietzsche e Palmolive! Ognuno somatizza gli studi che ha fatto.
Depresso e sfiduciato si lascia scivolare nel vizio: inizia a leggere il “Corriere dei Piccoli” e frequenta donne di malaffare. Per fortuna una notte incontra una puttana con delle curve dove le altre hanno solo tamponamenti. Questa ninfomane insonne, che riesce ad addormentarsi soltanto contando le pecorine, è prosperosa e ci pensa lei a mettergli addosso un bel po’ di carne. Un amore travolgente, tanto che quando lui le dice: - Oh, come ti desidero! Lei gli risponde: - Sei venuto per parlare o per fare l’amore?
E’ un miracolo, sembra guarito, attraversa una fase calda e cambia materia. Come ceramista realizza opere intense, riprendendo un barocco carico di vitalismo e si concede qualche piatto di lasagne al forno con una bella spolverata di lisciva. Ma lei lo tradisce con un gruppo di veristi ciechi che vogliono studiare anatomia in braille.
Fontana fugge in America, con il suo necessaire di coltelli da cucina professionale e una cassa di quello buono: sapone di Marsiglia del ’38. E’ la ricaduta. In Argentina riprendono i bruciori di stomaco. Il medico gli impone una dieta a base di riso bollito. Nel delirio della febbre, mentre pugnala delle patate lesse, scrive il Manifesto “Riz Blanco”.
Sta malissimo: dalla sua bocca continuano ad uscire bolle di sapone iridescenti, forse la sua miglior opera d’arte. Sarte ha colpito ancora. La nausea continua ponendo le basi teoriche dello spazialismo.
Nel sonno lo perseguitano incubi che appaiono come concezioni dinamiche della forma con la faccia di Boccioni. Quando scoppia la bomba atomica a Hiroshima pensa: “Questa sì che è arte esplosiva! A me mancano solo tre cose per arrivare: talento, ambizione e iniziativa. Sono incazzatissimo, adesso torno e vi faccio un buco così!”
Torna in Italia, e nel 1947 concreta le sue premesse teoriche trasformando le sue minacce in realtà. Di giorno si chiude in casa, taglia e fora tutto ciò che ha a portata di mano: camicie, tende, lenzuola e Testimoni di Geova che rintoccano ossessivamente alla sua porta.
Di notte trova impiego in un circo come lanciatore di coltelli. Nascono così le “Evoluzioni”, i “Concetti Spaziali”, i “Quanta”, le “Attese”.
Ogni Taglio, ogni ferita inferta allo spazio, ogni sfondamento apre nuovi e imprevisti confini della conoscenza, dell’emozione e delle gastrite, anticipando la cruda poetica di “Natural Born Killers”, “Transpotting” e “Crash”, in versione bath-room, o gabinetto del dottor Caligaris, che dir si voglia.
E’ una dichiarata guerra al mondo fenomenico della forma, della materia, del colore, del tempo e dello spazio.
Questo è l’arte di Fontana: un’invasione aliena devastatrice.